INDIETRO

 

28-6-2001

 

Che cosa dice il luogo comune della sofferenza? Se non il patire di una situazione non desiderata?

Intervento: subire un evento per esempio

Ciò che lei pare intendere è che questa situazione non è propriamente subita ma è voluta. Ma come giungere a questa considerazione, partendo dal luogo comune più banale? È chiaro che può definire la sofferenza in miliardi di altri modi però mi pare sia sufficiente il luogo comune, quello che è creduto dai più, (subire un evento significa credere vero ciò che questo evento per la persona significa, cioè credere che questo evento sia qualche cosa al di fuori da un gioco linguistico, credere di poter stabilire la verità di ciò per cui io soffro) l’aspetto fondamentale è di non essere desiderato, di non essere voluto, questo è ciò che la persona crede generalmente, che ciò che la fa soffrire è esattamente ciò che non vuole, questo è il pilastro su cui si fonda buona parte del discorso occidentale, non lo vuole e invece occorre che giunga a portare questa persona a considerare altrimenti, perché in effetti se non lo volesse non lo farebbe, perché nessuno lo costringe.

Intervento: è arduo

Ha mai provato a dire a una madre che ha appena perso il figlio che questa sofferenza che prova è esattamente ciò che desidera?

Intervento: non c’è bisogno di arrivare a questi livelli…

Arrivo a questi livelli per farle intendere come può essere complicato, in questo caso particolare complicatissimo, (…) basta che il pubblico lo ponga come obiezione, ma secondo lei?

Intervento: l’unica obiezione che posso fare a questa madre che desidera la morte del figlio, che se la immagina continuamente per esempio, non farei una grossa differenza fra una madre che ha subito il lutto e ciò che può intervenire come desiderio in una analisi…le tragedie che si configurano agli occhi di una madre sono le pieces che sono utilizzate dal cinema, in questo caso sono quelli gli elementi nel discorso se non li accolgo e li ributto cioè non ne tengo conto che sono elementi che intervengono e quindi intervenendo nel discorso questi elementi allacciano tutta una serie di catene che non fanno altro che riportare a quella credenza, a questo luogo comune. Dice: allora è quello che tu vuoi? Ma se sono delle inferenze quelle che traiamo parlando e non possiamo dire nulla di più… come può un’inferenza concludere al piacere piuttosto che alla sofferenza? Soltanto se queste proposizioni io non le posso non considerare come un gioco linguistico che è praticato per lo più…

Anche in una conferenza dire la sofferenza è questo è sempre un po’ pericoloso, la sofferenza non è affatto né questo né qualunque altra cosa, allora in questo caso è preferibile la formulazione “intendiamo qui con sofferenza questo:” perché se fosse un’altra cosa?

Intervento: questa cosa non essendo fuori dal linguaggio è necessariamente una mia scelta

Ecco, questo passaggio è problematico, potrebbe anche essere, però… perché si potrebbe intendere come una sorta di subire il linguaggio come dire sì, sì certo il linguaggio visto che io mi trovo nel linguaggio, se il linguaggio costruisce delle cose che non mi piacciono non ci posso fare niente, per esempio, ciò che consente di intendere una questione del genere è il fatto che il parlante è linguaggio, non è che lo usi o che ne sia parlato, che se lei fosse parlato dal linguaggio allora il linguaggio sarebbe qualcosa che è altro da lei, e lei che cos’è? Qualunque cosa lei si definisca non potrà farlo se non attraverso strumenti linguistici, è attraverso il linguaggio che lei potrà dire “io per esempio non sono linguaggio” potrà dire che lei non è linguaggio o qualunque altra cosa le parrà più opportuna però, che interesse ha? L’unica cosa che possiamo dire è che in effetti tra lei e il linguaggio non c’è nessuna differenza, anche perché non possiamo dire altrimenti. Questa è l’unica affermazione necessaria qualunque altra è arbitraria, sì lei può dire che è parlato dal linguaggio, che è una entità, che è stato creato da dio…

Intervento: la propria esistenza non è altro che il linguaggio che mi pone in atto

Sì, è sempre questa struttura che può affermare che esiste o che non esiste a seconda dei casi. Bisogna esplicitare alcuni passaggi perché detta così sembra un po’ ostica, possono esserci infinite cose che non mi attraggono ma non per questo non ne posso parlare, sì ma la questione della sofferenza già ci porta sulla questione di cui si tratterà nei prossimi mesi e cioè quello della tecnica cosiddetta, visto che il progetto è quello di scrivere il testo sulla tecnica, come fare? E quindi soprattutto sapere qual è l’obiettivo, sapere che cosa si vuole fare e perché soprattutto e non è così semplice visto che occorre che sia un testo che non lascia possibilità di pensare altrimenti, certo la questione può essere posta in termini straordinariamente semplici, però occorre che sia posta in modo tale che le persone che leggono capiscano ciò di cui si sta parlando e non è così automatico, per esempio porre la sofferenza così come state facendo come piacere non è semplice…

Intervento: occorre partire da luogo comune e quindi anche la questione della sofferenza…

Però c’è una questione notevole in tutto ciò, che ciò da cui si muove il più delle volte nel mestiere, come taluni fanno, trovarsi di fronte a una persona che afferma di stare male, in linea di massima, qualunque ne sia il motivo e allora si incomincia a lasciarla parlare, perché? Per acquisire informazioni certo, ma a che scopo queste informazioni? Perché la persona giunga ad intendere ciò che sta dicendo? Lo si dice nella più parte dei casi, ma come avviene una cosa del genere? Poi che cosa dobbiamo intendere propriamente con questa proposizione “intendere cosa si sta dicendo”? quali sono le connessioni? Ne trovate miliardi, da dove viene quello che dice? Che problema c’è? può trovare infinite cause o origini, continuamente, cosa significa in questo caso intendere cosa si sta dicendo?

Intervento: ascoltare

E quindi?

Intervento: accogliere quelle proposizioni che si stanno producendo

Ciascuno le accoglie sono quelle, non è così semplice, c’è tutta una serie di questioni che va riconsiderata, ché così com’è mi è apparsa poco soddisfacente, vedete in ciò che faremo questa estate, quest’autunno prossimi, c’è un aspetto che riguarda il gioco, la discussione di molte cose che come dicevo mi appaiono insoddisfacenti pur avendole utilizzate per un tot numero di anni, non significano niente, ecco da qui la domanda che ponevo all’inizio, che cosa accade? Una persona incomincia a parlare, parla, chiacchiera , dice un sacco di cose e allora? Appunto cosa voi ascoltate, che fate? Si possono fare miliardi di cose ovviamente, non è questo il problema, ma perché? Perché per esempio intervenire, è una questione che può porsi, perché una persona intenda che cosa, esattamente? che ciò che sta dicendo è connesso con un’altra cosa? Sì, connesso sicuramente con infinite altre cose, quali? Quelle che la persona sta dicendo in quel momento e in effetti la questione dell’associazione, una persona associa e si è portati a considerare una cosa per un certo motivo, se ne accostasse un’altra sarebbe per un altro motivo, può darsi, può darsi potrebbe non essere così automatico, si è indotti talvolta a supporre che ciò che per esempio in un discorso viene dopo qualcosa che si sta dicendo, che si è detta, ad esempio illustri ciò che si sta dicendo prima o comunque faccia qualcosa del genere, ora che sia connessa questo lo possiamo affermare con assoluta certezza, e non può essere altrimenti, ma dall’affermare che questi due elementi sono connessi tra loro, dire cioè che sono connessi per una questione logica, ad affermare che se dice questo allora ciò che ha detto prima significa questa altra cosa allora ce ne passa parecchio, perché nulla al mondo autorizza a credere una cosa del genere, vi faccio un esempio molto banale, una persona dice una certa cosa e poi comincia a parlare della mamma, si è indotti generalmente a supporre che ci sia una connessione semantica fra questi due aspetti, cioè che se prima parla di questa cosa e dopo della mamma allora ciò che diceva prima è connesso con la mamma, oppure la mamma è connesso con ciò che diceva prima, dicevo prima che potrebbe anche essere, ma che lo sia necessariamente questo è piuttosto arduo da sostenere, si può credere certo, ma e se incominciate a muovere da queste considerazioni e cioè a cessare di dare per buono per scontato un sacco di cose alle quali, buona parte di noi è stata addestrata per esempio, la questione si fa più complicata, complicata al punto che come accade di cominciare a riflettere c’è l’eventualità che tutta una serie di cose siano inutilizzabili, ora non sto dicendo che il fatto di averle utilizzate non abbia prodotto degli effetti, qualunque cosa produce un effetto anche un calcio in uno stinco non per questo è una cosa di particolare interesse, è una questione molto complessa, tutt’altro che semplice da approcciare ma al punto in cui siamo è inevitabile cominciare a confrontarsi anche con questo come dire che tutto il percorso che ci ha condotti in questi ultimi dieci anni dove abbiamo interrogato e messo in discussione fino a dissolvere una quantità sterminata di cose alle quali ci si atteneva, ecco, comporta a questo punto direi inesorabilmente ciò che da tempo in effetti abbiamo cominciato ad approcciare e cioè tutta la questione della tecnica, adesso usiamo questo termine, una persona che chiacchiera che fa?

Intervento:…

E invece occorre che sappiamo cosa farcene oppure che in ogni caso sappiamo che fare comunque, c’è come dicevo prima l’eventualità se la cosa, ma è ancora una ipotesi tutta da elaborare da considerare, c’è l’eventualità per il momento molto remota che ciò che dice qualunque cosa sia, possa essere assolutamente indifferente, c’è questa eventualità come dico per il momento molto remota però se vi dico questo non è casuale nel senso che segue a delle considerazioni che muovono da queste altre considerazioni ché gli effetti che produce una analisi generalmente non sono molto lontani da quelle che produce un innamoramento prendetelo in una accezione più ampia del termine, vi siete mai chiesti perché ci sono dei cambiamenti in una analisi? questo però di per sé non significa assolutamente niente, vi siete mai chiesti perché una persona cambia in qualche modo esattamente? perché, cosa è accaduto esattamente? non è facilissimo rispondere a questa domanda, generalmente si dice perché ha inteso delle cose, frase che significa tutto e niente, ho accostato questo all’innamoramento perché è una delle situazioni in accezione più ampia che voi possiate immaginare in cui la persona ha dei mutamenti radicali, notevoli, poi che sia innamoramento per una persona, per un ideale, per un accidente qualunque, però modifica la sua condotta, spesso anche il suo modo di pensare, il caso limite il forte innamoramento nei confronti di un partner, che succede? Che tutto il resto del mondo scompare anche Freud aveva notato, l’io scompare, provate a considerare che ciò che si produce in analisi è un effetto, ciò che si chiama comunemente terapia, un effetto di terapia, procede da una cosa del genere, c’è l’eventualità che sia così ma a questo punto la questione che ci si pone è questa, ci interessa una cosa del genere oppure no? Ché sappiamo benissimo che qualunque conversione religiosa ha effetti terapeutici folgoranti, ma non è questo ciò che ci interessa così tanto, se una persona…

Intervento: è un’altra ipotesi per il momento facciamo ipotesi così appena, appena abbozzate bisognerà lavorarci parecchio

Avesse modo di intendere come funziona il linguaggio, provate a pensare questo per un istante, come funzione esattamente e quindi come ciascuna cosa che incontra non possa non essere un atto linguistico, un atto linguistico che ha un senso ciascuna volta, una direzione che è data dal gioco in cui è inserito, ma non ha un senso di per sé, cosa accade? Che qualunque cosa dica, sì può trovare se vuole una sorta di interpretazione ma può giungere al punto in cui di interpretazioni può darsene miliardi, uno sterminio di interpretazioni, a questo punto che se ne fa? Niente, assolutamente niente, come dire che questo elemento che interviene non ha più un unico riferimento ma ne ha uno al momento in cui si gioca e cioè al momento in cui le regole del gioco in cui è inserito lo fanno girare in un certo modo, questa è l’unica cosa che può sapere, qualunque altra è piuttosto vana e allora cosa accade? Che sarà straordinariamente difficile credere in qualche cosa, e consideriamo la sofferenza visto che ne parlerete sabato, sappiamo quali condizioni sono necessarie perché una persona possa affermare di soffrire cioè primo che ci sia un qualche cosa che per lui è importante, ovviamente, se no, non soffre ovviamente, secondo che questa cosa che ritiene importante produca delle sensazioni, se non produce nessuna sensazione perché uno soffrirebbe? terzo di queste sensazioni che si producono affermi di non volerle, queste sono le condizioni per potere affermare di soffrire, se non si verificano queste condizioni non c’è la sofferenza, per nessun motivo, ora partire da queste condizioni, prendete soltanto la terza condizione “come posso affermare di non volere una certa cosa” se so che tutto ciò che il discorso produce rimane all’interno del linguaggio e che io sono esattamente queste cose, perché affermare che non voglio qualche cosa che il mio discorso produce mi costringe a domandarmi perché le produce, o perché lo produco visto che è la stessa cosa, ora qualunque risposta io mi dia a questa domanda, rimarrà inesorabile la conclusione che tutto ciò che produce la sofferenza l’ho prodotto io, a questo punto posso anche divertirmi a chiedermi perché, a che scopo? mi sarà straordinariamente arduo sostenere che queste cose non le voglio, e quindi e quindi mi appartengono, e già a questo punto manca la terza condizione, poi potete anche riflettere sulle altre due, dicevamo che sia qualcosa di importante sì certo, è molto importante talmente importante da, per esempio, da considerare che questo elemento sia fuori dal linguaggio, perché se non posso non considerarlo all’interno del linguaggio, cioè un elemento linguistico allora non posso considerare di conseguenza che sono io a dare l’importanza di questa cosa e di nuovo posso anche divertirmi a chiedermi perché, ovviamente, procedendo in questo modo qualunque sia il tipo di sofferenza, come dire cessa di esistere necessariamente perché eliminiamo le condizioni che consentono a questa cosa di esistere e in effetti ciò che abbiamo fatto in questi anni… questo strumento così potente di pensiero, fa questo, generalmente se è inteso e soprattutto se praticato, toglie le condizioni per potere per esempio soffrire, le toglie esattamente operando in questo modo che adesso vi illustro con un esempio, se dicessi a Cesare: è passato uno e con un sasso ha spaccato il vetro della sua macchina. Cesare se ne avrebbe a male…ecco se poi dicessi dopo un attimo: no non è vero, non si preoccupi, nessuno ha spaccato il vetro della sua macchina. Cesare cesserebbe di essere in apprensione, di essere preoccupato, cosa è avvenuto esattamente? L’informazione che aveva prima si è rivelata errata, non degna di destare preoccupazione, bene, succede esattamente qualcosa del genere, cioè ci si trova di fronte alla considerazione inevitabile e ineluttabile che ciò che potrebbe indurre a soffrire di fatto non lo fa, perché dopo che io ho comunicato la seconda notizia a Cesare, Cesare non può più essere preoccupato neanche se lo vuole, non lo è più, finito. Ecco giungere a operare esattamente una cosa del genere, perché questa seconda cosa che dico a Cesare ha un potere così forte? Di colpo cessa tutto, ho inserito un elemento tale per cui quello precedente viene azzerato, ecco esattamente questo dobbiamo fare, mi rendo conto che non è semplice, però questa è la direzione e a questo punto ecco perché vi dicevo che c’è l’eventualità che ciò che la persona dice possa essere assolutamente indifferente. Che racconti delle sue angosce, delle sue paure, delle sue fobie o delle sue attese o delle sue visioni, che differenza fa? C’è questa eventualità certo si tratta di lavorarci parecchio, però, però potremmo riuscirci, anche una volta ci sembrava impossibile trovare qualcosa che fosse assolutamente non negabile, però lo abbiamo trovato e questo ci conforta, nel proseguire in un modo sempre più potente…

Intervento: viene modificata la premessa

Qualcosa del genere, sì certo poi è anche da valutare se può essere utile retoricamente comunque utilizzare ciò che la persona dice, può darsi non lo sappiamo ancora, potrebbe essere… anche non essendo necessario, potrebbe essere utile, è una bella scommessa, ardua però interessante, giocare giochi sempre più difficili, visto che non ci interessa più giocare a birille (…) quello che occorre che facciamo è che modifichiamo il sistema operativo (…) sì, sì ma non è tanto inserire elementi questo si fa sempre, chiunque, anche chi voglia ottenere da un’altra persona qualche cosa inserisce elementi (…) cosa intende con ascoltare? (…) ascoltare così come ascolta il telegiornale? Come? (…) se sta affermando sta affermando… (…) no, finché il modo di pensare rimane quello non succede assolutamente niente, lei può dimostrare in termini inequivocabili che cose stanno in tutt’altro modo, se vuole credere nel modo in cui pensa lei non c’è verso, potrà dire sì, sì, ha mai ascoltata un’isterica? L’isteria le dimostrazioni logiche non le sta neanche a sentire, non capisce neanche di cosa sta parlando…

Intervento: parlavo di sostituzioni di proposizioni

No, faccio un esempio molto semplice, provi a spiegare a un fondamentalista islamico… è molto più complicato se no un’analisi terminerebbe in un quarto d’ora, bene, abbiamo molti mesi per lavorare…

Intervento: io non uso il vostro linguaggio

Usiamo un linguaggio molto banale in quanto non utilizziamo i vari termini in accezioni particolari, nel caso lo facessimo noi diremmo in modo esplicito diciamo questo e intendiamo questa cosa…

Intervento: vorrei porre una eccezione a tutte le cose sono nel linguaggio, direi tutte tranne la possibilità che il linguaggio cambi, prima si parlava dell’amore, si diceva che l’amore cambia discorso, e in analisi accade anche questo se non c’è sembiante non basta dire no

È ovvio, l’unica cosa che non può modificarsi in effetti è il linguaggio e cioè la sua struttura, però il modo di pensare sì, accade in effetti, si diceva qualsiasi cosa in effetti questo è un atto linguistico e questo comporta anche quest’altro aspetto, che non c’è uscita dal linguaggio in nessun modo, stiamo verificando man mano tutte le implicazioni di un’affermazione del genere ovviamente ponendo obiezioni e anche interrogando queste stesse affermazioni, certo, no, in effetti non ho mai detto “tutto è linguaggio” questo termine “tutto” si presta a molte ambiguità, molti equivoci, anche lì l’interrogativo potrebbe essere immediatamente dissolto in quanto il tutto è un atto linguistico anche lui, e quindi non può escludere nulla, certo la possibilità che il linguaggio possa puntare sulla sua struttura questa è un’altra cosa, la struttura che lo rende tale non è modificabile, non può per esempio un elemento, un significante, significare qualunque cosa, simultaneamente per esempio, come tale cesserebbe di esistere, questo è uno degli elementi che non può cambiare…

Intervento: uno crede che il linguaggio abbia una struttura, il linguaggio ha la struttura del fantasma, è il fantasma… pensavo prima la questione della madre, la sua sofferenza… la madre interviene…

Però tutte queste affermazioni lei le ritiene arbitrarie oppure no?

Intervento:

Quindi potrebbe essere in qualunque altro modo? (…) se invece ponesse una questione del genere e cioè poniamo la struttura del linguaggio e cerchiamo di intendere che cosa è necessario perché il linguaggio funzioni cioè quegli elementi senza i quali il linguaggio cessa di esistere cioè non funziona più a questo punto possiamo reperire alcuni elementi e per esempio affermare che la struttura del linguaggio è quella, è quella in quanto se non fosse così, il linguaggio cesserebbe di esistere, per cui non potrei neanche fare queste considerazioni, a questo punto abbiamo trovato qualche cosa che occorre che sia necessariamente perché se non fosse non ci sarebbe nulla, e cioè ha già un elemento da cui muovere “ è così perché se non fosse…” e da qui cominciare a costruire. Tutte le affermazioni che ha fatto del fantasma, della madre, tutto assolutamente arbitrario, potrebbe essere non difficilissimo provare che non è affatto così, con casi con argomentazioni in qualunque modo,

Intervento: io parto dal considerare il fatto che occorre sentire, sentire quando io dico fantasma

Può intendersi come si vuole, anche il lenzuolino bianco sulla testa…

Intervento: partire da un sentire perché se no…

Perché? Lei diceva che è arrivato a questo ma come c’è arrivato?

Intervento: Einstein parlava della …

Sì, il fatto che Einstein dicesse questo non significa niente, così come il fatto che Freud sostenesse una certa cosa: ha detto così e allora?

Intervento: è quello che mi fa parlare il sentire se non avessi una sollecitazione di fondo non riuscirei ad articolare nessuna frase

Lei provi a trasformare quello che lei dice in una proposizione necessaria e che non può non essere a questo punto cominciano molte cose ad essere più chiare, lei sì, come dicevo può trasformare questa cosa in una proposizione necessaria e cioè se lei si trova nel linguaggio qualunque elemento linguistico è necessariamente connesso con un altro elemento linguistico ché se non lo fosse, questo elemento sarebbe isolato, sarebbe fuori dal linguaggio e non potrebbe saperne niente, quindi necessariamente ciascun elemento se è un elemento linguistico è necessariamente connesso con altri e il fatto che sia necessariamente connesso comporta che se dice qualche cosa allora dirà qualche cos’altro, per forza. E non potrà non farlo a questo punto ciò che lei afferma è qualcosa di necessario che non può essere negato e le sue proposizioni acquistano una maggiore solidità, qualcosa…

Intervento: se ci interroghiamo cosa prova una madre che ha perso il figlio…

Sono affari suoi, ciascuna madre avrà le sue fantasie, difficile stabilire una legge generale, no? Possono anche esserci i luoghi comuni certo però in linea di massima è sempre molto difficile valutare e in effetti noi se ne parlava come di luogo comune e cioè di una possibile obiezione fatta dal pubblico, difficile anche da controbattere una cosa del genere…

Intervento: anche perché si potrebbe essere tacciati di cinismo affermare che è un atto linguistico, chiaramente una persona che afferma che qualsiasi cosa è un atto linguistico se l’afferma e opera nel suo discorso, nel senso che è implicita nel suo discorso certamente non dà questa qualità di cinismo, come invece avviene nel luogo comune, e solo in questo caso è possibile che il cinismo non centri per niente perché è un non senso la questione della sofferenza della madre perché è un luogo comune, perché è parola

Intervento: la sofferenza della madre come se fosse la sofferenza di per sé, è un testo che esiste nel discorso in cui ci troviamo e che non possiamo non conoscere al momento in cui parliamo perché ciascuno è nel linguaggio e non ne può uscire, sa che cos’è il dolore della madre è chiaro che a quel punto sapendo che è un testo che opera nel discorso, ma è un testo perché è un gioco linguistico con le sue regole per cui interviene, può intervenire in certi contesti per esempio quando si immagina il dolore della madre

Intervento: si tratta di situare il dolore di una madre poterne discutere

Intervento: e in effetti stiamo facendo questo discuterne ma è estremamente difficile poterne discutere in quanto cosa in sé, in quanto dolore della madre, in quanto qualche cosa che è particolare a ciascuno che si trova a vivere o a immaginare, si può anche immaginare il dolore di una madre che soffre per la morte del figlio, in una analisi penso che possa succedere di ascoltare la paura di una madre per una morte di un figlio, è tutta immaginata questa questione ma se una persona immagina una cosa del genere è perché sa quale spettacolo e che cosa comporta, lo sa, non è che è avvenuto è il fantasma che muove che sta operando…

Va bene, ci vediamo giovedì prossimo