23-11-2005
Intervento: Lei diceva che difficilmente chi usa i termini li sa definire…
Nel senso che ciascuno presuppone che altri sappiano e
ciascuno presuppone che tutti quanti sappiano che cosa sia, in linea di massima
è come l’idea di bene, di giusto etc., che quando si
va a intendere esattamente che cos’è la democrazia, come lei sa, sia Hitler,
che Stalin che Ghandi, ciascuno parlava di democrazia…
Intervento: si però viene usato questo termine democrazia e riempie il
discorso o meglio dà un senso al discorso
Intervento: non era
tanto questa la questione ma quando uno usa il termine democrazia
anche se non sa definirlo perché non va a vedere sul vocabolario lo usa,
lo mette al posto giusto e tutto funziona benissimo
Intervento: ma più o meno ha una idea di che cosa sia democrazia
Forse…
Intervento: il problema
è che viene creduta una certa cosa…
Intervento: come il “lo
so ma non so dirlo”
Intervento: dicevamo
del modo di modificare un discorso sapendo come funziona il linguaggio e cioè che le persone dicono delle cose senza sapere quello
che dicono avremo la possibilità anche noi di modificare il nostro modo di
intervenire…
Intervento: ma non è
forse questa la condizione necessaria perché esista un ordine? Cioè questo modo di parlare?
Intervento: pensare è
andare a cercare le ragioni di qualcosa quindi significa abbandonare almeno in
quel momento in cui si pensa un qualche cosa che è
così, che deve rimanere così… è necessario non sapere per continuare a fare le
cose che si fanno…
c’è la possibilità che l’apprendimento del linguaggio consista inizialmente soltanto
in questo, cioè nell’imparare in quale posizione occorre inserire un certo
elemento, esattamente come fanno i bambini quando gli si dà dei quadrati, dei
cubi che devono mettere al posto giusto. Quattro quadratini rossi e quattro blu,
e allora tutti i quattro rossi vanno in fila, quindi se ha un quadratino rosso
in mano deve metterlo dove c’è la fila di rossi, operazione che sì certo per
noi è molto semplice però per un bambino pone un quesito e cioè il fatto di
sapere utilizzare un elemento e sapere in quale sequenza va inserito, perché
deve inserirlo in quella sequenza? E non fare invece
una cosa multicolore?
Intervento: per
quell’ordine di cui parlava Sandro?
Il motivo è dato dal fatto che gli è stato detto di
compiere quell’operazione e a quell’operazione si attiene, incomincia in quel
modo a imparare che ciò che si dice è vero per il solo
fatto che è stato detto, e se qualcuno dice di mettere le cose in una certa
sequenza allora vanno messe in quella sequenza. Il bimbetto che fa questi
giochi sicuramente non si pone delle questioni intorno
a delle cose del genere, ma perché non lo fa? Perché
non ha gli strumenti per farlo? Forse, ma non solo, e in ogni caso non lo fa anche se ha gli strumenti per farlo…
Intervento: perché non
ha l’esigenza di farlo, è la sua struttura che non lo richiede
Ciò che ascolta, cioè il
comando che gli viene dato, non viene sottoposto a nessun criterio, è stato
detto e quindi così deve essere fatto, come dire che ciò che si dice è
automaticamente vero, ora a noi interessa sapere perché avviene una cosa del
genere. Cosa che poi avviene anche quando il bimbetto è cresciuto, è diventato
adulto e anche vecchietto all’occorrenza se campa a sufficienza, il fatto è che
qualunque cosa si dica viene ritenuta vera, vera fino a
prova contraria, ma qui occorre dire qualcosa di più, ché nessuno in realtà si
chiede se quello che sta ascoltando è vero oppure no, funziona in realtà come
tale, cioè come vero. Cosa significa? Significa che il
discorso è partito da qualche cosa e attraverso una serie di passaggi è giunto a qualche cos’altro cioè è potuto proseguire e se lo
ha fatto allora per il linguaggio quella sequenza è vera, quindi in realtà si
tratta di imparare a collocare degli elementi all’interno di certe posizioni
così come è stato insegnato a fare, se quegli elementi vengono collocati
all’interno di certe posizioni cioè soddisfano certe regole allora la
combinatoria che si è prodotta potremmo dire che è vera, e quindi deve essere
imposta. Questo potrebbe condurci a considerare che in realtà gli umani costruiscono queste sequenze utilizzando degli elementi e i
posti loro assegnati, che hanno imparato che sono assegnati, e una volta
costruita questa sequenza che chiamiamo proposizione hanno a che fare con
qualche cosa che da quel momento in poi esiste e esistendo è necessariamente
vera. Di fatto non può che funzionare così dal momento che
non c’è mai da nessuna parte una verifica, anche perché non c’è nessun criterio
verofunzionale sufficiente a cui sottoporre queste sequenze che chiamiamo
proposizioni, per cui stanno lì, fiere ed orgogliose di sé, e fanno bella
mostra, e vengono utilizzate per costruire altre cose, il motivo per cui in
realtà nessuno si è mai posto problemi di verifica delle proposizioni è perché
non c’è mai stato un criterio per poterlo fare, certo sappiamo anche che il
linguaggio non ha bisogno di questo per proseguire, al linguaggio è sufficiente
costruire proposizioni, controllare che non contraddicano le premesse e
proseguire, nient’altro che questo. Questo giusto per dare una prima traccia ma
la domanda che più ci preme in questo momento è che cosa avviene
quando si mettono insieme queste sequenze di elementi che chiamiamo
proposizioni e si è costruito qualche cosa che di per sé appare essere vero, basta
che non contraddica la premessa da cui è partito e poi va bene. A quel punto la
proposizione è qualcosa che esiste, c’è, e se tutti gli elementi sono stati
messi al posto giusto allora l’ultimo elemento, nel luogo comune, dovrebbe rappresentare il come stanno le cose, però sappiamo
che questo non significa niente, rappresenta soltanto una sequenza organizzata
secondo certe regole, però che cosa avviene di questa proposizione? Sì, ne
costruisce altre, certo, ma fornisce al discorso e quindi alla persona qualche
cosa su cui fondare ciò che seguirà e anche fondare la propria esistenza tutto sommato, da che cosa sanno gli umani di esistere? Dal
fatto che qualcuno glielo ha detto, e poi dal fatto che parlando costruiscono
cose che esistono anche perché sono quelle stesse cose che costruiscono, che
forniscono la nozione stessa di esistenza, potete, per
dirla in modo molto rozzo, immaginare una proposizione vera, quella che è
costruita con tutti i mattoncini dello stesso colore, ecco che viene fuori
dello stesso colore allora è vero, se c’è un colore che stona bisogna
sostituirlo con qualche cos’altro. In fondo funziona così, dunque ci si trova
ad avere a che fare con queste sequenze, cosa significano queste sequenze? Niente,
dicono soltanto che è stata eseguita una certa procedura con un certo criterio,
nient’altro che questo, un discorso non è nient’altro che una sequenza di elementi costruito attenendosi a un certo criterio, un
criterio di formazione, quindi sapendo in quale posizione ciascun elemento va
inserito. Cosa succede a una persona quando ha
pronunciato un discorso o detta una frase, una proposizione, cosa succede
esattamente? Di primo acchito verrebbe da dire niente, assolutamente niente,
però qualche cosa è avvenuta, come se l’avere costruite queste sequenze di
proposizioni aggiungesse qualcosa al discorso, ma non aggiunge nient’altro che
una sequenza, il problema è che c’è la possibilità che effettivamente non
succeda proprio niente anche se è da verificare, però
cosa significa non succede niente? Significa che al termine della proposizione
il discorso è soddisfatto nel senso che ha soddisfatte
le regole del suo funzionamento, e di conseguenza è soddisfatta la persona che
è fatta di quel discorso. Fatto questo, come illustrava Cesare l’altro giovedì,
occorre rilanciare la questione perché tale soddisfazione sì, soddisfa il
discorso, ma non soddisfa il linguaggio nel suo funzionamento perché per
funzionare è costretto a costruire altre proposizioni e trovare un’altra
soddisfazione, cosa che fa puntualmente, e quindi cosa fa? Parla ancora. Come dire che facendo un discorso una persona ha soddisfatto
delle regole e quindi è soddisfatta, la sua soddisfazione è questa, non c’è
nient’altro, avere soddisfatto le regole del linguaggio per cui ha portato a compimento
una sequenza di proposizioni che hanno composto un discorso con una certa
conclusione, qualunque essa sia…
Intervento: le regole
di formazione rimangono sempre i quattro mattoncini rossi?
No, quelli sono gli elementi, le regole di formazione
sono quelle che dicono che i mattoncini rossi vanno
tutti insieme, quelli verdi vanno tutti insieme, quello giallo va insieme a
quelli gialli, quello blu va con i blu, queste sono le regole…
Intervento: così come
impara un bambino a mettere i mattoncini quando è
piccolo da grande fa la stessa cosa, non cambia…
Parrebbe di no, d’altra parte le macchine pensano in
questo modo, gli umani le hanno addestrate a pensare come loro anche perché non
sanno pensare altrimenti, cioè inserire elementi in
una posizione stabilita, se vengono inseriti correttamente la posizione è
corretta e concluderà in modo corretto quindi avrà soddisfatto le regole di
composizione di quella proposizione e la persona sarà soddisfatta…
Intervento: però Faioni
cosa se ne fa? si diceva…
Chi è il soggetto?
Intervento: la persona…
ovviamente però sembra quasi che aspetti una verifica da un’altra persona… perché
finché se la tiene lui non gli serve a nulla se non è messa in gioco con un
altro discorso per mettere in gioco la potenza… e per dimostrare all’altro
“ecco come sono stato bravo, ho inteso una certa questione, ho inteso una certa
cosa!” aspetta sempre una verifica perché questa proposizione…
Non è sufficiente certo, sì così accade, e la risposta
al suo quesito potrebbe essere questa: in realtà dicevamo questa sequenza di elementi che viene costruita, lei si chiedeva a che
scopo, per niente, per il semplice funzionamento del linguaggio…
Intervento: ma il luogo
comune non intende…
No, certamente no, ma una volta che ha costruita questa proposizione che cosa ha fatto? Niente, non
ha fatto niente, e quindi che cosa succede? Anche se
sono state soddisfatte le regole per la costruzione di quella proposizione, una
volta costruita questa proposizione il linguaggio perché non è soddisfatto
completamente e deve ricominciare da capo? Questo discorso che ha costruito in
realtà non avendo nessun obiettivo né alcun motivo se non il fatto
semplicissimo di essere costruito, rimane lì fine a sé
stesso, non ha sbocchi, ecco perché gli umani hanno la necessità di rivolgersi
altrove per potere continuare e non possono non continuare, quindi devono
rivolgersi altrove, e uno dei modi più efficaci per proseguire il discorso è
quello di confrontare la propria proposizione con altre. Mettere questa
sequenza di vicino ad altre per vedere se ci sono differenze, disuguaglianze,
uguaglianze, cioè per trovare altre cose. Tempo fa dicevamo che ciascuno ha la necessità di confermare le cose
che dice, le sue affermazioni, perché? Sappiamo che per la struttura del
linguaggio in fondo una volta che le ha dette sono lì, non hanno bisogno di
altro, perché lo stesso discorso si adopera per verificarle, per sapere se sono
vere? Qui la questione è complessa, sapere se sono vere in
base a che cosa? A quale criterio? Nessuno. E allora c’è la possibilità,
per il momento parliamo solo di possibilità, poi vedremo mano
a mano se è proprio così, la possibilità che invece tutta questa
operazione di “verifica” tra virgolette ché poi verifica in realtà non è, non
ha nessun altro scopo che produrre altre proposizioni, nient’altro che questo e
cioè trovare differenze. La differenza è ciò che consente di stabilire un ulteriore elemento, cioè di continuare a costruire
proposizioni, tenete sempre conto che il linguaggio non ha nessun altro
obiettivo né nessun altro scopo che costruire proposizioni, mette insieme i
mattoncini blu, i rossi insieme con i rossi, questo naturalmente comporta il
fatto che ciascuno parlando, aldilà di costruire sequenze di proposizioni e
quindi di discorsi non faccia nient’altro che questo, per niente, e hanno un
significato questi discorsi, queste proposizioni? Beh il significato
non è nient’altro che un’altra serie di proposizioni che viene costruita
per potere continuare a dire, questo è il significato, perché di fatto non
hanno gli umani nessun criterio per verificare se ciò che affermano è vero
oppure no, oltre al fatto che non gliene può importare di meno, l’unica
verifica che fanno è quella sperimentale, si attengono a quella, ma una
verifica teorica non è possibile perché non ci sono gli strumenti per farlo
perché l’unica cosa che può verificare una proposizione, una affermazione è il
linguaggio che l’ha costruita e nient’altro che questo, la verifica
sperimentale non è nient’altro che un altro gioco, sempre inventato dal
linguaggio, sempre per costruire altre proposizioni. Tutto chiaro fino a qui?
Daniela c’è qualche quesito?
Intervento:…
Il criterio che manca, manca perché nessuno l’ha mai
costruito e poi non c’è mai stata l’esigenza perché l’unico criterio che gli
umani accolgono è quello sperimentale, senza accorgersi che non è nient’altro
che un altro gioco con delle regole totalmente arbitrarie, però si attengono a
quello come l’unico criterio, per esempio: la benzina è infiammabile oppure no?
Si avvicina un fiammifero, se si infiamma sì, se non
si infiamma no, questo è il criterio sperimentale, può essere più o meno
sofisticato, però il principio è questo, cioè se verifico, se osservo un
fenomeno che mi aspetto allora il fenomeno è verificato, o no…
Intervento: e a
proposito delle proposizioni che vengono costruite
senza conoscere il significato dei vari elementi qual è il criterio, la
verifica qual è? Gli altri mi capiscono questo ha un senso oppure gli altri non
mi capiscono…
Immagini questo: una persona che dà delle istruzioni a
dei bambini dicendo: “qui c’è un mucchio di mattoncini,
ciascuno di voi deve prendere i mattoncini dello stesso colore e metterli in
fila” allora uno prende dei rossi, uno prende i verdi, i gialli, ciascuno di
questi bambini ha imparato che deve costruire le cose in un certo modo, una
volta che lo ha imparato si attiene a questo criterio e sa che anche gli altri
fanno lo stesso, che anche agli altri hanno capito la stessa cosa che ha capita
lui e cioè che devono prendere i mattoncini di un unico colore e disporli in
linea, per esempio, o fare qualunque altra cosa e quindi se lui farà o meglio,
ciò che lui farà sarà compreso dagli altri perché sanno che ha fatto lo stessa
cosa che sta facendo lui, per cui si capiscono perché hanno imparato…
Intervento: è la
comprensione che viene utilizzata?
La comprensione non è nient’altro che l’attenersi agli
stessi criteri, alle stesse regole del gioco, infatti
se lei si trova ad un tavolo da gioco a fare un gioco che lei non ha mai visto
prima è incomprensibile, se invece giocano un gioco che lei conosce molto bene
tutte le mosse che avvengono per lei sono totalmente comprensibili perché
conosce le regole di quel gioco, ha imparate le regole del gioco e quindi ecco
che i bambini possono comunicare tra loro, perché sanno come si dispongono i
singoli elementi, hanno imparato qual è la posizione di ciascun elemento e
quindi possono costruire proposizioni, discorsi, storie possono costruire la
loro vita, che poi è quello che fanno…
Intervento: è ovvio che
al momento in cui uno non si attiene a queste regole che per qualche motivo decide di mettere un mattoncino da un’altra parte viene
classificato
“i cani oggi andati frutti di menta” Ciascuno di questi
elementi per voi ha un senso, un significato, ma la posizione che occupano all’interno di questa sequenza è assolutamente
squinternata, non ha usato i termini nella loro posizione, quindi passo per
matto a meno che questa sequenza sconclusionata non sia codificata, per esempio
in una parola d’ordine, e allora è un altro discorso, però a quel punto rientra
all’interno di un sistema codificato…
Intervento: un codice
in un altro codice
Sì, certo, così come le parole d’ordine: “la gallina ha fatto le uova” e questo vuol dire che
apparteniamo allo stesso esercito ed è preferibile che non mi spari in testa…
Intervento: il fatto di non essere compreso in una conferenza… nello
stesso ordine…
Che l’altro si aspetta, certo, in
effetti le cose che diciamo sono molto semplici anche se risultano
incomprensibili, inaccessibili, perché in questa sequenza: “qualsiasi cosa è un
elemento linguistico” ciascuno sa usare queste parole “qualsiasi cosa”
“elemento” “linguistico”, però questi elementi che pure sono comprensibili,
posti in questa sequenza costituiscono una proposizione assolutamente
incomprensibile, come quella dei cani e della menta…
Intervento: incomprensibile?
Questa proposizione è formata benissimo… ma non ha un
utilizzo nel senso che le persone ne parlano, dicono però il loro discorso non
ne tiene conto…
Questa è un’altra questione ancora, noi stiamo cercando
di intendere in modo più preciso ancora il funzionamento del linguaggio, abbiamo detto negli anni scorsi come deve funzionare
necessariamente e perché necessariamente deve funzionare così, adesso stiamo
cercando di intendere in modo ancora più preciso, esattamente come funziona,
cosa accade mentre sta funzionando. Sì, appare piuttosto complicato, in fondo
l’obiettivo finale è quello di rendere il nostro dirne molto più semplice, e
perché lo sia occorre che lo sia per noi intanto, allora potrà esserlo anche
per altri, e siamo giunti a considerare questo di cui ancora dobbiamo valutare
tutti gli effetti, cioè che per costruire una sequenza
di elementi è sufficiente sapere qual è la posizione che ciascuno di questi
elementi occupa all’interno di varie sequenze, ma non è affatto necessario
sapere qual è il suo significato, non è necessario per la costruzione di
proposizioni. Come dicevo non abbiamo ancora tratte tutte le implicazioni, però
sicuramente ce ne sono e sappiamo che per fare funzionare il linguaggio è
sufficiente sapere qual è la posizione che ciascun elemento deve occupare
all’interno di una sequenza, ché in fondo imparare il
linguaggio è imparare questo, potremmo anche dire di più, che l’installarsi del
linguaggio è questo: è l’apprendere la posizione di elementi all’interno di
sequenze, una volta che si è appreso questo si sa parlare, e poi queste
sequenze che legandosi fra loro producono quelle cose che si chiamano sensazioni,
che non sono altro che la soddisfazione del discorso per essersi compiuto in
modo corretto, potremmo costruire una sensazione a tavolino, tecnicamente
dovrebbe essere possibile, basta inserire un numero sufficiente di giochi
linguistici e trovare quella combinatoria che li soddisfa tutti quanti, magari
potremo anche fare un esempio un giorno di come si costruisce un’emozione, una
sensazione, tenendo conto che quella cosa che gli umani chiamano emozione è il
compimento di qualche cosa che è fortemente atteso. Certo occorre che sia
atteso, se non è atteso non importa niente a nessuno, facevamo l’esempio “due
più due fa quattro” non dà nessuna emozione…
Intervento: trovare una
radice quadrata, se uno non è capace ed è alle prime armi
ecco che “ah! Ce l’ho fatta!
Esattamente, così come mettere in fila i cubetti blu,
alla fine è tutto contento perché è riuscito a distinguerli dagli altri e
metterli in sequenza, esattamente, per cui se così è
come appare che sia in ciascuna occasione quando si prova una di quelle cose
note come emozione, la domanda corretta da porsi è: che cosa si è compiuto? Che cosa il discorso ha compiuto? Perché
quello è accaduto…
Intervento: sono cose
abbastanza eretiche
Sì, infatti mi tengo lontano
dai roghi…
Intervento: dire che le emozioni sono il risultato finale di una
proposizione…
Infatti se si svolge in modo non corretto
non produce nessuna emozione, e poi vedremo mano a mano come effettivamente, e per
quale motivo perché si producano emozioni occorre che ci sia una correttezza
sintattica e nel caso contrario non c’è nessuna emozione, perché se non si
compie vuole dire che la sequenza è falsa, e se è falsa non dà nessuna emozione
perché da lì non può andare, non può proseguire e quindi non c’è emozione, non
c’è niente…
Intervento: Searle
parla della struttura sintattica lui al chiama
profonda del performativo e di come necessariamente debba per produrre effetti
avere quella forma
Imparare a disporre gli elementi nella sequenza non è
altro che apprendere la grammatica della lingua: soggetto, verbo, predicato,
reggente, subordinata etc. anche se magari uno non sa che cos’è una subordinata però la sa usare, allo stesso modo così come
parla di esistenza, sa usare questo termine più o meno…
Intervento:…
Esattamente, se non sa la posizione degli elementi non può parlare. Un po’ alla volta incominciamo ad
avvicinarci alla questione, siamo ancora lontani però
passo dopo passo…