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23-4-2003

 

Le ultime cose che abbiamo dette riguardano il fatto che il linguaggio per proseguire deve costruire proposizioni vere, perché quando si avvia, da quel momento ci sono le condizioni per provare delle emozioni e avevamo anche detto che occorreva riprendere la questione delle emozioni, trovare qualche cosa che sia utilizzabile, ora quando avviene una emozione? Potremmo dire quando si supera un ostacolo? Quando si raggiunge un obiettivo prefissato, un ostacolo che era posto lì a impedire l’accesso a qualche cosa di importante, però qui ogni parola che diciamo apre a tutta una serie di cose: quando una cosa è importante e a quali condizioni lo diventa?

Intervento: il criterio di importanza lo abbiamo più o meno trovato…

Sì ma non è sufficiente. È chiaro, apre a una quantità di altre proposizioni, cioè la possibilità di proseguire, però non è sufficiente. Se io mi pongo un ostacolo e lo supero, allora il superamento di questo ostacolo produce una sensazione che è quella che comunemente si chiama emozione, provate a pensare a un qualunque ostacolo che mi sono posto, cioè che il linguaggio ha posto, che sia un successo sentimentale, che sia qualche cosa che accade e che mi aspetto, comunque c’era un ostacolo l’ostacolo è l’eventualità che questo evento non si verifichi, per esempio, se si verifica… Intervento: non può essere l’ostacolo l’emozione?

Dipende, perché l’ostacolo tante volte è visto come una maledizione…

Intervento: l’ostacolo è qualcosa che si pone perché si gioca quel gioco

Certo, l’ostacolo è funzionale, è funzionale al superamento del suddetto ostacolo, però è il superamento l’obiettivo non l’ostacolo stesso. Provate a pensare una qualunque cosa che vi dia emozione e provate a pensare se non comporta in qualche modo il superamento di un ostacolo…

Intervento: anche la paura poi tutto sommato, la paura fin tanto che non si è superato l’ostacolo

La paura come emozione, sì ecco in questo caso cosa avviene?

Intervento: si ha paura di non superare l’ostacolo

Apparentemente questo caso sembra obiettare ciò che dicevo prima, perché non si vede come la paura sia un superamento di un ostacolo…

Intervento: laddove la paura interviene per le solite cose questa paura diventa una emozione piacevole quando ciò per cui chiamavo qualcosa paura non lo è più

Quello è il superamento della paura, però lei prima diceva della paura come emozione, la paura propriamente non si considera il superamento di un ostacolo…

Intervento: se l’emozione fosse ciò che è legato ad un ostacolo, anche nel luogo comune ci sono le emozioni positive e negative, positive quando un ostacolo viene superato e quelle negative la disperazione in cui l’ostacolo non viene superato…l’ostacolo viene mantenuto “non voglio superare la paura dei ragni”… laddove c’è una idea ossessiva nei confronti di una certa cosa

Però si sta parlando di emozioni… l’idea ossessiva…

Intervento: l’idea ossessiva può essere l’ostacolo ciò che se ne trae al momento che si dissolve è una forte emozione

Che cosa il luogo comune intende con emozione? Quando dice “quella cosa mi ha dato una forte emozione” cosa ha dato?

Intervento: sembrerebbe il superamento

Infatti sembrerebbe. Però occorre che sia qualcosa che avviene necessariamente, se dobbiamo distinguere in emozioni positive, negative, ci andiamo a impelagare … no, giustamente anche la paura si considera un’emozione, anche delle più radicate, sì, cioè il timore che un evento possa accadere, ché una volta che è verificato la paura si volge ad un’altra cosa, la paura è un’attesa… da questa non andiamo molto lontani, perché questo ci serve per intendere cosa avviene quando si instaura il linguaggio, perché lì abbiamo visto che ci sono le condizioni per provare quelle che si chiamano emozioni, si cominciano a provare e questo può avere delle conseguenze per cui è importante che possiamo intenderne qualcosa di più, cosa avviene? Certo il superamento di un ostacolo, sì è vero, produce quella sensazione ma evidentemente non solo, a meno di trovare qualche inghippo per cui la paura sia ascrivibile al superamento di un ostacolo, ma sembra arduo. Se uno ha paura dei topi che ostacolo supera? No, bisogna andare da un’altra parte…

Intervento: e se l’emozione come diceva Cesare fosse l’ostacolo e nello stesso tempo l’inserirsi dell’ostacolo stesso? Perché la paura si genera al momento in cui si inserisce

Sì, però quando uno ottiene quello che vuole, non so, i favori di qualcuno, dell’amata per esempio, in quel caso l’ostacolo è superato, è il raggiungimento dell’obiettivo quindi il superamento dell’ostacolo, che poteva essere il suo rifiuto per esempio, ché è ovvio che c’è qualcosa che lega entrambe le cose, la paura e l’altra cosa, però dobbiamo trovarla, che cos’hanno in comune queste situazioni, cosa avviene nel linguaggio? La paura potremmo dire che strutturalmente è il timore che qualcosa possa bloccare il discorso, il procedere del linguaggio, la paura può essere solo la paura della fine del discorso, poi si può configurare in vari modi però ci manca qualcosa. A meno che noi consideriamo l’emozione come il raggiungimento dell’obiettivo, nulla ci vieta di porre, provvisoriamente, la paura come un obiettivo. Per il momento aggiriamo l’ostacolo e parliamo soltanto del raggiungimento di un obiettivo, quello che il linguaggio si è prefissato, la paura dei topi è funzionale per esempio, è funzionale a provare la paura, in questo senso raggiunge il suo obiettivo perché quando c’è il topo la prova. Il raggiungimento di un obiettivo è ciò che comunemente si chiama soddisfazione, sì certo è difficile distinguere la soddisfazione dall’emozione, anche se esiste questa distinzione, uno che ha fame e mangia è soddisfatto non è emozionato, l’emozione ha sempre qualcosa in più che continua a sfuggirci. Cos’è questo in più? Certamente è una cosa molto soggettiva nel senso che una certa cosa a una persona dà un’emozione, a un’altra la lascia totalmente indifferente, e questo cosa ci induce a pensare…

Intervento: che probabilmente sono due gradi dello stesso meccanismo…

È qualcosa di strutturale, non importa come uno la provi, è assolutamente indifferente, però qualche cosa che sia universale, che possiamo dire che sia necessariamente, sappiamo che nella struttura logica l’emozione è data dal reperimento di un elemento che viene verificato, però occorre che questo elemento che viene verificato sia un elemento particolare, e in cosa consiste la sua particolarità? Da dove viene questa attesa che da questo elemento accada chissà che cosa? Insomma perché una cosa è importante e un’altra no? La risposta che abbiamo data non è sufficiente. Quando il linguaggio si avvia si cominciano a verificare le cose, le prime cose che vengono verificate ovviamente danno quella sensazione che chiamiamo emozione, tant’è che un bimbetto si emoziona per qualunque cosa, noi molto meno, come se questa verifica fosse una sorpresa…

Intervento: come se avesse trovato la verità

Qualcosa che accade ma avrebbe potuto anche non accadere, ma occorre comunque che sia un elemento importante, perché ad un certo punto una stringa significante in un momento diventa più importante di altre? Cosa accade esattamente? Abbiamo detto che accade in base a delle regole che il linguaggio costruisce, nel gioco che sta facendo una cosa diventa importante per il raggiungimento dell’obiettivo, diventa importante per il solo fatto di aver stabilito delle regole…

Intervento: in un’analisi per esempio, una fobia è il raggiungimento di un obiettivo, che si verifica… questo elemento che si raggiunge può avere qualsiasi connotazione, per esempio una mosca bianca al mondo intero non fa paura e invece l’obiettivo della persona è trovare la mosca bianca ed averne paura, questa è la fobia, quindi come avviene che lì c’è l’emozione, la sensazione? Tutto quello che dà vita a quel discorso… per ciascuno quel qualcosa crea la sorpresa di ritrovarla, abbandonare questo modo di pensare questa costruzione che avviene…

Diciamo così: c’è un gioco preferenziale, questo gioco preferenziale è quello quando si mette in atto e quando vince, per così dire, raggiunge il suo obiettivo e allora produce un’emozione, qualcosa che si chiama emozione, da dove viene questo gioco preferenziale? Perché esiste? È forse quello che si ripete da sempre? Che la persona non è che ne abbia tanti. Quello che ha dato l’avvio? Cioè quello che è connesso in qualche modo con l’avviarsi del linguaggio, e cioè al momento in cui si avvia il linguaggio si producono quelle cose che sappiamo agganciate a qualunque cosa, perché qualunque cosa può essere verificata, avviandosi incomincia a produrre strumenti di verifica, nel momento in cui riesce a verificare una serie di elementi ecco che produce emozioni, la questione è questa: rimane sempre lo stesso gioco? Certo qualche modifica, qualche cosa che mano a mano si aggiunge, però è quello il gioco che il linguaggio ripropone all’infinito? Potrebbe anche essere, perché no?

Intervento: io l’ho intesa così, rimane sempre lo stesso gioco

Quello che diventa preferenziale sì, diciamo che l’osservazione potrebbe portare a questo, ma logicamente perché dovrebbe essere così? Sappiamo anche che il linguaggio non ha le istruzioni sufficienti a rendere conto che questa verifica è assolutamente arbitraria, per questo abbiamo detto che porta la persona a ripetere questa operazione all’infinito, però se nel momento in cui si instaura il linguaggio esige questa verifica e questa verifica risulta inadeguata, ragione per cui la persona si dà da fare da quel momento in poi a cercare di verificare tutto quello che incontra, è come se questa questione rimanesse in sospeso, mai verificata…

Intervento: perché possa produrre tutto quello che produce occorre non poterla verificare

Perché rimane la stessa? Perché ripeterla? Perché il linguaggio farebbe una cosa del genere? Perché il suo compito non è nient’altro che quello di proseguire utilizzando questo schema, cioè verificare, all’interno di una proposizione, le premesse e quindi la conclusione, quindi la premessa e l’altra conclusione all’infinito, quindi questo fa, ma certo gli elementi che il linguaggio si trova di fronte nel momento in cui si avvia non sono tantissimi, questo potrebbe rendere conto del fatto che le fantasie tutto sommato sono riconducibili a poche. Quindi incontra qualcosa, costruisce una proposizione qualunque essa sia, e deve verificarla, comincia a cercare di verificarla, potrebbe essere la supposizione di avere verificato una proposizione, tant’è che quando si avvia il linguaggio ad un certo punto c’è la supposizione di avere verificato la proposizione e lì sta l’emozione, a questo punto non deve fare altro che continuare a verificare tutto ciò che incontra, in particolare quella, che è risultata la più importante, ma perché? Abbiamo detto la volta scorsa che è quella che è avvenuta nel momento in cui non c’era nessuna altra possibilità di elaborazione e quindi rimane importante, tant’è che poi si modifica in qualche modo, ma l’impianto rimane quello, quindi potrebbe essere, al momento è solo un’ipotesi, che l’emozione sia sì il momento in cui si verifica una proposizione, una proposizione che appartiene al gioco preferenziale e questo gioco preferenziale non è altro che la riproduzione di quello iniziale, il quale può agganciarsi in effetti a qualunque cosa anche se, dicevo, le cose che ha di fronte il linguaggio nel momento in cui si avvia non sono poi tantissime. Quella in definitiva che ha provocato quella sensazione di emozione, cioè di riuscita, come se in quel momento ci fosse una sorta di apertura infinita. Ma come potere stabilire con certezza una cosa del genere? Il linguaggio ad un certo punto sappiamo che si avvia e sappiamo anche come funziona, allora necessariamente deve cominciare a verificare delle proposizioni con gli strumenti di cui dispone ovviamente. Quando il linguaggio suppone, e non può far altro che supporlo perché non ha gli strumenti che riguardano il suo funzionamento, per cui può solo supporlo di avere verificata una proposizione, allora compare quella sensazione che si chiama emozione, l’unica cosa che resta da intendere è perché il linguaggio rimane agganciato a questo gioco preferenziale, per ciascuno in qualche modo c’è un gioco preferenziale, forse, oppure il gioco rimane preferenziale fino al momento in cui la supposizione cessa di essere tale, cioè è possibile la verifica. Questo che rimane il gioco preferenziale, quello dell’inizio che continua a reiterarsi all’infinito, rimane sempre però potrebbe anche non rimanere, rimane finché permangono le stesse condizioni e cioè non ci sono gli strumenti, cioè la conoscenza del linguaggio, tali per cui sia possibile accorgersi che è una supposizione che sia vera quella proposizione, e che si deve continuamente ripetere, a questo punto l’emozione connessa con il verificare quella proposizione in quel gioco, teoricamente dovrebbe cessare di essere perché non è più verificato. A questo punto l’emozione potrebbe essere costretta logicamente ad attenersi unicamente all’unico gioco che è praticabile, che può produrre effettivamente proposizioni vere e non supposte vere, immaginate tali. A questo punto incomincia a configurarsi tutta la storia, perché permane questo gioco preferenziale? Perché piace e piace ciò che produce e continua a produrre quelle sensazioni, quelle emozioni, se cessasse di farlo ecco che questo gioco cesserebbe di essere preferenziale, sarebbe un gioco fra mille…

Intervento:…

Certo, ma è come il giocatore, noi facciamo la stessa cosa continuiamo a intendere sempre di più, cose sempre più sofisticate, cose sempre più difficili, continuiamo a giocare…

Intervento:…

È una possibilità, sì, toglie la possibilità di provare emozioni cioè di continuare a fare dei giochi che a un certo punto cessano di avere qualche interesse, l’emozione, proprio nel luogo comune, è qualcosa che piace, uno vuole provare emozioni, belle o brutte che siano non ha nessuna importanza, le vuole provare perché, come si suole dire, piacciono. Cosa vuol dire che piacciono? Quando qualcosa piace? Torniamo da capo: quando produce sensazioni cosiddette piacevoli e cioè danno un impulso per proseguire? È ancora abbozzata però incomincia a prendere forma questa elaborazione intorno all’avviarsi del linguaggio, dicevamo la volta scorsa, lì tutto incomincia, è importante saperne qualcosa di più…

Intervento: mi stavo interrogando in questa costruzione sull’intervento dell’analista… perché la psicanalisi cos’è? un’elaborazione su quelli che sono gli elementi preferenziali del proprio discorso

Sì, si parte da lì in genere, che sono quelli enunciati come il problema, e una persona inizia per questo motivo…

Intervento: mentre un’altra persona può dire che sono quelli che le piacciono di più ma è sempre di questo che si tratta, gli elementi preferenziali, più importanti. E allora avviene un’elaborazione intorno a questi elementi, può diventare una elaborazione linguistica, ci si chiede come sono fatti, come entrano nel proprio discorso, ci si accorge di questi elementi, si sa quali sono è come se tutto questo lavoro…a volte mi chiedo se è utile o inutile. Questo renderebbe conto anche della lunghezza di una psicanalisi laddove cerca…

Sicuramente è un modo retorico per agganciarsi al linguaggio… per ora è un modo retorico per agganciarsi o per consentire di agganciarsi alla questione del linguaggio…

Intervento: laddove la persona si accorge di questi elementi questi elementi entrano continuamente in gioco nel gioco linguistico… lei diceva che il lavoro dello psicanalista è quello di far convivere con gli elementi sgraditi…

La questione potrebbe essere molto semplice in realtà, dicevo in quella conferenza che il problema sta in quei pensieri perché non sa pensare e allora è giocato dal linguaggio; ciò che dovremmo fare è porre la persona in condizioni di sapere pensare, e a questo punto qualunque cosa si dissolve. Quando parte, il linguaggio ha la struttura della superstizione, e mi chiedo se potrebbe essere altrimenti, avendo la struttura della superstizione, cioè producendo quei sillogismi noti come entimemi, costruisce delle proposizioni che sono verificate unicamente dalla loro enunciazione, manca la premessa maggiore, c’è solo la minore e la conclusione, e in effetti potrebbe esserci la maggiore? In ogni caso il fatto che tutto il linguaggio possa avere la struttura della superstizione, renderebbe conto anche di questi che noi abbiamo chiamati giochi preferenziali, che si strutturano proprio come una superstizione “se questo allora quest’altro” ma magicamente. È come, per esempio, quando uno ha paura del gatto nero che gli attraversa la strada, non è che si faccia molte domande, è come se sapesse che se il gatto nero passa allora succede un malanno. È verificata questa proposizione? Non avviene nessuna verifica, né se succede qualcosa né se non succede niente, il fatto che passa il gatto nero e non succede niente non è affatto una verifica, lui continua a pensare che il gatto nero porti sfortuna, viene da altrove questa verifica, è già verificata. C’è qualcosa di importante nella struttura della superstizione che è la struttura stessa del discorso occidentale, funziona così. Dobbiamo intendere come funziona la verifica, come è verificato questo accidente del gatto nero? È verificata, quando mai, da chi, come ?

Intervento: queste sono superstizioni che rientrano nel folclore

Sì, queste sì, ma altre? È la struttura, è la struttura che è la stessa, perché è vero che il linguaggio viene comunque soddisfatto perché avviene una verifica, si tratta di intendere come funziona questa verifica, a meno che non ci sia nient’altro del fatto che il linguaggio comunque di lì è proseguito, in questo caso sarebbe sufficiente che non contraddica la premessa da cui muove e allora prosegue, allora è vero. Potrebbe anche essere, in questo caso la verifica viene da lì, proprio dal fatto che il linguaggio è potuto proseguire, nient’altro che questo e allora a questo punto è soltanto là dove si è posta la struttura del linguaggio che occorre la verifica, che noi pratichiamo certo, nel linguaggio comune no, non c’è nessuna verifica, nessuna verifica che abbia un senso. La struttura della superstizione che non ha nessun bisogno di verificare la premessa maggiore, ma perché diventa vero il fatto che il gatto nero etc.? Verrebbe da dire perché dà una regola, pone una regola, ponendo una regola istituisce un gioco, istituisce un gioco, lo costruisce, lo determina, allora in questo caso il gioco che si ripete nel discorso comune è il primo gioco che si è costruito. È una possibilità, come dire la matrice di tutti i giochi successivi, perché pone delle regole, fa un gioco e questo gioco non potrà mai essere verificato, ammesso che la cosa importi qualcosa, non è semplice la questione però forse abbiamo dato una prima sgrezzatura per poterci lavorare su. Va bene, ci fermiamo qui, riflettiamo su queste cose perché siamo vicini a qualcosa di notevole.