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21-12-2004

 

Qualunque forma di amore appare come amore della verità, tempo fa dicevamo come attrazione verso il bene, e il sommo bene non è altro che la verità. Il sommo bene per il linguaggio è ciò verso cui punta inesorabilmente per potere funzionare, e siccome non può non funzionare deve necessariamente procedere in questo modo. Dunque dicevamo che, e se non lo dicevamo lo diciamo adesso, si tratta di ascoltare ciascuno, sia che racconti il suo amore per la ragazzina, sia che racconti disavventure finanziarie, sia che racconti di catastrofi cosmiche o di problemi di salute comunque ciò che sta facendo è esattamente quello che fa una persona quando è innamorata di qualcuno: non può fare a meno di parlare di ciò di cui è innamorata. Per il momento non stiamo distinguendo tra amore e innamoramento, in modo molto approssimativo potremmo dire che l’amore è per la verità, l’innamoramento è ciò che conduce verso la verità, ma che cosa comporta tutto questo? Intanto una semplificazione poiché la questione, tenendo conto di quanto stiamo dicendo, è sempre assolutamente la stessa in ogni caso, di qualunque cosa parli la persona, e cioè un caso di amore di cui non può non parlare. Che vantaggio ci porta questo oltre che un’ulteriore semplificazione? Ci consente di ascoltare in alcuni casi in modo differente, torno a dirvi di qualunque cosa la persona stia parlando; potremo porre la questione in questi termini: perché sta parlando di ciò di cui sta parlando? Semplicemente perché ne è innamorata e quindi ne parla, detto questo si pone immediatamente un’altra questione, che fare di un innamoramento? La volta scorsa dicevamo che in realtà nessuno abbandona ciò di cui è innamorato per nessun motivo, allo stesso modo la persona non abbandona le cose che ha da dire, le cose in cui crede, le cose che sente, che è la stessa cosa, per nulla al mondo, a quale condizione è possibile intervenire in una cosa del genere? Fino ad ora la condizione è stata che la persona lo voglia fare, cioè voglia mettere in gioco una serie di cose, in caso contrario fino a d’ora non possiamo fare niente, però se decide di volere mettere in discussione, interrogare, di volere sapere qualcosa che lo riguarda allora sì, a questo punto possiamo fare qualcosa. Ma che cosa? La questione, ponetela proprio esattamente in questi termini, è come una ragazzina che viene da voi in analisi e dice che è innamorata del suo fanciullo ma che non vuole più amarlo. Se non volesse amarlo non lo amerebbe. Come dire che è sempre un caso d’amore ma in questa circostanza, in questo frangente la ragazzina in questione si toglie ogni responsabilità. La questione è sempre la stessa, la responsabilità. È sempre il pilastro centrale, è il primo passo che occorre compiere in un’analisi: assumersi la responsabilità di ciò che si sta facendo, e cioè in pratica, nel fatto di essere innamorati, di ciò che si sta dicendo, qualunque cosa sia, assumersi la responsabilità è una tra le cose più ardue, come ciascuno di voi sa, perché toglie buona parte del piacere legato al subire la verità. Come abbiamo detto in varie occasioni, ed è propriamente con questo che un analista si trova a fare i conti, questa è la cosa più ardua, tutto il resto è una passeggiata ma questa no, questa è una montagna da scalare per questo allora occorre una domanda, e cioè che la persona lo voglia fare, ché se non c’è questa intenzione non se ne parla nemmeno di fare una cosa del genere. Però dovremmo valutare quali sono i vantaggi nel considerare una qualunque analisi o una qualunque nevrosi, come dicevamo l’altra volta, come un caso di innamoramento, se ci sono vantaggi naturalmente, intendo dire per quanto riguarda l’aspetto clinico. In altri termini ancora sul modo di intervenire. Potremmo dire a questa persona che viene da noi che è innamorata del suo problema? Certo che no, ci direbbe che siamo matti. Ci risponderebbe la stessa cosa se le dicessimo che tutto ciò che sta dicendo è una costruzione del suo discorso, nient’altro che questo. Dunque come porre la responsabilità? Perché si tratta di porla all’interno di una struttura che è monolitica che e cerca di essere inattaccabile…

Intervento: cerca?

Sì, di respingere qualunque cosa metta in discussione questo innamoramento esattamente come qualunque amore, né più né meno. Qui si tratta intanto di vedere se la questione si pone in modo differente a seconda del discorso in cui si trova una persona oppure no, per alcuni versi potrebbe apparire qualche differenza, come dire che, per esempio in un paranoico l’ amore funziona almeno apparentemente in modo differente da come funziona per l’ossessivo, anche se alcuni luoghi rimangono gli stessi…

Intervento: l’ossessivo fa più giri, ha più dubbi, mentre il paranoico tranquillo va diritto

Questa potrebbe essere una questione…

Intervento: il passaggio dal discorso ossessivo al discorso paranoico

Sì, quando si psicotizza e cioè quando il suo innamoramento è minacciato…

Intervento: quando non c’è più dubbio

In quel caso non deve avere dubbi, deve difendere ciò che gli è più caro…

Intervento:

Intervento: per questo, dicevo, quando non c’è più dubbio, l’ossessivo vive sul dubbio, sui due corni del dilemma

Pensate a un luogo comune, quando per esempio una fanciulla è innamorata di un fanciullo, la cosa più efficace per aumentare l’innamoramento è dirgli tutte le cose negative di quel fanciullo, più lo si descrive come un disgraziato, un bruto ecc. e più si innamora, come dire che le si suggerisce che in questo caso quella persona è sfuggente e quindi deve darsi più da fare per agguantarlo, così è, ma se fate esattamente il contrario e cioè le dite come questo fanciullo sia la persona migliore di questo mondo, la più posata, la più tranquilla, la più sicura, la più affidabile, la più innamorata, ecco che si insinua all’interno del suo discorso l’eventualità che questa persona sia acquisita e quindi cessa di essere interessante. Questo è il luogo comune. Se funziona così nell’innamoramento e se come stiamo dicendo la nevrosi è un caso di innamoramento allora è possibile operare qualcosa del genere? Non dico la stessa cosa ma qualcosa del genere e cioè non come talora alcuni fanno mostrare tutte le cose terribili che fa la nevrosi, i dolori che infligge etc. ma le sue virtù, , e quanto la sua nevrosi sia meravigliosa e entusiasmante, cosa accade in un discorso cosiddetto nevrotico di fronte a una cosa del genere? Il nevrotico si aspetta e vuole che il suo dolore, la sua sofferenza sia riconosciuta in modo da poterla perpetrare cioè per potersela godere, mostrandola invece come la cosa più godibile, più attraente, più interessante cioè mostrando in realtà tutti i risvolti positivi della nevrosi, c’è qualche possibilità che la persona non dico cessi ma che l’innamoramento verso questa sua verità possa incrinarsi? È possibile. Ciascuno è innamorato di ciò che dice in realtà, perché in ciò che dice trova la verità e l’amore è sempre come abbiamo detto per la verità, e l’unica cosa che attrae è la verità. Certo può apparire arduo illustrare alla persona questo, cioè che l’unico amore è per la verità e che se la persona lo sa allora si rende conto che può fare sì dei giochi dove la verità di volta in volta assume varie configurazioni, ma che di fatto l’obiettivo è sempre la verità, se sa questo allora sa come funziona il linguaggio, se invece non lo sa ecco che è condannata tutta la vita a cercare questa verità di volta in quelle persone, in quell’idea, in quell’aggeggio, in quella storia qualunque. Se riuscissimo a operare questa esaltazione della nevrosi come dicevo prima del fanciullino… ma come? Qui non c’è il fanciullino, c’è un discorso, mostrare che le cose, che la nevrosi induce a dire sono fantastiche? Forse, e che senza quel disagio non avrebbe pensato, detto le cose meravigliose che sta dicendo, pensando, qualcuno potrebbe obiettarci che potrebbe pensarle, dirle senza stare male, e allora è questo stare male che dobbiamo enfatizzare anzi, innalzarlo a dignità non come i cristiani naturalmente, in fondo si tratta di trovare l’artificio tale per cui questa sofferenza possa apparire per quello che è, in fondo la responsabilità passa di qui, anche quella fanciullina innamorata del birbante, anche lei è responsabile del suo discorso, responsabile di quello che sta accadendo ma non lo ammetterà mai, se invece si opera nel modo in cui dicevamo prima allora il fanciullo assume un’altra connotazione, cioè non è più la cosa che sfugge ma è la cosa acquisita, cos’è che sfugge nella nevrosi? Ad esempio uno che ha l’angoscia? C’è qualche cosa che sfugge? È complicata la questione, però va presa per questo verso, forse è l’unico che potrebbe sortire degli effetti, comunemente nelle varie psicanalisi si attua uno spostamento da un innamoramento a un altro, che può essere l’analista, può essere la teoria, può essere un’idea ma è uno spostamento, come abbiamo detto tante altre volte una sorta di conversione religiosa…

Intervento:

Intervento: i potrebbe dire che l’angoscia come fonte di grandi emozioni…

No, semplicemente direbbe che preferirebbe provare altri tipi di emozioni, non quelle, altrettanto forti ma piacevoli anziché sgradevoli…

Intervento: sì però lui fa quel gioco, questo discorso produce quella cosa

Questo noi lo sappiamo ma lui no, stiamo valutando il modo perché anche lui possa saperlo perché fin che non lo sa continuerà a pensare che gli è capitata tra capo e collo e che è ben lungi da lui desiderare una cosa del genere anzi, si rivolge all’analista proprio perché gliela levi. Che cos’ha di piacevole la nevrosi che una persona non può accogliere? Qualcosa c’è. Crea una situazione in cui chiede aiuto, cioè si aspetta che qualcuno intervenga a fare qualcosa e cioè che lo protegga. La sensazione di protezione che la nevrosi in qualche modo attende dall’altro: “questa cosa non riesco a risolverla, non ce la faccio più… qualcuno faccia qualcosa”. Ecco dunque, qualcuno deve proteggere, ché è vero che la nevrosi permane perché trae del piacere, certamente, ma che tipo di piacere? Abbiamo sempre detto, ed è verissimo, che è un piacere notevole, ma quale? Ci deve essere alla base qualche cosa che è comune a qualunque tipo di nevrosi e che fa sì che una certa scena, situazione, qualunque storia si ripeta all’infinito, cioè sia talmente desiderabile da ripeterla ininterrottamente, cos’è che potrebbe essere così desiderabile? Quale situazione ripete? Perché? Verrebbe così d’acchito di pensare al momento in cui il linguaggio si installa. C’è qualcuno che mostra come stanno le cose, come dicevamo mostrando che “questo è questo”, potrebbe, dico potrebbe perché ancora non lo sappiamo con certezza, ma potrebbe essere un modo di ricercare quella stessa condizione come quella del linguaggio quando ha avuto l’avvio, e cioè ci sia stata la prima verità e di conseguenza la condizione per provare emozioni e quindi le prime emozioni, forti come sappiamo ché l’emozione non è altro che ciò che comunemente si chiama quella sensazione che procede dal trovarsi di fronte a verità subite e il fatto che qualcuno indichi “questo è questo” è una verità subita, sono i primi input, il database fondamentale e allora che cos’è che è così divertente nella nevrosi al punto da portarsela appresso per tutta la vita? Dicevo che d’acchito verrebbe da pensare che è una situazione in cui ci si aspetta, così come il linguaggio si è aspettato, i primi input, ci si aspetta che qualcuno aiuti, tiri fuori dall’impiccio e cioè dica “questo è questo”. Solo che non funziona più naturalmente perché il linguaggio ha acquisito una serie notevole di elementi per cui non funzionerebbe più in ogni caso, ma l’attesa potrebbe essere quella. Che cosa va a cercare, non la persona adesso, la persona non ci interessa, ma il discorso o forse più propriamente ancora il linguaggio, cosa va a cercare? La, da dove è partito? Beh, logicamente e anche economicamente non gli si potrebbe dare torto, in fondo di lì è partito tutto quanto, l’origine, ogni cosa è partita da lì da questo avviarsi del linguaggio e dai primi enunciati, le prime affermazioni, può essere questo e allora il nevrotico è questo che fa? Aspettarsi che qualcuno di nuovo compia quella operazione? Oppure no?

Intervento: il nevrotico ha questo bisogno di protezione vuole la conferma e l’aiuto da chi gli ha insegnato il linguaggio… comincia sempre di lì da dove gli è stato insegnato però come avviene che un’altro bisogno del nevrotico in un’analisi è quello… la persona chiede “cos’è questo?” l’altro gli risponde “questo” e in molti casi il nevrotico ribatte “non è questo”

L’attesa è che si riproduca quella scena, quella situazione che non può più riprodursi perché il linguaggio non è più all’avvio, è già avviato e quindi ha gli strumenti per potere sottoporre qualunque elemento ad un criterio verofunzionale, cosa che allora non c’era…

Intervento: non è tanto sottoporre la questione ad criterio verofunzionale è che per partito preso il più delle volte dice non è questo

Questo è un caso, non è sempre così…

Intervento: il discorso ossessivo può, per esempio, comportarsi in quel modo, anche il paranoico

Sì perché si accorge che non è quella verità assoluta, che non esiste, non esiste nel senso che anche quella che gli è stata impartita in ogni caso non è una verità assoluta, è questo che non è più ricostruibile, questo chiamiamolo abbaglio, si è pensato che fosse la verità assoluta, quella si ricerca continuamente ma non la si troverà mai più perché non ci sono più le condizioni del linguaggio per potere prendere quell’elemento come verità assoluta, all’inizio non c’era nessun altro elemento per potere considerare altrimenti e quindi sa immediatamente che non è quello, che non è quella verità che lui va cercando, che è quella che non troverà mai più…

Intervento:diciamo che il nevrotico può accogliere che questo è questo oppure negare che questo è questo, io parlavo del nevrotico che dice non è questo all’infinito, però il credente che è nevrotico anche lui ha un rapporto differente con certe strutture del linguaggio per cui accoglie l’autorità diciamo così, quello sarà portato a credere qualsiasi cosa, mi chiedevo se questo elemento da cui è partito non dipendesse dall’autorità perché anche l’autorità funziona come primo elemento…

Riconosce che non è quello il dio, lui sa che c’è ma non sa qual è, e non sarà mai quello che gli viene propinato perché lui ha una sua idea, invece il credente accetta questa cosa a condizione di non metterla mai in gioco…

Intervento: …è sempre una questione di responsabilità

Occorre valutare perché in termini di struttura è differente, poi nella clinica vera e propria in quei casi il negativismo dell’ossessivo può essere una provocazione perché l’altro continui a dirgli delle cose, è da valutare di volta in volta ma di fatto ciò che cerca non lo trova, cioè questa verità prima chiamiamola così, originaria…

Intervento: forse il credente l’accoglie perché sa che non la troverà mai

Sì, la condizione è quella di non interrogarla mai, certo, a questa condizione va bene qualunque cosa, in fondo anche l’ossessivo può essere credente e di fatto lo è. L’amore per la verità sembra strutturarsi dalle prime battute del linguaggio, come la ricerca di quella verità che è stata subita originariamente, cioè che il linguaggio ha dovuto accogliere per partire, è come se si attaccasse la spina, in un certo senso, naturalmente non è affatto la verità assoluta dire che questo è questo, non significa assolutamente niente, è solo l’elemento che serve per dare l’avvio a tutto un sistema, però se non si sa questo allora la ricerca di quella verità antica crea tutte le mitologie intono all’origine, al giardino terrestre. Tutte queste storie vengono da lì, dall’idea che in qualche modo ciascuno ha di uno stato primigenio in cui c’era la verità assoluta, il paradiso terrestre non è nient’altro che questo, e quindi è innamorato di quella cosa, di quei primi input e probabilmente qualunque cosa glieli evochi per qualunque motivo scatena lo stesso movimento cioè la stessa attrazione fatale che quei primi elementi hanno esercitato, e hanno potuto esercitare perché quei primi elementi hanno consentito al linguaggio di partire e quindi di provare delle emozioni, di provare delle sensazioni con tutti gli annessi e connessi. Questo comincia a rendere più chiaro il funzionamento del tutto…

Intervento: noi parliamo della nevrosi, di un particolare discorso che ha a che fare con la sofferenza, con il negativismo che la persona deve ripetere, per esempio quei discorsi che non si chiamano nevrotici come avviene che uno sceglie la nevrosi…

L’alternativa è la psicosi, ma nevrosi, se si intende in accezione ampia come il non potere accedere al sistema operativo, se uno non può accedere al sistema operativo allora è preso in una serie di giri e raggiri che chiamiamo nevrosi…

Intervento: non ho capito la questione della psicosi

Freud raccontava che esistono due strutture, e la normalità è una via di mezzo fra le due…

Intervento: la psicosi è quella che non ha l’accesso al “reale” in qualche modo, è assolutamente a cielo aperto… quello che andiamo dicendo noi è che nessuno ha l’accesso al sistema operativo tranne noi quindi queste differenziazioni che facciamo le facciamo soltanto per le persone che ci vengono ad ascoltare e che parlano di nevrosi e psicosi. Chi è che ha l’accesso al sistema operativo?

Qual è la questione?

Intervento: forse è un’antica domanda come avviene che una persona si trova a partire da un elemento negativo e a costruire la sua esistenza con la sofferenza mentre altre persone tranquillamente spostano, credono senza nessun problema

Che differenza fa?

Intervento: nessuna

Che una persona stia male o stia bene non fa nessun differenza, non è questo il criterio…

Intervento: però al sistema operativo nessuno ha accesso

Possiamo definirla così la nevrosi, come l’impossibilità di accedere al sistema operativo e bell’è fatto…

Intervento: praticamente tutto il discorso è nevrotico, psicotico poi ci sono alcuni discorsi che si adattano di più, tipo il paranoico ha meno problemi che il nevrotico, diciamo

Lei crede?

Intervento: è più deciso, è più…

Il più delle volte è deciso perché è terrorizzato, sta malissimo alla sola idea che qualcuno possa non riconoscerlo…

Intervento: anche nel luogo comune il paranoico non è proprio un nevrotico

Potremmo dirla così: come se ciascuno fosse innamorato della verità perduta, del suo paradiso terrestre, si tratta di vedere gli effetti di questo nel modo in cui il discorso si struttura. Quali sono gli effetti? Intanto non recede da questa ricerca perché sa che esiste, perché ne ha avuta esperienza per così dire, anche se non se ne rende conto, e quindi non è che molli lì facilmente…

Intervento: e come ha avuto esperienza?

Nel momento in cui il linguaggio si è installato lì alcuni elementi hanno dato l’avvio al linguaggio e cioè a tutte le possibilità sterminate che il linguaggio offre…

Intervento:…

È l’idea di quel momento in cui, quando sono stati forniti i primi input questi sono stati assolutamente veri perché il linguaggio non aveva la possibilità di metterli in dubbio, è l’idea del paradiso terrestre così come è stata costruita dai cristiani, il luogo primigenio dove c’era solo la verità, dopo è intervenuta la dannazione…

Intervento:

Intervento: praticamente il proseguire del linguaggio ha allontanato questo bene

In certo senso sì, costruendosi ha costruito la possibilità di interrogare ogni elemento e di creare un criterio di verità, mentre originariamente questo non c’è, non c’è nessun criterio, c’è l’accoglimento di dati…

Intervento:…

Sì la possibilità di trovarla, di ritrovarla certo, cosa che non potrà mai fare perché non si ritroverà mai più in quelle condizioni…

Intervento: ormai ha altri elementi, altri strumenti

Si suppone “a buon diritto” tra virgolette, perché si ha avuta l’esperienza in un certo senso, però non è recuperabile per una questione strutturale che lei può ritrovare nel linguaggio, e cioè quando è saputa non può essere più una sorpresa, cos’ come in nessun modo e mai al mondo lei potrà rilevare come sorpresa il fatto che io mi chiami Luciano, non potrà sorprendersi mai per una questione grammaticale, di struttura del linguaggio, e questa ricerca della verità, del paradiso terrestre è votata allo stesso fallimento, e cioè alla stessa delusione inesorabilmente. Questa delusione che incontra di volta in volta viene attribuita ora a questo ora a quell’altro, da qui partono tutta una serie di cose come il nemico…

Intervento: per lo psicotico sarebbe una costruzione per via fantastica di questa verità magica

Forse, ma questo innamoramento di cui dicevo è per quella verità, è quella che ciascuno va cercando e ogni volta che si illude che qualcosa possa ripresentare quella scena c’è l’innamoramento, quello più fatale, è matematico. È una questione complessa questa che ci occuperà parecchio, però ho idea che possa portarci molto lontani anche se siamo ai primi accenni, però quanto meno c’è una direzione. Va bene, possiamo fermarci qui e riflettere sulle ardue questioni.