21-6-2005
Intervento: Ci sono due
posizioni diverse e nessuna delle due può essere dimostrata…
Il suo obiettore le dice che in realtà non deve
dimostrarla, perché la dimostrazione è già data, è retta, è supportata e
convalidata dai sensi, sono i sensi che consentono la dimostrazione, per
eccellenza, qualunque dimostrazione, direbbe lui, segue a questa che non è
altro che la percezione della realtà…
Intervento: la macchina
sa che sta facendo un certo lavoro?
No, a meno che non sia programmata per fare una cosa del
genere…
Intervento: il corpo
esiste di per sé o è in una struttura linguistica? Il corpo allora è al pari di
una macchina…
Il corpo non è uno strumento del linguaggio, il corpo è
la condizione del linguaggio…
Intervento: e come lo
può sapere?
Per sottrazione, se io comincio a sottrarre da lei la
lingua, poi il cervello, cosa rimane?
Intervento:…
Non soltanto attraverso gli organi fonetici che sono
importanti, ma non determinanti, ma anche e soprattutto perché fornisce quegli
input che consentono al linguaggio di prendere l’avvio, senza questi input,
queste informazioni, il linguaggio come dicevamo non si avvia, e lo so
attraverso la mia percezione e cioè i sensi, le informazioni che giungono ai
miei sensi che, giustamente lei dice, senza il linguaggio non potrebbero essere
organizzate così come lo sono, ma sono queste percezioni gli elementi che
consento al linguaggio non solo di incominciare ma di esistere, perché ha
qualcosa di cui dire, e cioè percezioni che riguardano il mondo esterno, le percezioni
che rilevano variazioni di stato caldo/freddo scuro/chiaro etc. grazie a queste
percezioni. Il linguaggio poi le organizza e le trasforma in conoscenza,
scienza, di quello che si vuole sapere in definitiva, ma senza queste
percezioni il linguaggio non saprebbe cosa fare e quindi non sapremmo che
farcene del linguaggio e cioè di uno strumento che è capace sì di costruire una
teoria, di costruire una scienza, quindi la conoscenza, ma se non ha nulla da
cui partire per costruire queste cose il linguaggio non serve a niente. E
adesso?
Intervento: la realtà è
una mia decisione…
No, non è un’ipotesi, è un dato di fatto, perché è
esattamente ciò che i sensi esperiscono, se io mi trovo a 100 gradi sotto zero
avrò un gran freddo, questa non è un’ipotesi, è una certezza…
Intervento: la
questione è sempre quella dell’esistenza che è posta fuori dal linguaggio che
solo costruisce il criterio per cui possa stabilirsi l’esistenza
L’esistenza è un effetto, un effetto di ciò che i sensi
percepiscono, i sensi dicono che esiste tutto ciò che possono percepire cioè
tutto ciò che in qualche modo del mondo esterno li coinvolge, questo è ciò che
esiste, e d’altra parte quale altro criterio per stabilire ciò che esiste se
non ciò che cade sotto i sensi? Qualunque altro criterio non ha nessuna
validità…
Intervento: questa è
comunque un’opinione alla quale posso contrapporre la mia che afferma che
invece il linguaggio è la condizione dei sensi e quindi della percezione…
È sicura? E se io appoggiassi questa sigaretta sul suo braccio
in questo momento che succederebbe secondo lei? Sentirebbe caldo o freddo? Una
sensazione piacevole o sgradevole?
Intervento:…
Due obiezioni: la prima, in ogni caso anche se lei non
conosce gli effetti di qualche cosa, nonostante non conosca gli effetti di
quella cosa, questa cosa avrà effetti su di lei, per esempio uno può non conoscere
gli effetti delle radiazioni, ma se si trova nelle prossimità di un’esplosione
nucleare, non viene volatilizzato però sta lì e si gode lo spettacolo, dopo
qualche giorno comincia a cadere a pezzi, e non sa nulla di radiazioni. Io vi
sto dicendo che è l’unico modo sensato di stabilire che cos’è la realtà: ciò
che noi possiamo percepire. Lei fornisca un criterio migliore…
Intervento:…
Le sto dicendo che è l’unico criterio di cui possiamo
disporre: l’esperienza cioè i nostri sensi, le nostre percezioni…
Intervento: perché ci
sia esperienza occorre che questa esperienza sia organizzata e quindi l’esperienza
dipende da questa struttura…
Esattamente. Come funziona l’esperienza? Torniamo
all’esempio di prima, io ho una sigaretta accesa in mano, gliela appoggio sul
braccio, supponiamo che lei non sappia niente, non reagisce mentre io mi
avvicino, mi guarda incuriosita, ad un certo punto sente un calore
terribilissimo e ritrae il braccio automaticamente, da quel momento grazie al
linguaggio lei può prendere questo elemento, questa percezione che ha avuta
l’occasione di sperimentare e inserirla all’interno di un sistema, per cui la
prossima volta se io mi avvicino con la sigaretta mi dirà di fare attenzione
con quella di sigaretta, ma senza un primo input percettivo non c’è nessuna
esperienza, per cui la percezione precede il linguaggio. E adesso?
Intervento: occorre che
questo corpo sia mio… sono io… la realtà esiste al momento in cui comincia ad
esistere l’io… la percezione perché possa significare occorre che ci sia
differenza, se non c’è differenza non c’è percezione…
Ecco perché bisogna sempre stare attenti ai bambini
piccoli, perché non hanno esperienza, mettono la mano sul fuoco, si tiranno
addosso le cose, si bruciano una volta e dopo stanno attenti…
Intervento: la volta
successiva si istaurerà questa regola per cui si eviterà di mettere la mano sul
fuoco… poi diventa un automatismo, ma proprio perché quella percezione è stata
codificata
Questo è ciò che per esempio ci distingue dagli animali…
Intervento: l’io non
avanza pretese di controllo assoluto…
L’io dirige il corpo, se io voglio prendere quel coso è
il corpo che me lo consente, non basta che ci pensi…
Intervento: certo nel
luogo comune l’io stabilisce una differenza netta fra corpo e anima o psiche
Intervento: io vedo, io
sento questo io
Sì, però questo tipo di argomentazione può essere usato
contro di lei, nel senso che l’io segue tutta una serie di esperienze, cioè si
forma nel momento in cui l’esperienza si organizza e nessuno ha nulla da
obiettare a questo riguardo, e a questo punto lei può dire “io”, ma questa
esperienza si è potuta organizzare perché qualche cosa è accaduto, e questo
qualcosa che è accaduto è ciò che ha determinato l’esperienza, e non il
contrario. E quindi Cesare come la mettiamo?
Intervento: il corpo
esiste al momento in cui può dirsi il mio corpo ma è il mio discorso quello che
lo va facendo
Perché afferma una cosa del genere? Come giustifica
un’affermazione del genere? È una petizione di principio, lei ha un corpo e si
può accorgere di avere un corpo questo grazie al linguaggio, ma sorge proprio
dagli stimoli che provengono dal corpo, cioè dalle percezioni, in assenza di
percezioni non c’è linguaggio…
Intervento: posta in
questi termini la questione possiamo dire che comunque il corpo se appunto non
ha la lingua, né la mente questo corpo non è neanche in grado di dire che è mio
e quindi effettivamente a questo punto il linguaggio è un mezzo ma non è a
disposizione di quel corpo, così dice il luogo comune e questa è un’opinione a
cui possiamo contrapporre quella che può sembrare un’altra opinione e cioè che
il linguaggio è la condizione perché esista un corpo. Sono due opinioni solo
che la prima non è dimostrabile mentre la seconda lo è. Questo lo posso provare
Lo può provare? Bene, lo faccia…
Intervento: senza
linguaggio non potrei neanche pormi la questione del corpo e quindi il corpo
non esisterebbe
Io non posso pormi questioni sull’ingegneria genetica
perché non conosco l’ingegneria genetica, questo non significa che non esista.
Era partita bene, perché si è smarrita? In effetti aveva condotta molto bene la
questione, sono due affermazioni, l’una afferma che il linguaggio è la
condizione del corpo e l’altra che il corpo è la condizione del linguaggio, e
diceva che una è possibile provarla l’altra no e cioè non è possibile provare
che il corpo è la condizione del linguaggio anche se a questo punto si potrebbe
comunque aggrapparsi al fatto che la percezione può essere presa come criterio
di esistenza al pari della deduzione. Perché una priorità alla deduzione
anziché alla percezione? Sono due criteri per stabilire l’esistenza, uno la
deduzione che la condurrà tra breve ad affermare che qualunque cosa è un
elemento linguistico, l’altra la percezione che invece le consente di stabilire
l’esistenza in base unicamente alla percezione cioè ai dati sensoriali, ci
siamo?
Intervento: d’accordo
ma la percezione io posso dedurla in base a un criterio di valore di esistenza
No, quello che sto dicendo è che la percezione è il
criterio di esistenza, per stabilire che l’esistenza segue al linguaggio cosa
utilizza? La deduzione, io le sto chiedendo perché la deduzione dovrebbe essere
un criterio migliore della percezione? C’è un motivo? Se sì, quale?
Intervento: la
deduzione non aggiunge nulla a quella che è la premessa…
E la percezione cosa aggiunge? Sente freddo e non
aggiunge niente…
Intervento: la
percezione può inferire qualunque cosa) no, non può inferire qualunque cosa,
può interpretare qualunque cosa, può valutare qualunque cosa ma la percezione è
quello che è, annotare una variazione di stato poi che cosa possa dire su
questa storia questa è tutta un’altra questione, però la variazione di stato
(perché si possa dire che è una variazione di stato occorre che possa
avvertirsi
A questo ci pensano gli organi di senso…
Intervento:…
Sto invece affermando esattamente il contrario: perché
possa avvertirsi qualcosa occorre che qualcosa ci sia, ci sia e cioè sia rilevato
dagli organi di senso i quali dopo mi diranno, certo in base all’organizzazione
dell’esperienza…
Intervento: come i
lettori… questi organi di senso possano leggere o comunque descrivere questa
sensazione e quindi la possibilità che è data da un sistema che in qualche
modo…
Non è che non c’è la variazione, non c’è la possibilità
di sapere di questa variazione…
Intervento: non lo
avverte proprio se non ha la possibilità di leggerlo…
È sicuro?
Intervento: tocco
questo oggetto lo sento duro ma occorre che la durezza sia qualche cosa per cui
io posso percepire la durezza…
Lei sta facendo un’argomentazione un po’ subdola, che
accosta l’esistenza al significato, dice: se questa cosa non significa niente
non è niente. Ma se lei cade dal quarto piano anche se non sa che il pavimento
è duro si rompe ed io glielo posso provare, la porto al quarto piano e la butto
giù e lei si rompe…
Intervento:…
Può chiamarlo come le pare ma si modificherà la sua
struttura. La questione è che anche se non ha senso avviene, è questo che sta
sostenendo, avviene comunque anche se non ha senso, gli animali che erano
presenti all’esplosione nucleare non sapevano assolutamente niente e sono morti…
Intervento: stiamo
parlando di queste cose qua comunque all’interno del linguaggio… stanno
funzionando regole tali che fanno sì che quell’evento sia effettivamente
avvenuto
Un gioco dunque, una persona si rompe in base a delle
regole, ma queste regole non si possono mutare perché questo uomo cadendo senza
nulla che lo trattenga si romperà, sempre e comunque, queste regole che non si
possono mutare generalmente sono chiamate leggi di natura, e proprio perché non
è possibile mutarle che sono leggi, chiamatele regole di un gioco, va bene, ma
questo gioco è tale da non essere modificabile, né da voi né dal linguaggio.
Intervento: è un atto
linguistico che proprio per questo funziona
Intervento: anche la
non modificabilità anche questa è una regola del gioco per cui è come se
dicessi che l’alfiere nel gioco degli scacchi può muoversi solamente in un
certo modo per fare quel gioco…
In quale altro gioco, in quelle condizioni, un uomo non
si romperebbe cadendo dal quinto piano senza essere trattenuto, qual è questo
gioco?
Intervento: il gioco della
fantasia
Intervento: il gioco
del sogno
Intervento: è uno dei
grandi desideri degli umani quello di contravvenire alle regole dei giochi
Intervento: Wittgenstein
dice che il mondo è la totalità dei fatti…
Intervento: la totalità
delle proposizioni costruite
Voi dunque distinguete il sogno dalla veglia? Ciò che
fate nei sogni lo fareste nella veglia? Dipende, in alcuni casi assolutamente
no, per esempio precipitarsi giù dal quinto piano non lo fareste, mentre lo
fate nel sogno, il fatto che non lo facciate nella veglia forse ha un senso,
forse, e cioè avete esperienza di qualcosa che avverrebbe comunque e in ogni
caso, se voi faceste una cosa del genere, ed è per questo che non lo fate,
perché sapete che ovunque vi troviate, qui o a Tokio, d’inverno o d’estate, con
il caldo o con il freddo, in mare o in montagna, comunque questo gesto avrà
sempre lo stesso risultato. Ora possiamo anche chiamarla una regola del gioco,
però a questo punto poiché questo gioco non è mutabile da nessuno, in nessun
modo, allora corrisponde a ciò che gli umani chiamano realtà, cioè ciò che
risponde alle… chiamiamole leggi, parafrasando la fisica, leggi che appaiono
immutabili e cioè riproducono comunque sempre in qualunque circostanza sempre
gli stessi risultati…
Intervento: la scienza…
Quando si tratta di ipotesi sì, quando si tratta di
leggi è difficile, per esempio la legge di gravità…
Intervento:…
In questo caso si tratta della interpretazione di un
fatto. Gli antichi vedevano il fulmine, e se ne avevano avuta esperienza
sapevano anche che era qualcosa di pericoloso, che poteva incendiare le case,
ma lo vedevano esattamente come lo vede un fisico di oggi, il fisico di oggi ha
migliori strumenti per interpretare il fenomeno, ma lo vede così com’è, allo
stesso modo, così come l’antico vedeva il cavallo, che cosa significhi il cavallo
per qualcuno adesso non ci interessa minimamente, ma lo vedeva, lo
raffiguravano, lo usavano, si tratta di un fenomeno, un evento che è sempre
esattamente lo stesso, come si diceva, possono cambiare le interpretazioni dei
fatti, ma l’evento in quanto tale il fulmine, poi che lo mandi Zeus, che sia un
fenomeno prodotto dall’umidità atmosferica…
Intervento:…
Ma il punto non è se sia possibile o no fare esperienza
di qualcosa, è il fatto, l’evento che è ciò che consente l’esperienza, oppure
l’esperienza come produzione del linguaggio che produce l’evento, questa è la
vexata quaestio. L’esperienza consente di potere stabilire, valutare, sapere
tutto è ovvio, il linguaggio fa questo, se non ci fosse linguaggio non farebbe
niente, però di fatto io sostenevo il contrario, che è la percezione a
consentire l’avvio dell’esperienza e anche del linguaggio ovviamente, senza il
quale linguaggio certo non sapremmo nulla di tutto questo, lo sappiamo grazie
al linguaggio ma il linguaggio segue a tutta questa serie di cose e quindi qual
è il punto debole di tutto ciò che io vado sostenendo?
Intervento: il criterio
per cui qualcosa esiste lo dà il linguaggio
Era partita bene e infatti queste due proposizioni,
quella che sostengo io e quella che sostenete voi per il momento sono due
proposizioni equivalenti, nessuna delle due è vera e nessuna delle due è falsa,
finché non sia possibile provare che una delle due è vera e quindi a questo
punto occorre provare che una delle due è vera, ma provarla come?
Intervento:…
No, è proprio qui, nel provare qualcosa che sta tutta la
questione che avrebbe demolito ciò che andavo dicendo io in quattro e quattr’otto:
ché l’unico criterio, qualunque criterio utilizzerà per provare sia una cosa
che l’altra dovrò utilizzare il linguaggio e quindi se io voglio provare che
per esempio l’esperienza è la condizione del linguaggio io devo utilizzare il
linguaggio e questo non va senza conseguenze, e anche se volessi stabilire che
il criterio della percezione non è né migliore né peggiore della deduzione, in
ogni caso sarebbe comunque un criterio. È il criterio, la costruzione, la
possibilità, la costruzione di un criterio che in moltissimi casi è il pilastro
portante di tutto quanto…
Intervento: senza un
criterio non è possibile chiedersi se è vero o falso
E allora l’affermazione che stavo facendo io è
riconducibile a un criterio estetico, io lo posso affermare certo, perché mi
piace così. Però dovreste farlo in trenta secondi, non in un’ora, sono esercizi
di retorica, dovete cercare la cosa che sbarazza subito, utilizzando, come
insegna la retorica, tutti i trucchi possibili, tutte le argomentazioni
possibili, addirittura si può mostrare il fianco per indurre l’altro a colpirvi
là dove volete che vi colpisca in modo da utilizzare questo a vostro vantaggio,
potete anche fare questo utilizzando tutti i trucchi possibili e immaginabili,
è un po’ come nella seduzione, si usano tutti i trucchi possibili, poi si vede
cosa succede. In fondo la retorica è una seduzione. Va bene, ci vediamo
martedì, dovete fare questo esercizio ventiquattrore su ventiquattro:
argomentare e confutare, senza requie.