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17-6-1999

 

Il gioco. La vittoria. La riuscita. La necessità di un gioco nuovo.

 

Questa sera vorrei riprendere una questione appena accennata martedì scorso intorno al gioco, questione che pare essere di notevole interesse, il gioco. Riflettevo intorno al gioco pensando a ciò che muove gli umani a fare qualunque cosa faccia, non ha nessuna importanza che cosa e consideravo che già nel luogo comune, l’aspetto principale del gioco è la riuscita, o la vittoria si chiama a seconda dei casi, ma direi piuttosto la riuscita, come dire che c’è sempre una sorta, ci atteniamo sempre al luogo comune da cui partiamo di solito, un qualche cosa con cui ci si confronta e da una serie di operazioni ci si aspetta una certa riuscita, ora questa riuscita varia dalle cose più banali a quelle più complicate, dalle più ridicole alle più serie, in ogni caso l’attesa della riuscita, riuscita che per qualche verso non è lontanissima da ciò che Austin chiamava la felicità dell’enunciato, cioè intendo con riuscita il soddisfare una aspettativa, per esempio, rispetto a questo accade…dicevo rispetto alle cose più disparate, uno compra una piantina che cresce, la piantina diventa grande…una persona per esempio vuole avere il dominio sul pianeta allora si muoverà in modo tale per cui il dominio di tutto sarà la riuscita, ma questa riuscita comporta sempre un rinvio, un rilancio. Riflettevo …pensate al luogo comune come sempre, pensate alle persone che hanno un potere economico notevolissimo, ora fanno ciò che fanno non tanto per i soldi che hanno a quintalate, né per il potere che ormai è quasi assoluto, ciò che muove è il gioco, l’idea di potere battere un altro, di vincere un altro, poi il vantaggio economico, politico, della riuscita di questa operazione magari è irrisorio, non ha nessuna importanza, un po’ come quando si gioca a poker con gli amici e la posta in gioco è diecimila lire. Vi faccio un esempio banale uno gioca a poker con gli amici e l’obiettivo non è certamente portare via diecimila lire all’amico, non è questo è ovvio ma è riuscire a batterlo, ecco perché le persone che hanno molto potere e molto denaro non proseguono la loro corsa per aumentare la ricchezza o il potere se non in funzione di una vincita, vincere l’avversario, chiunque sia non ha importanza, l’avversario politico, economico ma vincere… ora riflettevo sull’eventualità che ciò che muove gli umani a fare cosa fanno, qualunque cosa sia, sia l’eventualità o l’attesa della riuscita. Riuscire in qualche cosa cioè nel luogo comune è superare un ostacolo per esempio, qualunque esso sia è noto che gli umani si creano ostacoli per poterli superare, perché questa operazione? Che sembra non solo antica quanto è antico l’uomo ma addirittura per alcuni versi, appare quasi strutturale al suo discorso, non c’è chi sia esente da una cosa del genere, il confronto può essere, può essere confrontarsi con una questione teorica, confrontarsi con un rivale in amore, confrontarsi con una squadra di calcio, con qualunque cosa, però sembra come ci fosse “la necessità” mettiamola fra virgolette di avere un qualche cosa da superare, da vincere, da battere, perché? (per far sì che il presente non sia pregnante nella sua nullità) potrebbe non essere pregnante di nullità, ma mi chiedevo se ci fosse qualcosa di strutturale in questa riuscita che è così fortemente agognata, per ciascuno, qualunque cosa faccia, e pensavo alla struttura del linguaggio, in che modo o in che senso il linguaggio riesce e non può non riuscire? Nella produzione di proposizioni come si è detto in varie circostanze, che cosa produce il gioco o propriamente la riuscita del gioco? Una questione che forse tempo fa avevamo sfiorato, potremmo dirla così provvisoriamente che produce nuove proposizioni, proposizioni che non c’erano prima, se, torniamo al luogo comune, una gara, una partita, quello che gli pare, vince è soddisfatto, perché? Cosa è accaduto? Produce questa soddisfazione, sì certo si aspettava questo però, perché se lo aspettava? Viene quasi da pensare che il gioco, nell’accezione più ampia del termine, sia una sorta di esca o di pretesto, un pretesto per inventare e quindi per costruire nuovi giochi, nuove preposizioni. E riflettevo su questo fatto che apparentemente è molto banale, però perché una persona che vince è soddisfatta? (…) dico perché è emozionante? (anziché no?) la questione forse può affrontarsi (…) ma c’è qualcosa in più ché appare qualcosa quasi di strutturale nel gioco, in effetti il gioco linguistico è assolutamente strutturale e abbiamo detto in varie occasioni che intendiamo gioco linguistico nient’altro che il prodursi di proposizioni connesse le une con le altre, è come se la riuscita in questo caso sia la produzione di una proposizione che non c’era prima, ma in che senso una vittoria è una nuova proposizione? Io posso dire che ho vinto a condizione che abbia vinto ovviamente però posso dire che ho perso a condizione che abbia perso, però la vittoria è cercata, la perdita no, la questione è complessa ma è molto importante se voi considerate che gli umani da sempre praticano questa attività del gioco in qualunque circostanza e pare essere ciò che li muove addirittura, c’è questa eventualità, che null’altro li muova, che sia in definitiva qualche cosa addirittura strutturale al linguaggio cioè se si instaura il linguaggio allora lì si instaura il gioco e gli umani sono presi da questo gioco cioè dalla necessità di confrontarsi con l’ostacolo, ma quale ostacolo? Il linguaggio perché mai? Potrebbe anche essere un ostacolo oltre essere chiaramente la condizione per potere pensare un qualunque ostacolo, in che modo è un ostacolo perché pone dei limiti intanto, pone dei limiti e produce anche una struttura che consente di accorgersi dei limiti, cosa fondamentale. I limiti che il linguaggio produce come sappiamo sono quelli che impediscono di uscirne, però bisogna riflettere bene su qual è la connessione tra la struttura del linguaggio e cioè il limite che impone, cioè l’impossibilità di uscirne e tutto ciò che invece è generalmente connesso con il gioco cioè con il superamento del limite, quindi l’ostacolo…. però il linguaggio non può se è pensato come limite, non può essere superato, quindi qualunque gioco sarebbe assolutamente inutile, un gioco inteso come superamento del limite e allora perché lo si fa? (…) non sarebbe un limite sarebbe una necessità intrinseca al linguaggio (il superamento del limite) è il linguaggio che produce se stesso…..l’ostacolo non è creato in realtà se poniamo la questione in termini strutturali, l’ostacolo non è altro che la struttura del linguaggio, cioè i limiti che impone il linguaggio, l’impossibilità di uscirne, l’impossibilità di uscire dalle regole salvo fare un altro gioco per esempio, la necessità che ci siano regole, dicevamo le regole sono dei limiti, limitano certe mosse. Sì tra l’altro riuscire a intendere la questione del gioco forse consente di intendere la questione della soddisfazione, il piacere… (…) adesso si parlava di limiti in termini più ampi, i limiti che il linguaggio impone attraverso le regole del gioco, ciascun atto linguistico è vincolato a delle regole, una di queste regole è che se voglio essere inteso dalle persone devo usare una certa struttura linguistica, devo chiamare questo accendino, questo sigaretta se no non gioco più o al poker devo attenermi a delle regole necessariamente, quindi sono questioni che vanno al di là del singolo e delle sue capacità… (la soddisfazione ha a che fare con l’infinito nel gioco, per esempio, da l’avvio a un’altra partita) (come se la sensazione implicasse la produzione di altre proposizioni, ma di quella non posso usufruire perché se no di quella non c’è soddisfazione. La soddisfazione è una sensazione e si pone come una regola di un gioco per cui se interviene un elemento questo elemento perché io ne possa godere o meglio se a questo elemento posso aggiungere un altro elemento è comunque come se ci fosse la necessità della soddisfazione, se no non pare esserci la necessità dell’aggiunta dell’elemento) la questione del gioco rende conto anche della necessità se io gioco è strutturale, la necessità del nemico, un nemico qui come figura retorica, ovviamente, come antagonista, antagonista può essere qualcuno, qualcosa, in ogni caso come dice giustamente Greimas qualunque cosa impedisca il raggiungimento dell’obiettivo, cioè del nemico, l’antagonista, sì ma è funzionale al gioco perché è ciò che consente la creazione della storia, come diceva Greimas senza l’antagonista qualcosa che impedisca non c’è gioco… (la partenza di una gara automobilistica e dell’imprevisto…) sì certo questo è funzionale, strutturale (…) c’è qualche cosa in effetti di strutturale nel gioco, sì certo ha a che fare con il limite, con l’ostacolo, con l’eliminazione dell’ostacolo, però ci sfugge ancora qualcosa che è fondamentale cioè perché tutto questo è perseguito dagli umani anziché no (una cosa detta è già passata) e allora perché ha bisogno di un gioco nuovo? Qui c’è qualcosa di strutturale alla struttura del linguaggio, come se fosse insito nel suo funzionamento un elemento che impedisce il raggiungimento di qualche cosa e lì dobbiamo andare a cercare, una figura retorica ciò che consente il gioco, senza il nemico, senza l’antagonista il gioco non gioca (…) chi crede per esempio in dio ha una aspettativa anche lì c’è l’antagonista che è il male e c’è la soddisfazione, c’è la riuscita, nel senso che immagina di soddisfare quello che è per esempio il desiderio di dio, la riuscita e la riuscita si intende come superamento dell’antagonista, dell’ostacolo qualunque esso sia. Una madre che alleva dei figli, l’antagonista, la non riuscita sarebbe non soddisfare le sue aspettative… (…) sembra qualcosa di strutturale al linguaggio che poi viene rappresentato in vario modo, come se fosse il linguaggio l’antagonista, l’ostacolo. (…) ciò che stiamo considerando è l’eventualità che questo sia strutturale e allora i nemici come figura retorica diventano qualcosa di strutturale al linguaggio, non può togliersi è come affermare l’assenza del linguaggio, si può dire ma non lo si può pensare, (la mancanza è la raffigurazione del nemico mancante e allora io posso camminare se non c’è il nemico, e proprio per questa mancanza in relazione al nemico posso riproporre le “stesse” cose, nel discorso) perché l’antagonista sembra la condizione per potere parlare, che poi rilevate nel quotidiano attraverso il ciò che non va? Che è sempre l’occasione mentre ciò che va non interessa, ciò che non va e quindi il male il nemico ecc, è l’occasione per parlare, così come giustamente dice Greimas è l’occasione per costruire una storia, cioè se come dicevo il principe azzurro si va a prendere la principessa e se ne vanno via insieme, e non c’è un drago e non c’è, che storia è? Occorre qualcosa per potere parlare come se, per tornare alla struttura del linguaggio, che cosa occorre al linguaggio per potere parlare? Apparentemente nulla si riproduce da sé, si autoproduce, però non ha motore, come a dire produzione di nuove proposizioni ché una nuova proposizione aggiunge qualche cosa con cui confrontarsi, e confrontarsi è trovare qualche cosa che produce nuove proposizioni (…) non possono non aggiungersi comunque, c’è qualcosa che ci sfugge in tutto ciò che comunque il linguaggio, la sua struttura producono continuamente proposizioni, non ci sarebbe bisogno in teoria di giocare in ogni caso non si può arrestare eppure sembra che gli umani non facciano altro da sempre che giocare, perché una bella questione! Che cosa li muove a compiere questa operazione? Oppure se è come stiamo dicendo che cosa hanno queste proposizioni nuove che il gioco produce rispetto alle altre, perché ciò che è nuovo interessa e ciò che è vecchio no? Rispondere in termini strutturale perché ciò che è vecchio non interessa e ciò che è nuovo sì, chi sa rispondere a questo quesito, sembra in effetti una banalità, uno si lamenta che non c’è mai nulla di nuovo, e allora? Perché il nuovo attrae? (…) certo c’è l’attesa di qualche altra cosa però, però perché questa altra cosa interessa, un’altra cosa insaputa interessa mentre ciò che è saputo no? La questione rimane sempre la stessa non si sposta dobbiamo cercare altrove, (…) c’è qualche cosa in certe proposizioni, però occorre che questo qualche cosa lo troviamo in termini strutturali, visto che almeno pare che il gioco sia assolutamente strutturale al linguaggio e cioè l’esistenza di qualcosa che fa da ostacolo per cui (questo nuovo che interessa comunque deve in qualche modo proseguire un certo discorso) non andiamo molto lontani, no l’invenzione di una nuova regola, sicuramente un limite crea una nuova regola, è come un primato un record (il raggiungimento di 100 km all’ora, la volta dopo i 110 km all’ora) c’è una nuova regola del gioco (…) la nuova regola del gioco limita il gioco ancora di più, e quindi cosa fa? (…) perché una regola in più è un’altra limitazione…e il gioco funziona attraverso le regole cioè delle limitazioni in più, più limitato più funziona, quindi comincia un po’ a delinearsi anche se in termini così un po’ vaghi, dobbiamo precisare molto bene perché è una questione di estrema importanza, però giocano per stabilire nuovi limiti quindi nuove regole, anche quando giocano a poker, ha cinquantamila, ha vinto centomila, e non sono i soldi magari sono miliardari ma è un limite una nuova regola del gioco, come dire che il linguaggio per funzionare, e questo la pongo come questione, necessita di continue nuove regole del gioco, questo è da verificare perché se così fosse avremmo “scoperto” fra virgolette perché gli umani giocano. Ma è proprio così il linguaggio necessità di nuove regole continuamente per potere giocare? Perché non sono sufficienti quelle vecchie? Ma in prima istanza potremmo dire che una nuova regola del gioco consente di giocare un nuovo gioco perché anche se è quello vecchio aggiungendo una regola diventa nuovo, e quindi un gioco in più e quindi una proposizione in più, questo poi sembra essere la resa dei conti, l’obiettivo, la riuscita, come si diceva dall’inizio cioè la costruzione di nuove proposizioni, perché dunque nuove proposizioni e non quelle vecchie? Perché più ci sono proposizioni e più i giochi si moltiplicano e quindi più il linguaggio raggiunge il suo obiettivo che è la sua produzione, (mi pare una contraddizione) dove sta la contraddizione? (pare che dal limite non possa seguire una grande produzione se non una proposizione) quella che interessa a noi, quella che attiene a quel gioco, perché uno vuole superare un record? Come dire adesso dovete giocare con questa nuova regola, c’è un gioco in più, c’è un gioco in più (la questione della soddisfazione) sì il suo antagonista in quel caso è il record precedente (…) l’obiettivo degli umani pare essere quello di produrre linguaggio e quindi nuove proposizioni e quindi cercano tutto ciò che consente questa operazione, nuove proposizioni che chiaramente si situino all’interno del gioco precedente il che in qualunque discorso non può darsi senza un gioco, cioè senza delle regole che condizionano quindi la costruzione di una nuova proposizione che funzioni cioè nuova proposizione che sia anche un gioco, sembra questo che muove il linguaggio e quindi gli umani, essendo presi dal linguaggio sono vincolati a questa struttura, come dire che si muovono e tutto ciò che fanno lo fanno per la costruzione di nuove proposizioni, cioè di nuove regole per giocare ma la nuova proposizione non è altro che una nuova regola per giocare, probabilmente o più propriamente la proposizione che dà soddisfazione è quella che aggiunge una nuova regola al gioco, quindi lo limita ulteriormente (…) sì certo così come avviene nelle gare, fissa un record e poi cerca di superarselo il suo record, ne interviene un altro che limita ancora la possibilità degli altri che è la sua ovviamente, più si è limitati e più il gioco è difficile e quindi è più difficile costruire nuove proposizioni (…) ha trovato un limite ma ne pone un altro. In che modo il linguaggio si crea un limite? Ponendosi delle regole se no non funzionerebbe, questo come se ciascuno lo sapesse, per giocare occorrono dei limiti, più ci sono limiti e più si gioca, e quindi più il linguaggio funziona che è appunto il suo obiettivo e quindi la sua riuscita, quindi paradossalmente più è limitato e più si gioca, meno è limitato e meno si gioca (…) rispetto al funzionamento delle regole del gioco occorre precisare ché è fondamentale, abbiamo detto che esistono regole, è assolutamente essenziale non esiste gioco che non abbia regole e il gioco è dato dalle regole così come il gioco linguistico ovviamente… (la rappresentazione della variante) certo solo se ci sono regole si può giocare (…) il maggior numero possibile di combinazioni che è anche ciò che consente agli umani di parlare, una persona meglio è addestrata e meglio riesce a fare combinazioni fra le varie cose quindi gioca meglio, a vederne ad accoglierne e quindi a utilizzarne… (sembra che il linguaggio possa dissolversi se non c’è questa spinta a nuove regole) sì produce continuamente nuove proposizioni e quindi regole per giocare se non facesse così effettivamente si dissolverebbe (…) però forse sono due aspetti della stessa questione, anche laddove una persona gioca e si attiene alle regole usate da sempre e vince comunque anche lì stabilisce una sua regola come dire io ho vinto e questa vincita però è da ripetere, difficilmente si accontenta della vincita è come se questa vincita stabilisse una regola, hai fatto questo gioco e hai vinto, adesso devi rifarlo e rivincere, e cioè come si diceva un'altra partita, come se creasse un’altra regola in un gioco che è personale, io gioco e son capace di vincere di nuovo? Ecco che allora anche in quel caso c’è una creazione di una regola che è mia personale che nessuno sa, però alla quale io mi attengo, io ho vinta una volta però sarò capace di vincerne un’altra oppure no? Che se vinco una volta sola poi non sono più capace di vincere, da poca soddisfazione (…) ho creato una nuova regola con cui confrontarmi per poter vincere un’altra volta (…) se riusciamo a intendere la questione del gioco facciamo un passo avanti non indifferente (…) per questo io ponevo la questione in termini strutturali cercando di intendere come ogni gioco sia di fatto strutturale all’atto di parola e poi da lì, inteso questo intendere le varie forme, le varie figure, d’acchito appare il gioco assolutamente strutturale però ancora non lo abbiamo stabilito con assoluta certezza, appare essere così certo (…) il gioco è interessante se uno può vincere se no… sì la cosa della potenza e dell’atto qualcosa che ancora non è ma può essere. Se intendiamo bene questo riusciamo a capire che cosa muove gli umani e perché,

 perché gli umani si muovono, perché fanno, perché esistono in un certo senso, perché acquistano, perché inventano, perché creano perché fanno tutte le cose che fanno non c’è nessun motivo e invece lo fanno, per gioco solo ed esclusivamente e nient’altro (lo scindere il gioco dalla soddisfazione è già un altro gioco, perché nel gioco è già implicita la soddisfazione) sì, sì l’avevamo accostata alla produzione di una nuova regola (per cui mantenere in piedi questa distinzione è mantenere l’oggetto ontologico) dobbiamo risolvere la questione perché è complessa perché così potremo rispondere alla domanda che chiede perché gli umani fanno tutto quello che fanno. Va bene buon lavoro a tutti.