16-11-2005
Qual è la trama del suo intervento?
Intervento: in questo
caso l’assassino è il discorso occidentale…parlando della paura si parla di
cosa sostiene una paura e cosa la sostiene?… quello che sostiene una paura è
una credenza è una superstizione uno dei tratti della paura è che sia
assolutamente costrittiva, di fronte a una situazione che per lui è pericolosa
è minacciosa automaticamente si innesta, questa sensazione di paura… la
questione verrà sviluppata portandola alla questione della responsabilità per
cui ciò che conduce a una paura che cos’è? Un’argomentazione che attraverso dei
passaggi conclude… argomentazione che è sostenuta da alcune idee che sono
proprie di quella persona… sono le cose che sa, che ha imparato, che ha
esperito, che ha vissuto ecc.… le basi, gli elementi fondamentali, i modi di
pensare di questa persona che per lei sono assolutamente veri, sono le cose che
sa e sapendoli per il fatto stesso di saperli sono assolutamente veri e quindi
producono una certa costruzione che conducono ad attribuire un certo
significato ad una certa cosa, questo elemento che produce paura che può essere
qualunque cosa e questo elemento è assolutamente vero, vero perché si connette
ai valori fondamentali, ai principi, assiomi di questa persona… cominciare a
interrogarli questi valori, a metterli in gioco in modo che facendo questo si
possa intendere per quali motivi questi valori sono riconosciuti assolutamente
veri…
Non è semplice il suo intervento rispetto a un pubblico
che non ha mai ascoltato quello che andiamo dicendo…
Intervento: anche
perché c’è l’aspetto che volevo integrare che questa paura è qualche cosa che
il suo discorso costruisce perché produce dei vantaggi, per esempio, c’è
l’esempio dei film o degli sport estremi in cui la paura fornisce una forte
eccitazione e affezione, affezione che la paura produce come nel caso
dell’innamoramento, della droga
Sì, questa è una questione su cui insistere…
Intervento: quindi in
qualche modo la paura diventa necessaria perché producendo eccitazione è un
altro modo tra i tanti in cui la persona si produce del piacere… l’unica cosa
che impedisce a questa persona di ritenerlo tale cioè un piacere è non
sentirsene responsabile, cioè di attribuire alla paura la stessa esistenza
dell’oggetto… che ne so? Un serpente, un topo, una donna…
Paura delle donne?
Intervento: se è per
questo non ha paura neanche del serpente
Occorre tenere conto di ciò che è avvenuto negli ultimi
incontri, .poiché accade e si può verificare facilmente, che in linea di
massima nessuno capisce assolutamente nulla di quello che diciamo, pur parlando
italiano e pur utilizzando parole che grosso modo sono accessibili, ma c’è un
problema, e il problema riguarda il fatto che dobbiamo trovare un altro modo di
parlare, sempre in italiano però diverso, diverso e per fare questo dobbiamo
lavorare ancora sul funzionamento del linguaggio, perché vedete c’è un modo in
cui gli umani parlano che è singolare e del quale abbiamo già accennato ma
occorre svolgerlo ancora di più, prendete un bimbetto che va a scuola alle
medie, come mi è capitato tempo fa, parlavamo del latino forse, fatto sta che è
venuto fuori il termine “educazione” e chiesi a questo bimbetto che cosa fosse
l’educazione, non sapeva rispondere. Certo sapere dare una definizione di “educazione”
per il bimbetto può non essere semplice, cionondimeno sa usare questa, parola
tant’è che l’ha usata appropriatamente, non ha parlato di un’altra cosa, di
“deambulazione”, ha parlato di “educazione” e l’ha messa al posto giusto
all’interno della frase, come dire che sa usare quella parola ma non sa che
cosa significhi. Questione che merita di essere attentamente considerata e qui
forse Wittgenstein non ha colta la questione, il significato in questo caso
coincide con l’uso? Parrebbe di no, perché sa usarla, perché sa metterla al
posto giusto ma non sa che cosa vuol dire, ora la domanda che ci si pone è
questa: gli umani parlano così oppure no? Sanno usare, hanno imparato ad usare
dei termini cioè metterli all’interno di una combinatoria in modo tale che ci
sia un certo effetto ma non sanno che cosa significhino questi elementi che
vanno mettendo uno dietro l’altro, oppure invece sanno che cosa significano? In
alcuni casi sì, è ovvio che sanno che cosa significano, ma in molti no e a noi
interessa questo fatto, che il linguaggio continua a funzionare lo stesso pur
non sapendo il significato di questi elementi che inanellano uno dietro l’altro,quindi
sapendoli usare perché non mettono una parola al posto dell’altra, non
sostituiscono studiare al posto di mangiare, quindi sanno come si usano ma non
sanno cosa voglia dire, e questo che cosa ci induce a pensare riguardo al
funzionamento del linguaggio? Che cosa si vuole ottenere costruendo una
sequenza di elementi e quindi costruendo una proposizione e cioè elementi
coerenti tra loro, ma coerenti non è la parola giusta perché sono elementi,
quelli che sono connessi con quelli precedenti, rientrano all’interno di un
campo semantico che in qualche modo si è imparato appreso. Questa sequenza che poi si trasforma
in una proposizione, in un discorso perché viene fatta? Visto che nella più
parte dei casi non si conosce il significato, non conoscendo il significato che
cosa si costruisce esattamente? Ché è difficile che non conoscendo il
significato di alcuni dei termini che intervengono si sappia il significato del
discorso che si è costruito, cionondimeno lo si sa usare in modo più o meno
appropriato, questo pone una questione complicata, non è neanche necessario che
sia coerente nel senso che non contraddica le premesse, anche perché molte
volte le contraddice e la persona non se ne accorge, quindi se lui non se ne
accorge è come se non le contraddicesse e va avanti tranquillamente, va avanti
ma costruisce che cosa? Che cos’è questa cosa che ha costruita? Frasi del tipo
“questa cosa non esiste” provate a chiedere a quella persona se sa che cosa
significa esattamente “esistere”? Il più delle volte non lo saprà, ma cionondimeno
ha usato una parola in modo appropriato ed è una situazione piuttosto
singolare, è come se da una parte sapesse più o meno quello che sta dicendo, ma
d’altra parte non lo sapesse affatto e quando noi interveniamo per esempio in
ambito pubblico, nelle conferenze, ciò con cui abbiamo anche a che fare è
questo: è come se ci aspettassimo da parte di quella persona che ci ha rivolta
una domanda e alla quale rispondiamo che sappia di fatto, mentre sta parlando,
che cosa sta dicendo, il che non è, non soltanto non sa di che cosa stiamo parlando
noi, è che non sa che cosa sta dicendo lui, e questo rende le cose più
complicate per quanto ci riguarda perché, tecnicamente, dovremmo prima
insegnargli a parlare, prima di potere rivolgerci la domanda e questo non lo
possiamo fare, però possiamo tenerne conto. Per esempio giovedì scorso Cesare
ha dette delle cose, io le ho riprese in un altro modo, e le persone sono
intervenute come se né Cesare né io avessimo detto assolutamente niente, cosa
alla quale siamo avvezzi ma al di là di questo la questione merita di essere
considerata, la stessa persona che pone la questione non sa che cosa sta
dicendo, fa esattamente come quel bimbetto che inserisce quell’elemento
linguistico all’interno di una sequenza ma non sa il significato di
quell’elemento non se l’è mai chiesto, nessuno gli ha mai detto che ha un
significato, non vede il motivo di porsi una domanda del genere, a che scopo?
Intervento: sembra
quasi una convenzione… lui sa che è capito da chi parla con lui
Lei pensa che si ponga questo quesito?
Intervento: no, non se
lo pone però vive in funzione…
Sì esatto, funziona, l’unica cosa che possiamo dire con
certezza è che il linguaggio funziona, il linguaggio prosegue…
Intervento: se lui
parla di morale l’altro gli risponderà in merito
Intervento: come vuole,
ognuno parla a modo suo
Questo parlare senza sapere di che cosa si sta parlando
che effetti ha? Non tanto su chi ascolta, per il momento non ci interessa, ma
sulla persona che parla, che effetti ha? Cioè che cosa succede dopo che ha
detto qualcosa? Che cosa succede in lui? Perché è costretto dal linguaggio di
cui è fatto a concludere in un modo che risulti vero nell’ambito di quel gioco,
certo non lo sa, questo ma è costretto a farlo lo stesso, non può non farlo
quindi apparirebbe, così d’acchito, che questa sequenza di elementi siano messi
uno dietro l’altro per costruire un discorso al solo scopo di potere concludere
con qualcosa che appare essere vero, visto che non sa di che cosa sta parlando
è come una combinazione di elementi per lo più sconosciuti che però alla fine
deve dare un certo risultato, e cioè apparire vero, ma forse neanche questo
poiché qualunque cosa uno dica per il solo fatto di averla detta generalmente è
creduta vera, risulta essere vera, per il solo fatto che è stata detta, questo
per una sorta di addestramento cui ciascuno è stato sottoposto, ma se una
persona dice una cosa la si considera vera fino a prova contraria, però
d’acchito appare vera, se la dice è perché è vera…
Intervento: se la dice
la fa esistere
Certo, esiste e quindi è vera. Dovremmo precisare
qualche cosa che abbiamo detto in varie circostanze: non è che il discorso, il
linguaggio costruisca una proposizione che occorre che risulti vera, certo se
risulta vera è meglio, ma non è necessario neppure questo al suo funzionamento,
poiché è sufficiente che sia espressa, che sia detta, che sia pronunciata per
essere vera, è automaticamente vera, cioè esiste, è vera, è così, l’ho detto e
quindi è così e funziona così, in questa maniera nessuno ha la necessità di
chiedersi che cosa in realtà sta dicendo, per questo incontriamo così tante
difficoltà quando spieghiamo alle persone delle cose, perché non sanno nemmeno
loro quello che loro stessi hanno detto, potete immaginarvi se intendono quello
che diciamo noi…
Intervento: è sempre un
imporsi anche quando si parla così sereni un imporre… non c’è una verità che si
impone da sé
Sì, viene detto talvolta che è una mia opinione, si dice
generalmente “secondo me”, però questo “secondo me” dice che è così, che ho
ragione io, anche quando si insegna ai bimbetti e loro imparano varie cose alle
elementari, alle medie, al liceo, alle università etc. come avviene tutto
questo? Perché lì c’è una verifica ma la verifica non è mai rispetto a un
discorso in quanto tale ma a ciò che è in discussione, ma non il discorso in
quanto tale poiché lo si prende in blocco e si verifica se corrisponde una
certa cosa oppure no, ma i singoli elementi di cui è fatto è come se…
Intervento: prendendo i
singoli elementi e cercando di intendere che cosa effettivamente significa ogni
elemento c’è una sorta di arresto nel discorso, la sensazione è questa che
parlando occorre dare per scontato un certo significato e se si comincia a
interrogare ogni elemento non arrivi alla fine perché ogni elemento apre
all’infinito
Intervento: non arrivi
all’obiettivo
Intervento: non arrivi
alla fine della frase
Intervento: l’obiettivo
non è quello di avere ragione?
Non è questo non è che una persona compia questa
operazione ininterrottamente, così come avviene come effetto di un percorso
analitico, non è che la persona si ponga delle domande rispetto a qualunque
cosa lo circondi, perché in questo momento sto vedendo quell’accendino? Lo vedo,
che importanza ha? Però c’è la possibilità di farlo, e questo che distingue
un’analisi da ciò che analisi non è, la possibilità di farlo all’occorrenza
mentre altri questa possibilità non ce l’hanno e questo ci porta ancora un
passo oltre per intendere di che cosa è fatto il linguaggio, e torniamo a un
vecchio gioco, antichissimo, quello del dizionario che adesso possiamo
considerare forse in un altro modo. Dicevamo moltissimo tempo fa: uno prende
una parola una qualunque: cane – mammifero –quattro zampe, coperto di pelo,
taglia media etc., ma ciascuna di queste parole a sua volta rinvia ad altri
significati, animale per esempio apre a essere vivente, mammifero di una certa
specie, fatto in un certo modo etc., ciascuna di queste parole poi può essere a
suo volta cercata sul dizionario. Se uno dovesse compiere questa operazione
ovviamente si trova all’interno di un rinvio, ma la questione è che non è infinito,
è finito, perché i numeri di termini all’interno di un dizionario è finito, ci
sono circa 150.000 parole all’interno di un dizionario, che sono già un bel
numero e la più parte delle quali sono sconosciute, basta che ciascuno di voi
apra un dizionario a qualunque pagina e vede quante parole conosce e quante no,
il numero di parole sconosciute sono superiori a quelle conosciute anche perché
molti sono termini tecnici dei quali importa assolutamente niente a nessuno, ma
cosa comporta questo? Che ciascuna parola si scompone in altre che rinviano ad
altre come se il tutto fosse sostenuto unicamente su rinvii, nient’altro che
rinvii e il significato di una parola non è costituito da nient’altro che da
rinvii, rinvii, e altri rinvii. Ora torniamo alla questione da cui siamo
partiti e cioè una persona che conosce l’uso di una parola ma non ne conosce il
significato, cioè non conosce tutti gli altri rinvii possibili, tuttavia la sa
usare, cosa comporta una cosa del genere? È una questione complicata, però in
ogni caso sappiamo che il linguaggio non è nient’altro che una serie di rinvii,
una continua serie di rinvii, nient’altro che questo, si sostiene su questo e
il linguaggio è fatto di questo: ciascun elemento essendo un elemento
linguistico è tale proprio perché rinvia ad altri, se non rinviasse non
apparterrebbe al linguaggio…
Intervento: se non
passasse da un elemento ad un altro senza concludere è come se non trovasse la
sua definizione
Certo, in effetti di fatti la definizione di “cane”
all’interno del dizionario è conclusa, è finita, è terminata sono tre o quattro
parole e bell’e fatto…
Intervento: ma il
dizionario non è il discorso
No, tuttavia adesso ci stiamo interrogando sul
funzionamento del linguaggio, su che cosa lo fa funzionare e dicevamo che è una
serie di rinvii continui, ininterrotti, sostenuti da nient’altro che da altri
rinvii ancora, non c’è nient’altro che questo, solo rinvii, rinvii da elementi
linguistici ad altri elementi linguistici, non c’è nessun arresto, quello che
appare un arresto in realtà apre ad altri rinvii, esiste perché ci sono altri
rinvii se no non sarebbe niente, poi è ovvio che all’interno di un discorso ci
si ferma e ci si ferma dove si vuole, però il funzionamento del linguaggio è
sostenuto soltanto da rinvii, nient’altro che questo, e cioè ciascuno di quegli
elementi di cui è composto il dizionario è fatto di rinvii infiniti all’interno
di un sistema finito. Insomma una quantità sterminata di elementi supportati da
quelli precedenti e così via, ciascuno si supporta sugli altri, una cosa che è
costruita su rinvii ma che appoggia su niente, non c’è nulla su cui appoggia in
realtà sono solo rinvii, connessioni di un termine con gli altri e tutto è
retto da questo, e il significato è soltanto una connessione di elementi legati
l’uno all’altro, questa connessione è quella che forma una frase, una
proposizione, un discorso, una storia ma tecnicamente è anche possibile
costruire un discorso senza conoscere il significato di nessuno degli elementi
ma semplicemente sapendo come vanno in relazione, come può accadere d’altra
parte, si insegna anche così al bambino: si mettono i cubetti, il cubo, il
triangolo, il parallelepipedo…
Intervento: Agostino
quando si chiedeva che cos’è il tempo che non sapeva che cos’era ma lo
utilizzava in modo corretto… il fatto di inserirlo al posto giusto all’interno
di una frase fa sì che questo elemento sia familiare
Certo, l’ha imparato…
Intervento: (l’ha
imparato sì ma a questo punto che cos’è che ha imparato?
Questo può accadere ma il più delle volte lo usa anche a
proposito. Dunque come si fa ad insegnare il linguaggio a un bambino? Così come
si programma un computer grosso modo: questo è un accendino, questo è un registratore
etc…
Intervento: se deve
insegnare il termine morale o il termine religione ecc. è diverso
No, ci vogliono soltanto un numero maggiore di passaggi:
la morale = bene/male, schiaffo = male, carezza = bene poi si applicano questi
concetti a qualche cosa che va al di là della sensazione fisica, a un
comportamento, a un gesto: un sorriso è bene, un verso è male, sì/no, è tutto
programmato così, e in questo modo…
Intervento: rifacendo
un po’ il discorso di Wittgenstein quando parlava di mattoni
Fino ad un certo punto, ma la questione è che si insegna
a parlare esattamente come si programma una macchina, si immettono degli
elementi e si insegna che relazioni hanno: questa relazione sì, questa no,
questa sì, questa no, nient’altro che questo. È per questo che si parla, accade
di parlare dalla più parte delle persone così come un computer svolge un suo
programma, non sa di che cosa sta parlando, cos’ come il computer non sa che cosa
sta facendo esattamente, esegue, mette insieme degli elementi secondo le
relazioni…
Intervento: a questo
punto vero e falso è relazione possibile e relazione impossibile?
Come abbiamo detto in alcuni casi sì, accesso consentito
e accesso negato…
Intervento: che cosa mi
fa dire per esempio che Bin Laden…, anche questo
l’ha imparato
È una serie di passaggi terminata direi, ed è abbastanza
facile anche da decostruire e anche da programmare: se una persona uccide delle
persone che non sono colpevoli di reati, questa persona è cattiva, una persona
ha fatto questo? Sì. Questa persona è cattiva. Se questa persona è cattiva
allora bisogna impedire a questa persona di nuocere ad altre persone innocenti,
come glielo si impedisce? Gli si taglia la gola oppure lo si arresta, tagliare
al gola non è consentito per una serie di altre regole quindi si arresta e così
via. Tutto questo discorso per mostrarvi come sia assolutamente possibile
parlare senza assolutamente sapere di che cosa si stia parlando, così come una
macchina costruisce proposizioni, costruisce mentre voi digitate dei tasti ma
non sa assolutamente di cosa state parlando, sa eseguire, sa mettere delle cose
in relazione perché gli è stato insegnato ma non sa che cosa sono queste cose
eppure le sa mettere in relazione perfettamente…
Intervento: questo dove
ci porta? Nel senso come modificare… questo ci procura un’ulteriore difficoltà…
A questo punto far presente come parlano gli umani al pubblico? Una sorta di
deficienti?
Non necessariamente, dobbiamo prima intendere noi bene
come funziona il linguaggio in modo da potere trarre delle conclusioni utili…
Intervento: il discorso
della paura viene utilizzato ma non si sa che cos’è…
Sì, basta chiederle: ha paura, cioè ha che cosa
esattamente? “Ho paura” è l’unica cosa che rispondono perlopiù, ma non sa dire
che cos’è…
Intervento: in effetti
il lavoro dell’analisi dovrebbe aprire a qualche cosa in più… far dire qualche
cos’altro per fare in modo che questa paura si agganci ad altri significanti,
altri termini… ciascuno essendo nella possibilità di poter operare il maggior
numero di rinvii non è obbligato a compiere sempre quel determinato rinvio
Intervento: al di fuori
di un percorso psicanalitico è possibile parlare di linguaggio… è quello che
proviamo a fare tutti i giovedì sera…
Intervento: la
codificazione della significazione… il rinvio determinato nel discorso
occidentale
Sì, come lo dà la scuola, allo stesso modo, questo per
dire che dobbiamo lavorare ancora molto sul funzionamento del linguaggio prima
di intendere in che modo dobbiamo modificare il modo di parlare, ché sarà
questo a modificare il modo di parlare: la conoscenza del funzionamento del
linguaggio in modo molto più approfondito di quanto sia stato fatto fino adesso,
perché è con questo che abbiamo a che fare ché non sanno assolutamente di cosa
stanno parlando mentre parlano…
Intervento: sensazione
di rifiuto, reazione difensiva da parte…
Forse è ancora al di qua di una difesa, per difendersi
occorre almeno sapere da che cosa ci si difende in genere, no, ci sono
semplicemente le istruzioni per intendere l’utilizzo di proposizioni e quindi
rimangono lì…
Intervento:…
Sì, per questo si usava la retorica e per questo abbiamo
fatto anche esercizi di retorica, per dimostrare la situazione paradossale
certo, questo ha la funzione di attirare l’attenzione: la persona si trova di
fronte a qualche cosa che la sconcerta, che però riconosce e rimane sconcertata
e quindi abbiamo catturato la sua attenzione, tutto qui, non abbiamo fatto
niente di più però a questo punto occorre che l’attenzione venga messa a frutto
e per metterla a frutto…
Intervento: anche quel
lavoro di dimostrare il non senso di certe questioni però non veniva colto il
non senso… come si può articolare… la persona dice solo
“ho paura”
Verrebbe da domandarsi come fa ad avere paura se non sa
che cos’è la paura. Sa usare la parola ma non sa che cosa significhi, questa è
la questione…
Intervento: riconosco
la mia paura se è una fobia se contrasta con il senso comune
Intervento: non ci
sarebbe neanche la differenza se no
Ma è ancora più bizzarro non sapere che cosa sia la
paura, provare paura ma non sapere che cosa sia, perché di fatto se uno glielo
chiede che cos’è non sa, però continua a dirlo…
Intervento:…
Certamente, ci sono molte persone che sanno definire la
paura, ma sto dicendo che anche quelle che non lo sanno che cosa sia comunque
usano questo termine, sanno usare questo termine come il bimbetto…
Intervento: infatti il
bambino la impara subito la paura
Intervento: il termine
come strumento, non è il linguaggio ma il termine nel senso che serve a una
certa cosa
Dobbiamo pensarci bene perché una questione del genere
potrebbe aggiungere molte cose a quelle che già sappiamo. Ci penseremo questo
inverno che sta arrivando. Ci vedremo domani sera.