10-2-2000
Stiamo ponendo la questione religiosa, occorre
affrontarla. L’altra volta abbiamo detto che tutto ciò che non è il pensiero
che stiamo costruendo è il discorso religioso, cioè in definitiva tutto ciò che
sostiene che esiste qualcosa fuori dalla parola, in altri termini ancora
qualunque proposizione che necessariamente si autocontraddice, questa è una
proposizione religiosa, si autocontraddice perché immagina che ci sia qualcosa
fuori dalla parola e ponendo questo si autocontraddice. Ci stavamo interrogando
su come funziona il discorso religioso e cioè come accade di pensare una cosa
del genere e quali elementi sostengano un pensiero del genere. Martedì dicevo
della necessità di credere, di credere qualunque cosa ma in sostanza che
qualche cosa sia fuori dal linguaggio, cioè che ci sia una sorta di realtà, la
realtà è considerata appunto ciò che è fuori dal linguaggio, almeno così
funziona e ci si interrogava su ciò che costringe a pensare una cosa del genere
cioè scusate cioè avere la necessità di credere che esista una cosa del genere…
pensate a come funziona il linguaggio. Come funziona ciò che il linguaggio
costruisce cioè le proposizioni, c’è nella struttura del linguaggio una sorta
di identità che è espressa generalmente dal verbo essere, ora il linguaggio
costruisce qualche cosa e quindi una volta che l’ha costruito questa cosa
esiste, esiste in quanto ha costruito anche la proposizione che afferma che
esiste e ha costruito tutte le proposizioni che denotano quest’altra proposizione
che afferma che qualcosa esiste, ora a questo punto ha creato un qualcosa che
esiste, che c’è, e c’è perché il linguaggio ha costruito proposizioni che
consentono di affermarlo, la sua logica, la sua grammatica, la sua sintassi lo
consentono, sono soltanto queste proposizioni come dei programmi che fanno
delle operazioni, tutte le proposizioni o i discorsi non sono altro, potete
pensarli così, per avere un riferimento visivo, dei programmi che eseguono
delle operazioni nient’altro che questo, dunque una proposizione che afferma
che x esiste è un programma che compie un’operazione, e cioè mette da una parte
una x e poi costruisce una proposizione che afferma che questa x esiste,
naturalmente fornisce anche altri programmi che sono necessari e cioè programmi
che consentono di costruire delle altre proposizioni che possono fare
funzionare le precedenti, così come funziona un programma qualunque, dicevamo
tempo fa c’è un sistema operativo e poi vari applicativi quindi tutto ciò non
sono altro che stringhe di proposizioni costruite a partire da regole ed da
altri programmi che le fanno funzionare, e fin qui grosso modo il funzionamento
è quello di un calcolatore, però, però c’è un elemento che si aggiunge che i
calcolatori ancora non possono fare, lo faranno, è possibile, e cioè la
possibilità sempre una procedura linguistica del linguaggio di costruire nuove
proposizioni a partire da altre proposizioni. Questo è importantissimo sia per
il funzionamento del linguaggio, sia per il discorso religioso perché questo
supporta la credenza che, corrobora la credenza che qualcosa ci sia, qualcosa
c’è, io sto parlando e dunque ci sono, direbbero i più, inferenza un po’ sui
generi però funziona, perché funziona? Abbiamo visto che il linguaggio consente
di costruirlo, e consente di costruire una proposizione alla quale sono
connesse altre o quantomeno altre le permettono di funzionare, se io dico che
io esisto allora, ci sono altre proposizioni che funzionano, come dire allora
io sono da qualche parte e quindi esisto da qualche parte, quindi ho un volume,
un peso, tutta una serie di storie, e quindi… (c’è mia sorella… l’esistenza di
mia sorella) no per molti no, io potrei non esistere ma tutto il resto
esisterebbe… ma adesso andiamo avanti. Dunque il fatto che io affermi che
esisto si porta appresso tutta una serie di considerazioni che non sono altro
che altre proposizioni che fanno funzionare questa teoria, enunciato tutto ciò
potrà apparirvi un po’ macchinoso nel senso che è il funzionamento di una
macchina, e fino a qui in effetti non c’è nessuna differenza, funziona
esattamente come una macchina, ma la macchina come dicevo, per il momento non
può pensare se stessa, non ha questo programma, solo per questo motivo, non è
programmata per farlo o se lo fa, lo fa entro limiti molto stretti, invece il
linguaggio ha questa capacità di pensare se stesso, come dire, come dicono i
linguisti di creare un metalinguaggio, un metalinguaggio non è altro che un
linguaggio che parla di se stesso, nient’altro che questo. Cosa comporta questa
operazione che è sempre consentita dal linguaggio? il linguaggio lo può fare
perché può costruire proposizioni che hanno per oggetto qualunque cosa, ciò che
il linguaggio stesso afferma che esiste o che non esiste, io posso parlare di
un cerchio quadrato anche se non esiste, è una contraddizione in termini, ma ne
posso parlare, posso affermare che esiste qualcosa fuori dal linguaggio pur
contraddicendomi però lo posso fare, dunque il linguaggio può parlare anche di
se stesso cioè pone il linguaggio come un oggetto, questo come dicevo prima le
macchine non lo possono fare, dico questo perché distinguo le macchine, noi lo
possiamo fare, loro no, abbiamo questo programma in più, distinguo anche dagli
animali parrebbe ma è un discorso che ci interessa poco, cosa fa il linguaggio
che parla di se stesso? Innanzi tutto compie una doppia operazione, la prima è
quella che il linguaggio così come è strutturato può costruire affermazioni che
qualcosa esiste, la seconda è che non soltanto qualcosa esiste ma lui stesso
esiste, come dire che si pone di fronte a se stesso e afferma di sé che lui
esiste, può farlo per qualunque cosa e quindi anche per sé, a questo punto
abbiamo un programma molto complesso con chiaramente una infinita quantità di
variabili, però se tutto ha funzionato in modo così lineare come vi ho
tratteggiato non sarebbe mai esistito il discorso religioso, no, cioè gli umani
saprebbero perfettamente di esistere in base al linguaggio, perché tutto ciò
che considerano esistente, non potrebbero non pensarlo esistente perché esiste
il linguaggio che consente loro di farlo, se tutto fosse proceduto in modo
lineare come descritto, se così non ha funzionato è perché si è aggiunto un
ulteriore elemento, un virus….un virus adesso vi faccio questa novella: avete visto
un film che si chiama Nirvana? Vi dico perché può esserci utile per questa
novella che vi faccio questa sera, bene, vi racconto molto brevemente
l’essenziale che possa consentirvi di intendere ciò che seguirà, questo film
racconta di un tizio che fa il programmatore, il quale costruisce dei giochi
per il computer, giochi chiaramente sofisticatissimi, dove i personaggi sono
umani, avvengono cose umane come nei film, i videogiochi non sono ancora così
perfezionati, fatto sta che ad un certo punto uno dei personaggi, dei suoi
personaggi che sta costruendo per una ditta di software, comincia a chiedersi
ma io chi sono? “tutto questo mi sembra strano, queste scene le ho già vissute
ecc.. “chiaramente il programmatore è sorpreso da una cosa del genere, lui non
è programmato per farsi queste domande e allora fa passare un antivirus, il
quale rileva la presenza di un virus, il quale virus cosa fa? Fornisce ai
personaggi del suo videogioco una sorta di autocoscienza, a questo punto
cominciano a pensare a se stessi, a causa di un virus, in questo caso, parlavo
del discorso religioso come effetto di un virus, in questo caso possiamo
raccontarla così, qualche cosa è intervenuto, lo abbiamo chiamato virus a fare
in modo che ciascuno cominciasse a pensare di sé di esistere al di fuori di ciò
stesso che lo fa esistere, cioè il linguaggio, ora come può essere fatto questo
virus? Tenendo conto di quanto detto prima possiamo considerare che questa
serie di proposizioni infinite che il linguaggio produce, abbia prodotto, o possa
produrre una proposizione che afferma “io esisto per me stesso” per esempio,
proposizione che è autocontraddittoria, la matematica se ne è accorta di una
cosa del genere, soprattutto con Gödel perché la matematica costruisce infinite
proposizioni ma non può contenere quella che afferma che la matematica è
autocontraddittoria per esempio, non la può contenere se no tutto il sistema è
autocontraddittorio, quindi una proposizione del genere non poteva essere
prodotta, cioè poteva ma in quanto autocontraddizione, una proposizione che
afferma che io esisto fuori dal linguaggio in quanto autocontraddittoria
teoricamente non potrebbe sostenersi, se tutto fosse filato liscio, questa
proposizione sarebbe stata considerata un’autocontraddizione e quindi inutilizzabile
e invece no, non è stata considerata autocontraddittoria, c’è un modo in cui
una cosa del genere può funzionare, un modo ve l’ho illustrato giovedì scorso,
occorre che la premessa maggiore di tutta una serie di sillogismi venga
cancellata. In effetti pensavo proprio l’altro giorno è sufficiente cancellare
questa premessa maggiore e tutto il sistema diventa un sistema religioso, come
se la novella del virus, questo virus avesse cancellato la premessa maggiore,
il virus può cancellare dei dati in un programma, fa prevalentemente questo, ha
cancellato la premessa maggiore a questo punto rimane che cosa? la minore e la
conclusione ma senza la premessa maggiore non sono verificabili, non è
verificabile la conclusione, se la conclusione non è verificabile allora cosa
vuol dire? O è falsa oppure è vera ma io non lo so, però a questo punto non
essendoci più la premessa maggiore qualunque proposizione rischia di essere
inutilizzabile, tutte, se io voglio continuare a poter utilizzarle è necessario
che io creda che la premessa maggiore sia vera e senza saperlo, esattamente
così funziona la religione, ora ovviamente vi ho raccontata una novella,
utilizzando questa metafora del virus però, però fino ad un certo punto può
essere utilizzabile una cosa del genere, perché funziona così anche
retoricamente, tagliate via la premessa maggiore e la conclusione rimane non
provabile ovviamente e non essendo provabile esige un atto di fede per potersi
credere, se no non si crede né quella né nessun altra, non potendo stabilire che
nessuna proposizione è vera allora avviene qualcosa di molto simile a ciò che è
avvenuto con la crisi dei fondamenti, ma è avvenuto in ambito molto ristretto
poi nella realtà non è stato così, nessun fondamento si è mosso da dov’era,
perché la paura che fa compiere questo atto di fede è che non sia più possibile
parlare, se tutte le proposizioni non sono né vere né false allora non è più
possibile parlare, perché dicevamo tempo fa il vero non è altro che uno shifter
che dà una direzione verso la quale proseguire, falso non indica nient’altro
che la direzione che non può essere proseguita perché non porta da nessuna
parte e quindi se non c’è il vero o il falso allora non è possibile andare da
nessuna parte e quindi non è possibile proseguire a parlare e allora occorre
che ci sia il vero se no io cado nel nulla, e il vero anche se non lo posso
provare io credo che ci sia, ecco perché la religione aiuta a vivere tali altri
no, questa che io chiamavo allegoricamente, metaforicamente come un virus
ovviamente va inteso in modo più preciso perché non è che sia arrivato un
qualcuno e abbia inserito un virus nel programma, ma diciamola così adesso
perché diciamo una novella questa sera ma è come se il linguaggio stesso
producesse il virus, lo produce, il lavoro che abbiamo fatto, questa sera
diciamo novelle, il lavoro che abbiamo fatto in questi anni è costruire un
antivirus, per usare sempre metafore informatiche, abbiamo inventato un
antivirus. Ricordate che tempo fa ci si chiedeva se era insito nella struttura
del linguaggio qualcosa che attenesse il discorso religioso? difatti non
abbiamo mai risposto in modo adeguato e preciso a questa domanda, prima si
diceva di sì e poi di no, in effetti è molto difficile stabilire… (lei diceva
appunto che il linguaggio può pensare se stesso… nel linguaggio la produzioni
di proposizioni è infinita e quindi è contemplata la proposizione che riguarda
se stesso, laddove in un qualunque programma questo è escluso) non del tutto,
però è molto limitata, ci sono programmi che verificano i loro programmi, il
programmino che si chiama scandisk è qualcosa che pensa se stesso, cioè si
esamina, no la questione è che lui quest’altro programma non può pensare se
stesso, non può esaminarsi (però esiste già nel linguaggio questa funzione,
questa possibilità, il fatto stesso che esista il metalinguaggio è linguaggio)
certo il linguaggio può pensare se stesso ma non è tanto questa la proposizione
che indicavo programmatrice del pensare religioso quanto la proposizione che
afferma che io sono fuori dal linguaggio che è autocontraddittoria, il
linguaggio che pensa se stesso non è autocontraddittorio, funziona benissimo,
mentre questa lo è, ed è questa che è a base del fondamento del pensare
religioso, di qualunque struttura religiosa (come se ci fosse una sorta di
circolo vizioso, come se questa proposizione tornasse indietro e quindi) per
riprendere la sua metafora non ha potuto più tornare indietro cioè la funzione
ricorsiva si è bloccata, non è potuta tornare indietro e quindi la premessa
maggiore è scomparsa dalla circolazione, non c’è più stata, non essendoci più
stata (più che questo continua ad andare avanti e indietro nel senso che
continua ad andare indietro ma è come se avesse perso il comando. La premessa
maggiore è il comando perché è quella che governa la direzione… perdendo il
comanda gira a vuoto… è come se il programma saltasse… perdendo il comando è
come potesse fare qualsiasi cosa e quindi fa nulla) il computer si blocca,
bisogna spegnere e riaccendere cioè lui compie un’operazione poi torna al punto
di partenza dove cerca l’ordine non la trova più e va da un’altra parte, non la
trova e il computer si blocca, gli umani no, cioè si bloccano lo stesso, in un
certo senso, continuano a girare, ma si blocca il pensiero (nel discorso
religioso il comando è unico mentre il linguaggio pone una infinità di
domande…) la volta scorsa ho chiesto se nessuno sapeva programmare in Java e
nessuno sapeva programmare, ora noi stiamo programmando, riprogrammando il
linguaggio, in effetti abbiamo fatto un’operazione del genere, abbiamo
riprogrammato in modo da poterlo utilizzare, da fargli rivedere il punto di
partenza, adesso l’ha visto e lui continua ad andare e tornare continuamente,
senza problemi e funziona perfettamente (il linguaggio cerca la sua autoreferenzialità)
sì funziona ricorsivamente, lui sa dove deve andare se io vado dal panettiere
so che deve andare in un certo posto e chiedere una certa cosa però fra le
funzioni fondamentali riguardo al suo funzionamento, alla sua struttura è come
se il punto di avvio si fosse perduto, non funzionasse più e allora non sa più
dove andare ed ecco che allora è costretto a cercare da altre parti, dio, la
madonna etc. che sono cose che lui ha costruito ovviamente (la questione del
vero è falso… perché cerca in altre direzioni però trova il falso) sì trova
comunque qualcosa che non può porre in modo definitivo come punto di partenza e
rimedia a questo punto con l’atto di fede (allora il vero ha una sua valenza
perché se il programma salta se cioè cerca il comando ma lo cerca altrove
ovviamente questo programma che non trova ha la funzione di vero, uno shifter
allora ad un certo punto nel linguaggio c’è qualcosa che funziona come vero) sì
e non è casuale che da quando esistono gli umani cercano il vero, la verità, l’assoluto
(è interessante porre la questione del vero in questi termini parrebbe in un
certo senso che esista questa rappresentazione che esista qualche cosa che
funziona come vero ed è esattamente quello che permette a questo programma di
svolgersi, di svolgere tutte le operazioni…) la verità in questo caso non è
nient’altro che un passaggio logico cioè ciò che il linguaggio stesso in nessun
modo non può negare (ma la verità nel discorso religioso funziona come origine,
perché ciò che cerca tutto sommato è l’origine comunque il fondamento… anche
nel linguaggio è ciò da cui prende avvio) sì è ciò che consente che qualunque
altra sia corretta (nel linguaggio come funziona tutto questo? nel linguaggio
la stessa verità come la possiamo chiamare?) come l’unica proposizione non
autocontraddittoria, qualunque altra è autocontraddittoria (si tratterebbe… di
trovare quella proposizione che altre proposizioni non mi permettono di fare,
cioè di costruire l’infinito delle proposizioni… se per esempio credo in dio mi
permette di costruire solo certe proposizioni dall’altra in un discorso non
religioso posso costruire tutte le proposizioni che voglio, questa è la
differenza) la questione è che se io pongo dio come input originario qualunque
proposizione che nega l’esistenza di dio allora è necessariamente falsa (o
blocca il programma un’altra volta) sì certo, in generale viene considerata
falsa però (lì si ferma perché dice di lì non puoi proseguire) anche il
discorso più logico, più ferreo ha delle limitazioni in quanto esclude l’uscita
dal linguaggio, l’intoppo è che ponendo dio al posto dell’input originario
chiaramente si pone sì, funziona tutto allo stesso modo solo che questo input
originario non può essere in nessun modo provato, è creduto ma non provato, per
cui ecco che rimane una cosa campata per aria, però se c’è l’atto di fede
funziona effettivamente perché qualunque altra proposizione che escluda quella
originaria è falsa (in questo discorso l’input viene da dio impedisce che cosa?
la proposizione che dio pensa se stesso?) no, impedisce che dio non esista. (sì
sono d’accordo però questo è già un passo successivo, cioè nel senso che è come
se l’input originario del linguaggio è qualche cosa di permette anche di
lavorare sul linguaggio per esempio, dio non mi permette di lavorare su dio)
no, perché anche in questo caso la premessa maggiore rimane assolutamente vaga,
incerta, nessuno ha mai provato l’esistenza di dio… (faccio un disegnino: se
questo è l’input originario dio, parto di qui e arrivo fino a qui, ritorno sempre
a dio, quindi c’è qualche cosa che chiude in qualche maniera… cioè dio mi
permette solo un certo percorso, questo premessa maggiora chiamiamola A, mi
permette di proseguire all’infinito questo percorso tornando comunque e sempre
qui perché ovviamente ogni passaggio comporta un ritorno che mi dia l’input di
andare avanti a fare quel pezzettino in più… (ma ritorni a qualcosa che è
negabile) sì ma io sto parlando di A che non è dio) è la proposizione che non è
autocontraddittoria (adesso è tanto per chiarirci le idee (è già inventata
questa proposizione) siamo d’accordo ma dev’essere una proposizione in qualche
maniera perché… “nulla è fuori dalla parola” per esempio io ho questa
difficoltà che non risolve la questione) che poi la formulazione precisa, assolutamente
precisa, suona così “qualunque cosa è necessariamente nel linguaggio” e quindi
un atto linguistico, qualunque cosa perché se noi la poniamo come negazione
“nulla è fuori dalla parola”… (cioè intendo dire in questo mio discorso ci devo
far entrare questa proposizione, ma mi deve far capire che sto trovando una
struttura logica in questo disegno, al momento questa cosa io posso prenderla
per vera, è vera non è negabile ma è come se mi mancasse il pezzettino per
intendere questa struttura logica, ben chiara in mente… devo trovare un modo di
dirla in un altro modo che mi sia in questo disegno, rappresentativa di tutto,
cartesianamente, la struttura… la mia preoccupazione è questa, per questa cosa
devo trovare il modo perché l’interlocutore qua davanti capisca ciò che sto
dicendo) questo è un altro discorso ancora (prima però devo capirlo anch’io
bene) la pone in termini logici, per la logica la cosa essenziale è ciò che è
necessario, ciò che non può non essere, questo è il fondamento della logica, il
fondamento logico, ciò che non può non essere (per tutto il discorso che
abbiamo messo in piedi questo è necessario) e poi da lì la logica prosegue per
cercare un criterio che consenta, la logica lo pone così in termini teorici,
supponiamo un x e che questa x sia necessaria, non l’ha mai trovato, l’ha
supposto, però ha proseguito poi correttamente, se questo è x e se questo x che
è necessario allora per costruire una proposizione necessaria devo proseguire
in questo modo, modo assolutamente ineccepibile, il problema che x necessario è
sfuggito (x è necessario va bene qualunque cosa) sì non è questo il problema
nella logica, la logica il problema lo ha incontrato quando ha dovuto provarlo
è qui che si è inceppata (mi viene il sospetto che qualunque cosa metta al
posto della x non cambia assolutamente la questione) logicamente si poi è
chiaro che nel luogo comune avviene così, viene messa qualunque cosa al posto
della x, qualunque cosa e il suo contrario, per la logica no, perché se lei
dice che x è necessario, la logica le chiede perché? E tutto ciò che afferma
deve essere provabile o quanto meno, possibilmente non negabile (è
necessario??) eravamo partiti dalla logica cosa chiede la logica, cosa muove la
logica? cercare di stabilire che x è necessario, ci ha provato per un tot
numero si secoli e poi ha abbandonato la ricerca e si è dedicata unicamente
alle procedure che seguono da questo x è necessario, poi che cosa sia questo x
l’ha lasciato perdere, perché non l’ha trovato (l’ha lasciato perdere però si è
affidata al calcolo delle probabilità) la logica non si occupa del probabile,
la scienza sì, il luogo comune sì, ma la logica no, semplicemente lo pone, in
prima istanza poi, che esista o no per la logica (mi arrovella) (la ricerca
della verità) no, non la ricerca della verità, ché se fosse la ricerca della
verità allora posso fermarmi su qualunque punto) è chiaro può sostituire
qualunque cosa (qui il discorso secondo me è porre questa proposizione) in modo
tale che sia immediatamente comprensibile (comprensibile, non comprensibile
perché lo è già ma comprensibile il percorso, io dico che questo è necessario
perché si possa intendere la struttura, cioè io posso dire ma quello che è
importante intendere è la struttura cioè è come quando si fa un’analisi non è importante
capire la questione della fantasia originaria, cioè trovare il fondamento cioè
la proposizione di partenza, quello che è importante è trovare sì la fantasia
originaria, ma tanto te la dice con il suo linguaggio di adesso, con tutta una
serie di elementi che sono intervenuti, insomma che non sono più quelli, e
questo anche in una analisi è reperire una struttura di discorso) (secondo me
in una analisi quello che importa è la decisione che interviene sulla fantasia
primaria cioè ad un certo momento uno dice è questa la fantasia a quel punto
l’analisi, il suo spasmodico cercare si affloscia, l’analisi comincia. Certo è
difficile si ponga la decisione che sia quella, il percorso riguarda questa
decisione o responsabilità) (io posso ad un certo punto dire che è questa la
fantasia originaria, dio… (a cosa serve?) infatti non serve sapere la fantasia
originaria, della quale non avresti mai la prova…) intendere la struttura e poi
intendendo la struttura, essere inevitabilmente portati a concludere che l’input
originario non può essere altro che quello” una cosa del genere? (sì, anche se
la cosa mi lascia un po’ perplesso perché io parlo ma poi ritorno anche su
quello, sì intendere la struttura ma da una parte non si intende neanche la
struttura se non c’è qualcosa da cui partire, è difficile) sì è una storia che
abbiamo già seguita in parte e cioè costringere a riflettere intorno al fatto
che per potere affermare qualunque cosa è necessario un punto di partenza e
questo punto di partenza occorre che sia necessario, altrimenti tutto ciò che
ne segue è assolutamente arbitrario, e se volete in due parole ma è una strada
già percorsa in parte, certo, si può ripercorrere ovviamente (quello che
ritengo interessante è intendere in termini di funzionamento, l’esigenza primaria
è che questa struttura funzioni, il falso non la fa funzionare, il vero la fa
funzionare, però è come se il vero fosse la possibilità di dare un input
corretto) sì c’è qualcosa che dice di interessante per quanto riguarda anche
una divulgazione di un pensiero del genere, il fatto che il vero faccia
funzionare una struttura e il falso no, se io penso una cosa che è falsa, la
struttura non funziona e il non funzionamento lo riscontro nel fatto che sono
insoddisfatto, inadeguato ho tutti gli acciacchi di questo mondo, per esempio,
forse ho inteso? (per me la struttura è questa, quando uno si accorge che
qualche cosa è falso che cos’ha? Ha quel momento in cui si ferma a riflettere,
è un po’ come se ritornasse su i suoi passi e dicesse dov’è che ho sbagliato,
qual è la direzione che ha preso e che non andava bene, questa ricerca che c’è,
è un po’ come un tornare indietro sui suoi passi per ripercorrere questa
direzione che l’ha portato fino a lì perché ha inteso che c’era qualche cosa
che non andava, che è poi il comportamento del nevrotico e di colui che è
perfettamente a posto, però in effetti c’è un qualche cosa che funziona e che
dà la via, dà avvio alla struttura) da avvio in che senso? (la struttura prende
avvio da qualcosa, mi viene in mente che non può non essere nel linguaggio
stesso, comunque ciascuno non può non essere nel linguaggio da sempre, è un
qualche cosa che ritorna su se stesso a meno che non ci sia un vizio di
ragionamento) sì però questo vizio deve essere situato all’interno della struttura
del linguaggio, anche per esempio il fatto di pensare che ci sia un avvio può
in questo caso non essere vero) era una metafora in effetti non è un avvio ma
ciò che fa funzionare il tutto poi chiamarlo avvio, in effetti è improprio, è
la condizione del funzionamento del linguaggio (anche Verdiglione si era
occupato di questo avvio cioè da dove vendono le parole? Dal nome, tutti, bene
o male hanno cercato di identificarlo questo punto di partenza) noi abbiamo
posto la questione in altri termini, da dove viene il linguaggio? Da sé, il
motore immoto, in moto (il dire nulla è fuori dalla parola è come se ci fosse
un salto, pare un salto logico) sì, si tratta di precisare certo, bene abbiamo
una settimana per riflettere su queste questioni e cominciare a precisarle
meglio.