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10-1-2002

 

Una teoria del linguaggio e una grammatica della logica

 

 

Stiamo riflettendo su questo interessa una elaborazione intorno a due questioni che poi potrebbero essere anche una sola e cioè una è una teoria del linguaggio e l’altra una grammatica della logica, scrivere una teoria del linguaggio come sapete c’è una letteratura sterminata intorno alla linguistica e anche intorno alla logica, più o meno interessante più o meno fluida, farraginosa non importa, ora l’apporto della linguistica direi da Platone fino a Hjelmslev, a Benveniste ecco risulta molto complessa e in molti casi dice molto poco, ciò che abbiamo raggiunto in questi anni di lavoro, c’è l’eventualità, che ci consenta di costruire, di scrivere una teoria del linguaggio molto semplice, molto lineare, molto efficace e molto robusta, allo stesso modo una grammatica della logica, stavo pensando proprio in questi giorni a questa idea di costruire una grammatica della logica e cioè indicare quali sono tutte le regole che necessariamente occorre che ci siano in un procedere logico, dicevo prima che potrebbe anche essere una sola, in effetti, la grammatica della logica potrebbe essere anche una parte della teoria del linguaggio, però questo è un dettaglio irrilevante, si tratta di metterli insieme oppure no, però anche nella logica se voi avete avuto l’occasione di praticarla, di studiarla, di leggerla, esattamente come nella linguistica trovate cose molto farraginose, pesanti, arzigogolate e il più delle volte non dicono assolutamente niente però lo fanno in due o tre mila pagine, poi ogni tanto trovate un pensierino di qualche interesse ma se no… ma c’è un motivo per cui sia la linguistica, sia la logica sono così pesanti, così farraginose, difficili, non tanto difficili nell’intendimento ma difficili nel procedere, pesanti, perché sono costrette non avendo strumenti sufficientemente robusti ad appigliarsi a una quantità enorme di elementi che sono a assolutamente gratuiti e che devono invece cercare in tutti i modi di consolidare e questo richiede un lavoro immane, praticamente il 98% del lavoro della logica si è svolto in questa direzione giustificare delle affermazioni, con risultati piuttosto scarsi come sapete, al punto che la logica non… poi con Wittgenstein non è stata nient’altro che un sistema di regole da applicare, però queste regole che vengono applicate il più delle volte rimangono assolutamente arbitrarie, è possibile invece rendere la cosa molto più semplice, ponendo e imponendo delle regole necessarie, è chiaro che si tratta di ridefinire la logica, operazione non difficile dal momento che basta definirla utilizzando unicamente elementi che non possono non esserci, sia che la prendiate in accezione etimologica, sia che la prendiate in accezione filosofica o matematica comunque rimane sempre un discorso, che come tale o per essere tale necessita di regole e queste regole non possono essere altro che regole di procedure che fanno funzionare il linguaggio, voi costruite una logica che muova unicamente, che abbia unicamente nelle regole e procedure gli elementi di cui è fatto il linguaggio e avrete costruito una logica, non soltanto molto potente ma assolutamente inattaccabile e in più anche necessaria (non mi è facile intendere questo passaggio: voi costruite una logica unicamente con gli elementi di cui è fatto il linguaggio, anche l’altra volta lei parlava del sofisma in questi termini, anche i vari logici utilizzavano elementi e strutture del linguaggio) non ho detto infatti “utilizzando” il linguaggio ma ponendo come assiomi unicamente quegli elementi che sono le regole e le procedure del linguaggio e allora vi dicevo se voi costruite una logica in questo modo, costruite una logica assolutamente perfetta. Che cos’ha di differente da tutte le altre? Che non ha bisogno di giri e rigiri per sostenersi, ché si sostiene da sé, si sostiene su qualche cosa che in nessun modo può essere negata e diventa molto semplice perché gli elementi di cui dispone, gli elementi che utilizza sono relativamente pochi, pensate per esempio a tutta la teoria del calcolo preposizionale, per esempio, è molto complessa molto articolata, ma per giungere ad affermare che cosa, come qualunque teoria logica? Quali enunciati sono corretti e quali no, non è nient’altro che questo, migliaia e migliaia di pagine per potere giungere ad affermare questo: questo è corretto, quello è vero, quell’altro no, tutto qui. È ovvio che per giungere a una cosa del genere senza muovere da una premessa che risulti assolutamente necessaria la logica è stata costretta inizialmente ad appoggiarsi sul senso comune, e cioè su quello che è ritenuto il corretto modo di ragionare, questo ancora Marconi all’università diceva una cosa del genere, oppure, oppure costruire un sistema di calcolo di proposizioni per giungere assolutamente a questo risultato ovviamente, se no, non serve a niente, come se si trattasse di formule matematiche, senza tenere conto e rimane sempre il tallone di Achille in qualunque teoria logica l’arbitrarietà degli assiomi da cui muove, è stato sempre il problema della logica, i suoi fondamenti, non soltanto della matematica (che ha poi abbandonato) ma la logica non li può abbandonare perché tutto verte attorno a questo, come già Aristotele sapeva perfettamente, tant’è che un fondamento anche per la logica più bieca è corretto se muove da una premessa che è vera se no, è una argomentazione sgangherata e quindi è possibile costruire una teoria e una grammatica della logica e cioè mostrare quali sono le regole necessarie perché la logica funzioni e quindi il linguaggio funzioni, potremmo anche aggiungere correttamente però a questo punto dando una indicazione di cosa intendiamo con correttamente, cioè che non sia autocontraddittorio, il fatto che la logica intenda questo…come dire che abbiamo gli strumenti per costruire una logica che sia coerente e non autocontraddittoria, completa, perché sì, è possibile costruire un enunciato che la confuta ma non è possibile provarlo, mentre come sapete Gödel ha fatto esattamente questo con la matematica, per questo è giunto a concludere che o è incompleta oppure incoerente perché lui è riuscito attraverso un sistema, o due, forse, non lo so, di formalizzazione particolare a provare la verità dell’enunciato che confuta la verità della matematica, mentre nel caso nostro no, non è possibile verificare e quindi che è vera la proposizione che afferma che esiste un elemento fuori dal linguaggio, e pertanto è una teoria coerente e completa in assoluto, eventuali incoerenti, eventuali incomplete ma che siano simultaneamente l’una cosa e l’altra,no, noi lo possiamo fare e quindi perché non farlo? Potrebbe essere una teoria rivoluzionaria nel campo della logica, è possibile per esempio riprendere alcuni testi di logica e vedere da che cosa muovono, quali sono i primi passi da cui muovono, operazione sempre interessante da farsi in qualunque testo, cioè che cosa dà per acquisito per potere proseguire nel modo in cui prosegue, e lì trovate l’inghippo, trovate lì il punto debole, quello per cui potreste sempre dire “e se non fosse così?” L’altro potrebbe dire sì va bene “ammettiamo che sia così” sì, va bene, ma se non lo ammettiamo? “tu sei in grado di costringerci ad ammettere che non possa essere altrimenti che così?” se no, torniamo a Biancaneve e ai sette nani…la stessa cosa dicevo può farsi, mi piacerebbe che qualcuno di voi incominciasse a fare una cosa del genere, scrivere una teoria del linguaggio, cominciare poi non è detto che sia uno solo a farlo, innanzi tutto domandarsi che cosa occorre che sia una teoria del linguaggio, è sicuramente una sequenza di proposizioni, e su questo non ci piove… (ma deve essere coerente) sì una sequenza di proposizioni che illustrano quindi un funzionamento, funzionamento che occorre che sia necessariamente quello, pensate anche alle teorie più sofisticate, sto pensando adesso a Hjelmslev o a Benveniste per qualche verso o a Jakobson, Greimas, Bremond, e molti altri ma risultano sempre molto complessi, difficili ma anche perché? C’è un buon motivo? Oppure c’è qualcosa che non è affatto chiaro in tutto ciò che vanno dicendo cioè si stanno arrampicando sui vetri, considerate che potrebbe esserci questa eventualità, perché in realtà la questione potrebbe essere posta in termini straordinariamente semplici oltre che efficaci, è ancora utile per quanto andiamo facendo, pensavo a Hjelmslev parlava di espressioni, contenuto, forma, di materia, o di semiotiche? Forse no, tutto questo procede dalla necessità di dare una giustificazione a qualche cosa che non si riesce in alcun modo a giustificare, in effetti molti fra costoro non è che non lo sapessero ma non hanno tenuto in debito conto il fatto che parlando del linguaggio stessero utilizzando il linguaggio, e che cosa questo comporti in ciascun enunciato, cosa che invece noi possiamo fare, non soltanto tenerlo in debito conto ma utilizzare questo aspetto che è inevitabile, possiamo chiamarlo metalinguaggio, possiamo chiamarlo anche “franceschiello” se ci pare, non è questo il problema, però cominciare a mettere in modo organizzato, in modo deciso e preciso, consequenziale tutto sommato poi ciò che abbiamo fatto in tutti questi anni, il materiale c’è, si tratta di riorganizzarlo, però sono sicuro che scrivere due cose di questo genere, sono di notevole impatto e giovate parecchio all’associazione, un testo assolutamente ineccepibile, preciso, rigoroso, pulito come un filo di spada di fronte al quale non sia possibile porre nessuna obiezione, il materiale lo abbiamo già, in questi anni abbiamo raccolto una quantità, grazie a Beatrice, una quantità sterminata di elementi, disporli in modo tale da costruire questi due testi, una teoria del linguaggio e una grammatica della logica, che ne dite, così d’acchito? Scrivere un testo sulla teoria del linguaggio, semplice qualcosa che renda obsoleto e inutile qualunque altro testo, che lo faccia sembrare un esercizio più o meno inutile di retorica applicata (…) sì però noi non facciamo linguistica applicata noi poniamo delle basi (…) ma importante è che ci siano stati (…) no, infatti non si tratta di confutare nessuno, né per altro neanche citare, tutto sommato, potrebbe essere costruito senza citare assolutamente nessuno, le cose migliori sono quelle che non citano nessuno perché lì c’è un pensiero, se uno comincia a citare tremila cose vuol dire che in genere deve puntellarsi la sua parte, cominciare a pensarci come costruire una cosa del genere, che ritengo sia molto utile a ciascuno di noi, rendendo più chiare e più semplici molte proposizioni. Chi si propone per una grammatica della logica (…) sì, sì un lavoro intorno all’economia (la questione della semplicità che però è riferita ai fondamenti, una teoria del linguaggio è una teoria che deve porre dei nuovi riferimenti… non vi sto chiedendo di farlo adesso (no, ma occorre comunque sempre…) da dove muovere per esempio oltre che dalla logica? (lei parlava dalla correttezza…) non è autocontraddittorio rispetto agli assiomi di partenza della teoria (…) stabilisco delle regole e gioco con quelle regole (…) se con gli stessi assiomi è possibile trarre un teorema che nega l’antecedente allora la teoria non dice nulla, per così dire, lo ritengo un progetto di straordinario interesse e già che dobbiamo costruire una teoria, è ovvio che occorre partire da come si pensa, quando penso che cosa faccio? Compio delle inferenze assolutamente banali eppure è esattamente quello che faccio e quindi ciò che sostiene poi comunque tutta l’argomentazione, e queste inferenze poi come funzionano? Da dove vengono? È chiaro poi che c’è un gioco continuo tra la grammatica della logica e la teoria del linguaggio, apposta dicevo che la grammatica della logica può essere una parte della teoria del linguaggio ma questo è irrilevante, giungere, procedere sempre da affermazioni, ciascuna affermazione occorre che abbia questa prerogativa e cioè questa che negandola produce una proposizione autocontraddittoria, questo è il modo di procedere che per altro abbiamo sempre seguito almeno, quindi il fatto che se penso necessariamente ci sono delle inferenze in atto per esempio questa “se penso ci sono delle inferenze” in un certo senso cosa che in parte ho fatta anche nella Seconda Sofistica procede ponendo in atto ciascuna volta ciò di cui sto dicendo, dimostrando che non può essere che altrimenti che così, qualcuno è interessato a una teoria del linguaggio? Per esempio, scrivere una cosa breve, penso che cento, centocinquanta pagine siano più che sufficienti… sapete benissimo perché un libro è fatto di tre o quattro cento pagine, perché sono commissionati dall’editore il quale deve venderli e se sono meno di un tot non ci guadagna a sufficienza per questo bisogna metterci dentro cose, un ottimo esercizio dicevo la volta scorsa costruire sofismi, un sofisma nell’accezione che indicavo la volta scorsa ha questa forma, un’argomentazione che muove unicamente da procedure del linguaggio cioè da ciò che non può non essere, perché se non fosse non ci sarebbe né quello né nessun’altra cosa, per questo sono inattaccabili, chissà perché i sofisti non sono andati giù con la mano più pesante? Forse non avevano gli strumenti… (lei quando parla dei sofisti di chi parla? Gorgia, Parmenide e poi?) Zenone, Parmenide, di cui ci è rimasta qualche traccia per altro, pochi frammenti…non c’è rimasto molto di più, è stato fatto un ottimo lavoro di pulizia (…) se ci sono stati duemila anni di chiesa, tante cose sono state eliminate (…) si parla dei testi di linguistica e semiotica più complessi, difficili Greimas (Semantica Strutturale) Morris (Lineamenti di una teoria dei segni) sì però come vi dicevo non so se è il caso di neanche di citare nessuno, forse si tratta di fare un’altra cosa radicalmente, tutti questi testi di cui stiamo parlando, parlano di cose che probabilmente sono al di là, ciò che noi stiamo facendo è ancora al di qua, ha a che fare con la struttura fondamentale per così dire, di tutto ciò che può essere detto. Una cosa del genere potrà anche applicarsi, quello che vi pare ma per il momento ci interessa scrivere un testo in cui ci sia, che ci siano i fondamenti ciò che non può non essere (la difficoltà di cui diceva cioè che nessuno ha potuto tenere in debito conto che parlando della teoria del linguaggio parla…anche Austin con l’atto locutorio, illocutorio, perlocutorio ha dovuto inventare dei termini per descrivere cosa fa il linguaggio) molto spesso è la paura di usare dei termini, pensate alla nozione di metalinguaggio, in tutta la elaborazione di Vermiglione il metalinguaggio è stato eliminato perché come diceva lui non è possibile parlare sul linguaggio in quanto lo stai parlando il linguaggio, notazione legittima però non è necessario eliminare un termine per questo motivo, bisogna semplicemente tenere conto che indichiamo con metalinguaggio un discorso che sta parlando del linguaggio , se io parlo di significanti, di significati, parlo di struttura linguistica, posso chiamare questo metalinguaggio se voglio non succede assolutamente niente, paura…occorre che una cosa del genere sia sempre presente perché di qualunque cosa stiamo parlando sono atti linguistici è questo mi sembra che sia inevitabile a questo punto, questa considerazione e le probabilità di dimenticare una cosa del genere sono piuttosto scarse (una procedura che produce atti linguistici, l’interrogazione se ciò che dico è oppure non è un atto linguistico ha la funzione di tenere in stallo il linguaggio anzi a non far funzionare il linguaggio) scrivere un testo che per chiunque poi voglia occuparsi di linguistica e faccia apparire qualsiasi altro pensiero obsoleto (la tecnica dell’intervento) potremmo dire che il fondamento è logico, della tecnica, l’intervento è retorico (…) dobbiamo dimostrare che nella psicanalisi visto che di parole si tratta occorre almeno sapere di che cosa sono fatte…