2 luglio 2025
Paolo di Tarso Le Lettere
Paolo di Tarso ha utilizzato, sapendolo oppure no, questo non lo sapremo mai, uno degli strumenti retorici più potenti: fare sentire le persone importanti. Fare sentire le persone importanti è il primo passo per persuadere chiunque, come sappiamo bene, da sempre. Infatti, al contrario, se uno fa sentire la persona una nullità è difficile che la persuada. Paolo ha utilizzato questo sistema che è il fondamento dell’anima bella, quindi del cristianesimo, perché in fondo il cristianesimo non è altro che una sorta di istituzionalizzazione dell’anima bella. Questa tecnica di fare sentire importante qualcuno Paolo la utilizza dicendo alle persone che seguendo una certa idea, seguendo Dio, acquisteranno un potere enorme sull’altro. Non tanto il paradiso, anche il paradiso, certo, però intanto qui cosa possiamo ottenere? Possiamo ottenere l’idea di essere superiori a chiunque. In effetti, l’anima bella funziona così ed è uno dei motivi per cui ha avuto e continua ad avere così tanto successo, almeno nel mondo occidentale. L’idea di muovere, come dicevamo, dal bene: io conosco il bene, quindi, questo mi autorizza a sentirmi migliore di chiunque. Conosco il bene e questo soprattutto mi autorizza a intervenire sull’altro, altra cosa importantissima. L’evangelizzazione, di cui parla Paolo, che va in giro a proclamare, non è che questa idea di persuadere, di convincere tutti quanti che io ho ragione. L’evangelizzazione è questa: io conosco la verità e questo mi autorizza, anzi, è quasi un dovere da parte mia evangelizzare, cioè, persuadere i miscredenti. Quindi, non solo autorizza a intervenire sull’altro ma fornisce l’idea di dovere occuparsi dell’altro, in un modo o nell’altro. Occuparsi dell’altro è sempre qualche cosa che procede dall’idea di bene, più o meno consapevole, più o meno evidente. Ma se io mi occupo dell’altro è perché voglio che faccia delle cose per il suo bene. E questo è importante perché non soltanto ha consentito a Paolo di avere molti seguaci, ma consente ancora oggi di fare qualunque cosa, perché, se io muovo dal bene, questo bene mi autorizza a intervenire, il come lo decido io, ma mi autorizza a intervenire, anzi, devo intervenire. Da dove pensate che venga quest’idea americana di dovere intervenire ovunque. Ci sono questioni economiche, certo, ma non è questo che importa: è l’idea di essere il detentore del bene. È questo che autorizza a intervenire. Ora, questa idea, che oggi è degli americani, che come al solito arrivano per ultimi, non esisteva prima del cristianesimo, questa idea di soteriologia, la dottrina della salvezza. Questa necessità di salvare l’altro, ma non per me, non sono io che voglio, io devo per Dio, è Dio che lo vuole, Deus vult, io sono soltanto lo strumento di Dio. Paolo lo dice continuamente: io sono l’umile servitore di Dio, ma solo di Dio, non di voi. Se apparentemente mi pongo come servitore vostro è perché immagino che Dio lo voglia, ma sono io che mi umilio, sono io che mi sottometto, e cioè sono io che sono al di sopra di tutti voi, perché sottomettermi è una mia decisione. Bisogna tenere conto che tutto questo ha funzionato straordinariamente bene. Ma che cosa funziona bene? Funziona bene l’autorizzare qualcuno a intervenire sull’altro, autorizzarlo perché lui conosce il bene, quindi, deve, ma lo deve fare non per se stesso ma perché Dio lo vuole. E questo ci porta a un’altra questione interessante; dell’altra persona non importa niente a nessuno, non è mai importato niente a nessuno, neanche all’anima bella, perché l’anima bella si occupa dell’altro perché è un dovere, perché è mosso dall’idea di bene e, quindi, deve convincere, persuadere l’altro della bontà della sua idea. Ma non è l’altro a interessarlo particolarmente, è questa idea di dovere imporre il bene, perché così saranno tutti felici e contenti. E questo è il funzionamento dell’anima bella, cioè, del cristianesimo. Ma vediamo nelle parole di Paolo. Siamo a pag. 79. Tutto questo è un modello fatto per noi, affinché non desideriamo il male come essi l’asilo desiderano, e affinché non diventiate idolatri come alcuni di loro, al modo che sta scritto: Si sedette il popolo a mangiare e bere, poi si alzarono per divertirsi. Cerchiamo di non essere dissoluti come alcuni di loro, per cui ne caddero in un solo giorno ventitremila. Non tentiamo il Signore come fecero alcuni di loro, per cui perirono ad opera dei serpenti. Non mormorate come fecero alcuni di loro, per cui perirono ad opera del Distruttore. Qui ci sono ancora echi del Dio ebraico, del Dio che punisce, che massacra tutti quanti. Perciò, o miei amati, fuggite l’idolatria. Parlo a persone sensate, giudicate voi ciò che dico. Il calice della benedizione che benediciamo non è un’associazione col sangue del Cristo? e il pane che spezziamo non è un’associazione col corpo del Cristo? In quell’unico pane noi, molti, formiamo un unico corpo perché tutti partecipiamo di quell’unico pane. Ecco, questo è un altro aspetto importante: tutti i cristiani partecipano in un unico corpo, sono un solo corpo. Qui c’è una nota. Vi furono fra gli ebrei, peregrinanti nel deserto, alcuni che cedettero nella fede, adorarono il vitello d’oro, divenendo idolatri; altri più tardi fornicarono con le donne di Moab e sacrificarono ai loro dei, e Jahvé ne fece ferire ventiquattromila. Quanti poi mormorarono contro Dio e contro Mosè furono morsi dai serpenti; anche la grande rivolta iniziale di Israele nel deserto termina con la maledizione e il castigo divino. A pag. 81. …i sacrifici dei gentili sono offerti a demoni e non a Dio. Non vi voglio associati ai demoni. Non potete bere il calce del Signore il calce dei demoni… Vogliamo ingelosire il Signore? Siamo forse più forti di lui? Compare ogni tanto quest’idea che Dio si ingelosisca. Come fa a ingelosirsi? Che Dio è? Sia che mangiate, dunque, o bevete o facciate altro, tutto fate a gloria di Dio. Non siate d’inciampo per giudei o greci o per la comunità di Dio, come anch’io mi studio di piacere sempre a tutti, non cercando ciò che conviene a me ma ai più, al fine di salvarli. Cioè, non per loro, no, perché alla fine sono persone per bene, ma è questo il mio fine, quello di salvare l’altro, che lo voglia o no. Voglio sappiate che il Cristo è il capo di ogni uomo, e il capo della donna è l’uomo, e il capo del Cristo è Dio. Qualunque uomo preghi o profetizzi a capo coperto, fa vergogna al proprio capo. Qualunque donna preghi o profetizzi senza il capo velato, fa vergogna al proprio capo, del tutto identica a una donna rasata. Se, infatti, una donna non si vela, allora sia rasata, e se avere i capelli tagliati o rasi è turpe per una donna, allora si veli. Questi sono i consigli che dà lui. A pag. 83. Ma il giudizio del Signore, è a nostra correzione, affinché non veniamo condannati insieme al mondo. Tutto è fatto sempre per la salvezza. E quindi è Dio che lo vuole. Io salvo, ma non sono io che voglio salvare loro da chissà che cosa; no, io sono soltanto il servo di Dio. A pag. 91. Qui ancora sulle donne. Come in tutte le assemblee dei santi, le donne nelle vostre assemblee tacciano, poiché non è loro permesso di parlare; stiano invece sottomesse, come dice la Legge. Se vogliono imparare qualcosa, interroghi il loro marito a casa, poiché è turpe per una donna parlare in assemblea. A pag. 99. Se qualcuno non ama il Signore sia maledetto. Quindi, non sembra una libera scelta. A pag. 109. È Dio che ci rende salvi, noi con voi, in Cristo; Egli ci ha uniti, Egli ancora ci ha segnati col suo sigillo e ci ha dato nei cuori il pegno del suo Spirito. Insiste moltissimo Paolo nel sottolineare questo aspetto, cioè dei cristiani, dei fedeli, come un corpo unico, unito. A pag. 111. Tanta fiducia riponiamo in Dio per mezzo del Cristo. Non che da noi soli siamo adeguati a considerare alcunché come proveniente da noi… Tutto ciò non proviene da noi, …ma è un’adeguatezza che ci viene da Dio, il quale ci rese anche adeguati al servizio di una nuova alleanza, non di lettera, ma di spirito: poiché la lettera uccide, e lo spirito vivifica. La lettera uccide, la parola uccide, la parola muta, cambia, diviene continuamente. Lo Spirito, l’Uno, invece, è immutabile e vivifica, dà la vita. La parola, quindi, tutte le argomentazioni; tantissime volte abbiamo visto come si scagli - ma lo farà ancora - contro i saggi, i sapienti, i filosofi, cioè tutti coloro che utilizzano il pensiero anziché la fede. A pag. 113. Avendo una tale speranza, noi usiamo grande franchezza, a differenza di Mosè, che poneva un velame sul suo volto, affinché i figli di Israele non fissassero con gli occhi la fine di ciò che era destinato a dissolversi. Ma il loro intendimento si irrigidì. Sino ad oggi, infatti, quello stesso vero permane sulla loro lettura dell’antico patto, poiché non hanno la rivelazione che in Cristo il velo si dissolve. Cristo è quello che dissolve il velo. Quando però si rivolgerà verso il Signore, il velame si solleverà. Il Signore è lo spirito è dov’è lo spirito del Signore, è libertà. E tutti noi, che col volto non velato miriamo e riverberiamo la gloria del Signore, siamo trasfigurati nella stessa immagine, di gloria in gloria, come dallo spirito del Signore. Con Gesù Cristo non c’è più il velo. Il velo è quello che nasconde la verità e lui toglie il velo perché è lui la verità. A pag. 117. Colui che non conobbe peccato, Egli lo fece peccato per noi… Dio che ha sacrificato Gesù Cristo …affinché in Lui diventassimo giustizia di Dio. L’anima bella, quando interviene sull’altro, interviene come se fosse la giustizia divina. È questo che l’autorizza, anzi, che lo obbliga a intervenire sull’altro, a impedire che l’altro faccia quello che gli pare. Non mettiamo inciampi a nessuno, affinché il nostro servizio non venga criticato; al contrario, presentiamoci in tutto come servitori di Dio, nella grande sopportazione, nelle afflizioni, nelle costrizioni, nelle angustie, nelle percosse, nelle prigionie, nei turbamenti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; nella purezza, nella scienza, nella generosità, nella benevolenza, in Spirito Santo, in amore schietto, ecc. /…/ …in potenza di Dio, mediante le armi di attacco e difesa della giustizia, attraverso gloria e disprezzo, cattiva e buona fama; come travianti eppure veritieri, come ignorati eppure ben noti, come morenti ed eccoci vivi, come corretti e non fatti morire, come rattristati ma sempre alleghi, come poveri che però arricchiscono molti, come possessori di nulla e detentori di tutto. Ecco che cosa offre Paolo: devi dare tutto a Dio. Ma tutto cosa? Tutto il bagaglio di conoscenze, di modi di pensare: ti devi sbarazzarti di tutto, darlo a Dio e Dio in cambio ti consegna la possibilità di esercitare la giustizia divina sulle genti.
Intervento: Sottomettersi per sottomettere.
Esattamente. È una delle armi di seduzione note da migliaia di anni. A pag. 121. Però, come tutto sovrabbonda in noi, fede, parola, conoscenza, ogni sollecitudine, amore vostro per noi, così anche abbondi in voi questa grazia. Non lo dico come un ordine, ma per sollecitudine verso gli altri e per valutare la schiettezza del vostro amore. Conoscere la grazia del signore nostro Gesù Cristo, come per voi si fece povero, Lui ricco, per arricchirvi della sua povertà. Vi trasmetto, con questo, un’opinione: infatti ciò vi conviene, essendo stati voi i primi lo scorso anno non solo nell’operare, ma anche nel volere. Compite ora l’opera. Qual era il vostro anelito a volerla così, anche sia a compierla con quanto possedete. Quando c’è questo anelito, è ben accetto per ciò che possiede, non per ciò che non possiede. Non per sollievo degli altri e afflizione vostra, ma per parità la vostra abbondanza al momento presente serva alla loro privazione, affinché anche la loro abbondanza serva alla vostra privazione e si stabilisca una parità, come sta scritto: Chi aveva molto non lo moltiplicò e chi poco non lo ridusse. Questo per convincere tutti quanti a dare il loro contributo alla causa. A pag. 123. Chi semina scarsamente, scarsamente poi mieterà, mentre chi semina beneficamente, in bene, poi mieterà. Ognuno secondo il proponimento del cuore dia senza tristezza né costrizione. Dio ama chi dona lietamente. /…/ Le armi del nostro combattimento non sono infatti carnali, ma, grazie a Dio, capaci di abbattere fortezze: noi demoliamo i ragionamenti ed ogni alterigia che si leva contro la conoscenza di Dio, facciamo ogni intendimento prigioniero dell’ubbidienza al Cristo. Demoliamo i ragionamenti: quali, come? Non se ne parla. …e siamo pronti a punire ogni disobbedienza, quando la vostra obbedienza sia piena. A pag. 125. Non ci vanteremo fuori misura di fatiche altrui, ma abbiamo speranza che la crescita della vostra fede ingrandisca assai più i nostri limiti, così da trasmettere l’Evangelo ancora al di là di voi senza dover vantarci di quanto altri hanno preparato nei propri limiti. Chi si vanta, si vanti nel Signore. Non, infatti, chi si raccomanda da sé è approvato, ma chi è raccomandato dal Signore. Cioè, tutto ciò che si fa è sempre dettato da Dio; non c’è nulla che la persona faccia di sua volontà. A pag. 125. Se anche parlo da uomo comune, non è comune la mia scienza, e sempre ve lo abbiamo manifestato in tutto. Badate bene, sta dicendo: parlo da uomo umile, ma non lo sono. A pag. 127. Se bisogna vantarsi, è della mia debolezza che mi vanterò. Dio, il padre del Signore Gesù, benedetto nei secoli, sa che non mento. È della sua debolezza che si vanta. Si vanta con chi? Con le altre persone? Certo che no, si vanta con Dio: guarda come sono, come mi umilio, come sono bravo. A pag. 129. Bisogna vantarsi; è inutile, ma verrò alle visioni e alle rivelazioni del Signore. So di un uomo di Cristo… Parla di sé, guarda un po’! …quattordici anni fa - fu nel corpo, non lo so, oppure fuori del corpo, non lo so. Dio lo sa - Il quale venne rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo - fosse nel corpo o senza corpo, non lo so, Dio lo sa – venne rapito nel paradiso e udì parole indicibili, che è proibito a un uomo dire. Di quest’uomo mi vanterò, ma non mi vanterò di me stesso, se non delle mie debolezze. Se, infatti, volessi vantarmi, non sarei insensato, poiché direi la verità. Se volessi vantarmi… ma non lo farò, non lo voglio, perché sono umile e modesto, ma se lo volessi… e Dio mi è testimone. Passiamo alla lettera ai Galati. A pag. 151. Fratelli, quand’anche un uomo fosse sorpreso in fallo, voi che siete spirituali ricostituitelo con mitezza di spirito: osserva te stesso, poiché potresti essere messo anche tu alla prova. Portate il carico gli uni degli altri, così compite del Cristo. Non per alleviare l’altro, ma per fare la volontà del Cristo. È sempre questo l’obiettivo, dell’altro non importa nulla a nessuno, l’altro è solo il pretesto per mettere in atto la volontà di Cristo. Se infatti qualcuno ritiene di essere qualcosa, mentre non è nulla, si inganna. Invece ciascuno valuti la propria opera, e allora avrà vanto solo di se stesso e non di altri. Passiamo alla lettera agli Efesini. Qui ce l’ha con il prepuzio. Insistono molto sul prepuzio, sulla circoncisione, sui circoncisi e sugli incirconcisi. Hanno una particolarissima attenzione per il membro maschile. A pag. 163. …ricordandovi nelle mie preghiere affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il padre della gloria, vi dia spirito di sapienza e di liberazione, con cui conoscerlo, si illuminino gli occhi del vostro cuore, affinché sappiate a quale speranza vi chiama, di quale ricchezza e gloria vi fa suoi eredi tra i santi, e qual è la smisurata grandezza della sua potenza… È questa che Paolo proponeva a tutti quanti: una smisurata potenza. Se seguite Cristo avrete questa smisurata potenza, che nessuno può combattere, nessuno potrà infatti mai giudicarvi perché voi parlate a nome di Cristo, a nome di Dio. Cosa sia questo Dio, è irrilevante. Ricordatevi dunque che un tempo eravate gentili nella carne, definiti “col prepuzio” da coloro che si definiscono “la circoncisione”, eseguita nella carne manualmente; in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla nazione di Israele ed estranei ai patti della promessa, privi di speranza, senza un Dio al mondo. Adesso invece, in Cristo Gesù, voi un tempo eravate lontani, siete diventati vicini per il sangue del Cristo. Egli, infatti, è la nostra pace; ha fatto dei due uno, ha abbattuto la parete dello sbarramento, l’inimicizia, e nella sua carne ha dissolto la legge dei comandamenti con i loro decreti. Secondo quello che sta dicendo Paolo, potremmo dire che finalmente il Cristo ha eliminato i molti, si è sbarazzati finalmente dai molti, a vantaggio dell’uno, dell’unico Dio. E questo uno unico è rappresentato in terra dalla Chiesa, dal corpo di Cristo: la Chiesa è il corpo di Cristo per i cristiani. A pag. 165. A me, il minore del minimo di tutti i santi, fu data la grazia di annunciare alle genti l’indecifrabile ricchezza del Cristo e di illuminare tutti sull’amministrazione del mistero nascosto dai secoli in Dio creatore di tutto. Io che sono il minimo di tutti ho avuto questo ufficio, che è il più grande che si possa immaginare. Ma io che sono il più umile di tutti. A pag. 167. Vi esorto dunque, io il prigioniero nel Signore, di procedere in modo degno della chiamata con cui foste chiamati, in tutta umiltà e mitezza, con generosità e sopportazione amorevole gli uni per gli altri. Uno è il corpo e uno lo Spirito, come pure a un’unica speranza gli ha chiamati la vostra chiamata. Uno è il Signore, una la fede, una l’immersione nell’acqua. /…/ Questo dico, e ve ne scongiuro nel Signore: non procedete più come procedono i gentili nella futilità del loro intelletto, ottenebrati nel pensiero, esclusi dalla vita divina per l’ignoranza esistente in loro e per la rigidezza dei loro cuori. Questo ricorre continuamente in Paolo. In fondo, è l’invito ai suoi adepti a non pensare, a non porsi domande, a non interrogare. A pag. 169. Siate dunque imitatori di Dio quali suoi figli amati, procedete nell’amore come anche il Cristo vi amò e si consegnò per noi vittima offerta a Dio in odore profumato. Dissolutezza, impunità di ogni genere, ingordigia non figurino nel vostro linguaggio, come conviene ai santi; e così turpitudine… Sapete bene che i dissoluti, gli impuri, gli ingordi (tutti idolatri) non hanno eredità nel regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con discorsi vuoti, perché di lì proviene l’ira di Dio contro i figli della disobbedienza. Se uno inizia a parlare, a dire delle cose, a interrogarsi, a porre delle questioni, ecco che si scatena l’ira di Dio, letteralmente. Qui c’è Platone che interviene. Un tempo eravate tenebra, ora luce nel Signore; procedete come figli di luce, poiché il frutto della luce si trova in tutto ciò che è buono, giusto e vero; valutate ciò che è gradito al Signore. Non associatevi alle opere infruttuose della tenebra, ma piuttosto confutatele, poiché ciò che fanno il segreto è turpe anche a dirsi, mentre tutto ciò che viene confutato la luce lo manifesta, perché tutto ciò che si manifesta è luce. Perciò si dice:
Svegliati, tu che dormi,
sorgi dai morti
e ti illuminerà il Cristo.
L’idea della luce è platonica, è il mito della caverna. Bisogna trovare la luce, solo che per i greci era diverso, perché per i greci la verità è ciò che si vede, e la luce consente di vedere. Lettera ai Filippesi. A pag. 185. Perciò, o miei amati, come mi avete sempre ubbidito, operate con timore e tremore alla vostra salvezza, non solo in mia presenza, ma molto più ora in mia assenza; è Dio, infatti, che agisce in voi per il vostro volere e il vostro agire, a suo compiacimento. È Dio che muove tutto quanto. Voi agite per la volontà di Dio, per cui quando fate del bene non è per la persona che avete di fronte, della quale non importa nulla, ma per compiacere Dio, cioè per fare il bene, ma il Bene, quello che sta lassù. Fate tutto senza mormorazioni e ragionamenti, per divenire ineccepibili e mondi da macchia, figli di Dio irreprensibili in mezzo a una generazione perversa e distorta, ove apparite come luminari nel mondo, attenti ad una parola di vita, per il mio vanto nel giorno di Cristo. Lui, Paolo, si tira sempre in mezzo, lui comunque è sempre il centro di tutto. Lui c’è sempre: io faccio qui, io faccio là, è sempre lui al centro di ogni cosa. Sì, c’è Dio che lo muove, e poi ha avuto, come dire, il contatto diretto, quando è salito al terzo cielo e ha parlato direttamente con Dio e ha udito quelle parole impronunciabili, ecc. A pag. 187. Siate miei imitatori... Non dice seguite l’insegnamento di Gesù Cristo, ecc., no, siate i miei imitatori, sono io il vostro modello. …o fratelli, e osservate coloro che procedono secondo il modello che avete in me, poiché molti - spesso ve l’ho detto e ora ve lo dico piangendo - procedono da nemici della croce del Cristo. Il loro fine è la perdizione, il loro dio è il ventre e la loro gloria nella turpitudine; le loro aspirazioni sono terrene, mentre per noi, per la nostra cittadinanza, appartiene ai cieli, da dove attendiamo il salvatore, il signore Gesù Cristo, il quale trasformerà il nostro umile corpo conformandolo al suo… Quindi, seguite me, sono io il vostro modello. C’è anche Dio, certo, però sono io: io, io compare continuamente. A pag. 189. Gioite nel Signore, sempre; ripeto, gioite. La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini; il Signore è vicino. Non preoccupatevi di nulla, e invece per tutto, con preghiere e domande e gratitudine, fate conoscere a Dio le vostre richieste; e la pace di Dio, che supera ogni intendimento, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri... /…/ Non ch’io ricerchi il dono, ma ricerco la moltiplicazione del frutto sul vostro conto. Sono stato soddisfatto in tutto e abbondantemente. Sono ricolmo, dopo avere ricevuto da Epafrodito i vostri invii, odore profumato, sacrificio favorevole, gradito a Dio. Gli hanno dato dei soldi. Siamo alla lettera ai Colossesi. Cosa dice i Colossesi? Ecco, di nuovo, è sempre lui. A pag. 199. Ora gioisco di soffrire per voi, ciò che manca alle afflizioni di Cristo, io completo nella mia carne per il suo corpo. Io, io, io, sono sempre io. Guardate che nessuno vi depredi di voi stessi mediante la filosofia, vuoto inganno della tradizione umana e degli elementi del mondo anziché di Cristo. Guardatevi da coloro che pensano: questo è il messaggio fondamentale di Paolo. A pag. 203. Donne, siate sottomesse ai vostri mariti, come conviene nel Signore... A pag. 205 c’è una noterella. Già il Crisostomo (Omelie sulla lettera ai Colossesi) ricordava l’ammonimento di Gesù ai discepoli: “Vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti e astuti come i serpenti e semplici come le colombe”. Semplici come le colombe: sarebbe la captatio benevolentiæ. Lettera ai Tessalonicesi. Dio ci ha valutati per confidarci il suo Evangelo, e così parliamo, non per piacere a uomini ma al Dio che valuta i nostri cuori. Non ci siamo mai trattenuti in discorsi adulatori, come sapete, né in pretesti d’ingordigia. Dio è testimone; non abbiamo cercato gloria dagli uomini, da voi come da altri, mentre potevamo avere un peso quali inviati di Cristo. Se solo l’avessimo voluto, ma non lo volemmo. Fummo invece soavi in mezzo a voi, come una madre che li nutre, vezzeggia i propri figli; così, nel nostro attaccamento per voi, giudicammo bene di condividere con voi, non solo l’Evangelo di Dio, ma le nostre stesse vite, poiché siete entrati nel nostro amore. Cioè, ci siamo mostrati umili, ma ci saremmo potuti mostrare più potenti. Ogni tanto gli sfugge questa cosa, gli era già sfuggita due o tre volte: sono umile e modesto, anche la mia scelta è umile, però è una scienza sconfinata. Ma è così che parla l’anima bella, né più né meno. A pag. 229. Davvero è giusto da parte di Dio restituire a chi vi affligge la sua afflizione, e a voi, gli afflitti, sollievo insieme a noi all’atto della rivelazione del signore Gesù dal cielo insieme agli angeli della sua potenza in un fuoco fiammeggiante, punitore di coloro che non conoscono Dio e non ubbidiscono all’Evangelo del nostro signore Gesù. Qui compare di nuovo il Dio ebraico, il vendicatore. A pag. 231. Perciò Dio manda a loro un traviamento capace di farli credere alla menzogna, perché siano giudicati tutti coloro che invece di credere alla verità si sono compiaciuti dell’ingiustizia. Cioè, gli manda apposta la menzogna in modo che ci credano per poi poterli punire dopo. A pag. 233. Sentiamo infatti di alcuni fra voi che procedono nell’indisciplina, senza lavorare e travagliando gli altri. Per costoro la nostra prescrizione ed esortazione nel signore Gesù Cristo è di lavorare quietamente mangiare del proprio pane. E voi, fratelli, non avvilitevi, fate il bene. Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo per lettera, segnatelo e non frequentatelo, perché si sente confuso; non stimatelo un nemico, ma ammonitelo come un fratello.? A pag. 243. Qui ancora le donne. La donna impari, rimanendo quieta, totalmente sottomessa; alla donna non permetto l’insegnamento e nemmeno il sopravvento sull’uomo, rimanga invece quieta. Infatti, Adamo fu foggiato per primo, Eva dopo; e non Adamo si lasciò ingannare, bensì la donna cadde nell’inganno e nella trasgressione. Sarà comunque salvata grazie alla maternità, se rimarranno assennatamente nella fede, nell’amore e nella santità. Vi rendete conto che sono i fondamenti del pensiero occidentale? A pag. 249. Se qualcuno insegna diversamente e non aderisce a parole sane, quelle del signore nostro Gesù Cristo, e all’insegnamento della devozione, è un annebbiato di mente, un ignorante, un malato di ricerche e duelli verbali generatori di invidia, lite, calunnie, supposizioni malvagie, diatribe continue, come uomini dall’intelletto corrotto che, privati della verità, stimano la devozione una risorsa. Ecco l’idea del malato, cioè, chi non pensa come me è malato: questa cosa è ancora oggi presente. Perché si dice che è malato? Perché, se sei malato, vuole dire che non sei responsabile di quello che dici; se fossi responsabile, non potresti non pensare come penso io, che penso bene.