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La ragione

 

 

Giovedì scorso abbiamo detto della fede. Quale era l'argomentazione, Cesare, se la ricorda?

Intervento. era che la fede è inattaccabile ma necessaria.

Sì, la fede non come dogma ma come utilità. Invece adesso dobbiamo sostenere la ragione, sostenere le ragioni della ragione. È una figura retorica nota come poliptoto. Come definirebbe, Cesare, la ragione?

Intervento:…

È una capacità, una facoltà di definire rapporti logici, questa è la definizione, è banale, quella del dizionario. Noi ci atteniamo al dizionario.

Se della fede abbiamo detto, sostenuto che riguarda l'utile, cioè è necessaria la fede per un'utilità sociale.

Il fatto di giungere a questa conclusione, cioè che è utile per la società comporta che cosa? Beh, una serie di considerazioni e quindi una serie di passaggi con cui definisco i rapporti logici, quindi io giungo a stabilire che la fede è necessaria attraverso la ragione, e quindi per potere stabilire una cosa del genere è necessario che io possa usare la logica.

Perché, in effetti, la fede, consideriamo le due posizioni: quella di Agostino e quella di Tommaso. Agostino, neoplatonico, ritiene che la ragione segua la fede, quindi è una fede che viene data all'uomo da Dio e poi attraverso la ragione la giustifica. Invece Tommaso, qualche secolo dopo, riprende Aristotele, riprendendo Aristotele punta alla logica. Prima la ragione poi, attraverso la ragione arriviamo alla fede. Però, entrambe le posizioni, anche quella di Agostino, il quale dice che prima c'è la fede o stabiliamo che la fede è emanata da Dio e quindi giungiamo a quella nozione di fede assolutamente dogmatica, oppure io l'accolgo la fede e se l'accolgo, di nuovo, questo avviene attraverso una serie di considerazioni, quindi attraverso la ragione. Dunque, tanto abbiamo visto che la ragione appare necessaria, dicevo, per accogliere la fede, quindi la precede. È già un buon punto ma vediamo quali altre virtù possiede la ragione, sopra la fede.

La fede intesa anche, utilizziamo soltanto questo aspetto, quello che abbiamo accennato giovedì scorso, afferma che è importante, è utile per le persone credere in qualcosa per tenerle insieme. Ma stanno insieme per via della fede o per via della ragione? Intendo dire questo: supponiamo che abbiano pure la fede, ma questa fede che li tiene uniti deve essere mantenuta, deve essere creduta. Anche se per un uso, che cosa consente un'operazione del genere? È la ragione che mi permette di concludere un ragionamento del genere, non la fede, è la ratio.

Si diceva prima di stabilire la connessione, i rapporti logici con le cose. Chi disse: "gli umani senza fede si disgregano", allora ecco la fede per stare insieme. E allora in questo caso la fede non è altro che una sorta di artificio della ragione, una specie di nobile menzogna, quale quella di Platone.

Ma non è soltanto questo, che cosa distingue gli uomini dagli animali? Proprio questa capacità di stabilire , considerare, giudicare. Cosa consente agli umani di progredire? La ragione è quella stessa cosa che consente agli umani di potersi definire tali, di potere anche definirsi credenti, senza la ragione non potrebbero definirsi né credenti, né non credenti, né altro.

Tutto ciò che gli umani hanno costruito sulla tecnica di pensiero non è altro che il frutto di considerazioni, quindi di connessioni logiche. Se questo allora quest'altro e dunque quest'altro ancora. Un funzionamento semplice ma necessario perché gli umani possano pensare qualunque cosa. Possono, ad esempio, decidere se credere in qualcosa oppure no. Ma vediamo più nello specifico: come decido se qualcosa è utile o più utile di un'altra cosa? In base a quale criterio? In base a quale criterio stabilisco che gli umani sono più facilmente governabili o più facilmente restano uniti se credono? Come lo so? Se lo so, lo so attraverso il ragionamento, come so se questo ragionamento è corretto e non sgangherato? Può accadere. Uno giunge a una conclusione e poi continuando si accorge che non funziona, che fa acqua da tutte le parti. Ma allora, questa affermazione che gli umani se hanno fede stanno insieme, è un'affermazione che procede effettivamente da un ragionamento quindi è la conclusione di un ragionamento corretto o è una superstizione? Come so, torno di nuovo sulla questione, che una cosa è utile o più utile di un'altra? Per saperlo, occorre che io sappia condurre un ragionamento molto bene, in modo che la mia conclusione risulti corretta, non squinternata, e, quindi, se affermo che la fede è utile devo sapere, intanto, che cosa è utile, come lo so? Anziché come dicevo prima una superstizione voluta? Dire che se gli umani hanno fede stanno insieme e uniti vale quanto dire se attraversa un gatto nero allora porta sfortuna.

Soltanto attraverso la ratio, il ragionamento giungo a concludere che una cosa è utile, ma se il ragionamento non è corretto questa conclusione risulterà sgangherata, insostenibile. Possiamo, nella migliore delle ipotesi, rovesciare la questione sempre attenendoci all'utilità perché non è affatto utile, può esserlo a qualcuno.

Per esempio, a chi deve governare e allora, in assoluta malafede, impone un'argomentazione del genere, che la fede è necessarie per tenerci uniti. Come può sostenere una cosa del genere, logicamente? Lo fa con un tornaconto. Tutti stanno buoni, nessuno alza la testa e io resto seduto sul mio trono.

E allora la ragione cosa fa? Cosa fa lei invece a questo punto? La ragione, invece, è quella che consente di accorgersi che alcune cose come questa che riguarda la fede, non ha nessuna utilità sociale, ma rappresenta l'utile per alcuni, invece in genere si crede che sia per l'utilità sociale. La ragione consente di non credere ad una cosa del genere, ma d'incominciare a porsi delle questioni, cominciare per esempio a domandarsi ma è proprio così? E se sì, perché? La ragione può fare infinite cose oltre a questa, per esempio porsi in modo meno ingenuo contro un'infinità di affermazioni, può insegnare a metterle alla prova queste affermazioni anziché bersele. Ecco, muovendo in questo modo si consente alla persona, non avendo la necessità di credere, di muoversi in un altro modo, ad essere più libero, di poter giocare con le cose senza perdersi. A vantaggio delle cose si può rendere il discorso retoricamente anche più pomposo, però l'essenziale è l'esercizio che stiamo facendo nel costruire delle argomentazioni che appaiono solide, che non lo sono affatto. Costruzioni che appaiono solide ed invece sono costruite su niente.

Intervento:…

Ciò che ho detto è a vantaggio della ragione.

Intervento:…

Perché, Cesare, sosteneva che è più facile dare una posizione dogmatica?

Cesare: Perché nel dogma un elemento viene posto fuori dal linguaggio.

Ma la posizione dogmatica è quella cui non interessa se ciò che io credo è probabile o no. Io ci credo.

Intervento:…

Credo in Dio , non importa se lo posso provare.

Intervento:…

Anche ciò che sostiene lei, lei può stabilire da dove viene il linguaggio?

Intervento:…

Io posso dire che viene da Dio ma non posso provarlo. Lei ha appena detto che non può stabilire che il linguaggio viene da qualche parte, quindi viene dal nulla , esattamente così come io non posso provare da dove viene Dio.

Intervento:…

Dio l'ha voluto con sé e, quindi magnanimamente, gli ha risparmiato una vita infame, di stenti di sofferenze e di tutte le magagne a cui gli umani sono sottoposti e adesso è lì in Paradiso, al cospetto di Dio.

Intervento:…

La questione è la questione del male. Dio può volere il male? Nel Medioevo si sono dati un gran da fare intorno a queste cose, perché dovevano rafforzare un fondamento logico, quindi le questioni erano queste, perché esiste il male? Quindi Dio lo vuole. O Dio non ha creato il male e quindi crolla tutto, o Dio ha creato il male.

Ma può creare il male lui che è sommo bene?

Intervento:…

La questione non è semplice. I migliori pensatori, fra cui Agostino, si sono dedicati a risolvere questi quesiti, perché dovevano rispondere alle persone che chiedevano, non a Dio, se è sommo bene come può volere il male? Se uno vuole c'è qualcosa che gli sfugge, quindi non è perfetto. Un po' la questione che si è posta con la matematica, o è completa e allora si canta vittoria oppure non è contraddittoria e allora non è completa. Il teorema di

Intervento:…

Cesare, si perde in un bicchiere d'acqua. Quando ci sono domande di questo tipo, cioè quando non riesce a cavarsi da un dilemma, allora lei sposti la questione, ponendosi questa domanda: che cos'è una domanda? Come dicevo prima, facendo le parti del fondamentalista, oppure il linguaggio sa rispondere a questa domanda, da dove viene? Una domanda è una proposizione che attende un'altra proposizione. Già, sempre proposizioni sono e quindi la domanda non può che trovare un'altra proposizione, il linguaggio non può che rinviare ad altro linguaggio, cioè a se stesso. Dunque, porsi la domanda da dove viene il linguaggio, uno può uscire dal linguaggio per dire il fatto che risposta sarà una proposizione e quindi un atto linguistico. Per questo possiamo anche considerare che questa domanda è un nonsenso, come se io chiedessi al linguaggio di rispondere in un modo che non è linguaggio, può uscire da sè stesso, gli umani possono uscire dal linguaggio, e quindi chiedere al linguaggio di rispondere non è insensato, lo fa ma con un'altra proposizione. Invece, il fervente cattolico questo non lo può fare. Lui chiede al linguaggio di rispondere e immagina questa risposta come qualcosa che non è linguaggio, e allora a questo punto può porre la questione, l'elemento fuori dal linguaggio. Bisogna tenere conto, tenere d'occhio la questione, per avere questa abilità bisogna tenere conto di tutti gli elementi, bisogna trarre da qualunque elemento il massimo vantaggio traibile.

Intervento:…

Quando è possibile sempre rilanciare sull'interlocutore la questione. Se qualcuno chiede da dove viene questo o quest'altro si risponde con "da dove viene il da dove viene se non dal linguaggio? Ha già risolto, in buona parte il problema, ha portato la cosa, come un gioco, a diventare più semplice.

Intervento:…

Retoricamente è la cosa migliore, aiuta a cavarsi d'impaccio. Per cui, vedete, ci sono buoni motivi per sostenere la ragione.

Intervento:…

Qualunque argomentazione detta a vantaggio di questo lei può ribaltarla, ad esempio si dice "la storia insegna", la storia insegna a massacrarci, questo mi autorizza ad estrarre una rivoltella e a spararle in bocca? In nome della storia?

Intervento:…

La solidarietà, come potremmo definire la solidarietà?

Intervento:…

Bisogna dire che è una volontà, intanto, perché se uno non vuole non lo fa. Condividere qualcosa, ma cosa esattamente?

Intervento: il destino avverso.

No, la solidarietà ha sempre a che fare con la difficoltà.

Intervento:…

Il condividere le difficoltà altrui cercando, insieme con l'altro, di risolverle. Un fronte comune alle difficoltà.

 Intervento:…

Chi saprebbe costruire un discorso contro la solidarietà? Mostrandone la nefandezza, l'inutilità.

Intervento:…

Abbiamo indicato con solidarietà il termine usato come luogo comune. Sono solidale solo con quelli che la pensano come me. È uno dei luoghi comuni più accreditati.

 Intervento:…

Adesso dobbiamo costruire un discorso contro la solidarietà, che dica che la solidarietà non è affatto quanto detto prima, e se anche fosse, sarebbe comunque un'apparenza.

 Intervento:…

Non è tanto condividere la sofferenza quanto aiutare l'altro . Per esempio una vecchietta che attraversa la strada dove le macchine sfrecciano fortissimo, è incerta non sa se passare o no e arriva Cesare che l'aiuta ad attraversare la strada, ecco un gesto di solidarietà.

Intervento:…

Come cominciare a costruire una comunicazione di questo tipo, che giunge ad affermare che la solidarietà è nefasta? Come potremmo cominciare?

Intervento:…

Dipende dalla nozione di solidarietà che facciamo passare. L'ho detto tante volte, quando si vuole provare una certa cosa si deve inserire una definizione di questa cosa che è utile alla prova che vogliamo svolgere, non solo deve essere utile ma deve essere accolta, bisogna fare in modo che l'altro la accolga, poi si va avanti, ma occorre fargli accogliere qualche cosa che non serve per giungere alla conclusione che vogliamo. Quindi, se riuscissimo a far entrare nella nozione di solidarietà anche questo aspetto, perché no?

Bisogna sempre fare in modo che l'ascoltatore non trovi nulla da eccepire.

Condividere la difficoltà dell'altro significa automaticamente anche farsi carico. La difficoltà emotiva, ad esempio, più si è vicino e più vi è conforto, nella difficoltà materiale si dà una mano.

Intervento:…

Va bene, ci vediamo giovedì prossimo.