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Analista della parola

 

Un nuovo e straordinario mestiere si affaccia oggi sul pianeta, un mestiere che non è mai esistito prima: l’analista della parola. Così come ci sono gli analisti informatici e gli analisti finanziari, ci sono gli analisti della parola. Mentre gli analisti informatici analizzano sistemi e programmi per computer e gli analisti finanziari analizzano flussi finanziari, gli analisti della parola analizzano le parole rendendole più perspicue a chi le usa (Wittgenstein, Della certezza) e di conseguenza rendendo più chiaro il pensiero, rendendo così più efficace l’agire nel mondo. M.T. Cicerone sosteneva che chi meglio parla, meglio pensa, indicando che una migliore conoscenza delle proprie parole e del proprio discorso, conduce a un pensiero più efficace, cioè più produttivo e soddisfacente. L’analista della parola si avvale di moltissime discipline che si sono occupate, oggi come in passato, della parola, del discorso e di tutto ciò che è stato detto e elaborato intorno al pensiero, al suo operare e al suo funzionamento. Tra queste discipline è necessario menzionare almeno la linguistica, la logica, la filosofia del linguaggio, la semiotica, la psicanalisi, l’ermeneutica, la retorica e la filosofia.

L’analista della parola attua una analisi semantica e semiotica della parola e del racconto, ponendo l’attenzione sul particolare uso del significato e sulle connessioni di una parola: rilevando l’uso particolare del significato di un temine nel proprio discorso, è possibile intendere quali connessioni ne determinano l’uso in atto (Hjelmslev, I fondamenti della teoria del linguaggio). Modificando il significato dei termini è possibile riscrivere il racconto (Greimas, Semantica strutturale), che apparirà differente dal primo, ma non meno ricco. L’esercizio nell’applicazione di tale pratica porta a un sempre maggiore facilità e rapidità nel cogliere le connessioni e i rinvii che determinano l’uso dei termini che intervengono nel proprio discorso, aumentando la perspicuità del proprio dire e, di conseguenza, del proprio pensiero. Le parole dicendosi si piegano e la loro torsione fa apparire altri risvolti, altre scene, altri racconti che la modificano, dando luogo a una incessante anamorfosi (P. Grice, Logica e conversazione). Constatando dunque che un qualunque racconto può essere riscritto in molti modi, si verifica un accesso al proprio discorso straordinariamente più ampio e articolato, svincolato dalla credenza e dalla superstizione che fanno pensare al proprio discorso come l’unico possibile, l’unico pensabile, l’unico vero (C.S.S. Peirce, Il fissarsi della credenza).

 

Luciano Faioni