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22-2-2014

 

Morire d’amore. Erotismo e sessualità

 

Intervento di Luciano Faioni

 

Prenderò in considerazione dei luoghi comuni, luoghi comuni sul sesso, sull’erotismo, sull’amore, ce ne sono sterminati anzi, molto spesso accade che il modo in cui si parli di queste cose sia attraverso luoghi comuni, se non addirittura motti di spirito o lazzi o battute di vario genere. I luoghi comuni di per sé non sono così interessanti, l’aspetto interessante è che esprimono ciò che i più pensano per lo più. Uno di questi luoghi comuni riguarda proprio l’atto sessuale, dice che mentre per l’uomo l’atto sessuale è caratterizzato prevalentemente da una sorta di fisicità, nella donna invece l’atto sarebbe più mosso e accompagnato da un aspetto intellettuale. È un luogo comune noto a tutti e sul quale sono stati costruiti motti di spirito e battute di vario genere, ma la cosa che a noi interessa qui è intendere come viene costruito un luogo comune intorno all’amore. Intanto questa differenza che questo luogo comune mostra indica in qualche modo che gli uomini e le donne si trovano a pensare in un modo differente, non pensano esattamente alla stessa maniera, questo è ciò che dice il luogo comune, però se si considera più attentamente la questione forse si possono aggiungere degli elementi. Prendete per esempio dei bambini, i bambini molto piccoli iniziano a giocare e a comportarsi grosso modo nella stessa maniera, sia il bambino che la bambina fanno giochi quasi uguali all’inizio e questi giochi hanno due aspetti prevalentemente, l’uno è costruire delle scene, degli scenari, delle fantasie dove il protagonista è la persona più importante, è la persona che decide tutto, che ha il controllo su tutto; l’altro gioco che fanno spessissimo i bambini è un gioco di forza vedere chi è il più forte, e vince chi riesce ad atterrare quell’altro. Inizialmente sia il bambino che la bambina hanno grosso modo la stessa forza fisica, però con il passare del tempo qualcosa cambia: la bambina si accorge che non ha più la forza sufficiente per abbattere il bambino, ma accade esattamente il contrario. A questo punto, considerato il fatto che questi giochi sono molto importanti per i bambini al punto che prevalentemente fanno solo questo, considerato questo dicevo, la bambina si trova a dovere utilizzare da quel momento in poi un altro modo per piegare il ragazzo, il maschio, un altro modo che non passa più attraverso la sua forza fisica e quindi si inventa altri modi che sono quelli che utilizzerà per tutto il resto della sua esistenza grosso modo, ma questo può incominciare a chiarire il motivo per cui gli uomini e le donne pensano molto spesso in modo differente. Mi sono trovato spesso a dire agli amici che questa differenza potrebbe anche essere enunciata così: mentre il fanciullino vuole conquistare il mondo, la fanciullina vuole conquistare il fanciullino che ha conquistato il mondo. Perché? Perché la fanciullina si è accorta che ciò che è necessario per lei, per avere il controllo è utilizzare qualcun altro, qualcun altro che sia in condizioni di farlo e quindi l’obiettivo per una fanciulla è conquistare il fanciullo, come se attraverso di lui potesse ottenere quelle cose che nella sua fantasia sono importanti: potere, controllo eccetera. Ora tutto questo non ha nulla di naturale, procede dal modo in cui entrambi vengono educati, vengono addestrati, tutto ciò che sentono, ascoltano e che viene detto loro costruisce una sorta di modo di pensare. Questa relazione fra un uomo e una donna, che incomincia fra bambino e bambina ovviamente, prende avvio da giochi di ruolo dove ciò che importa è ottenere il controllo, il potere sull’altro, la questione che potrebbe essere posta è se la cosa si mantiene anche negli anni a venire nello stesso modo, pur variando i modi e i termini, ma si tratti sempre di questioni di potere, e cioè di trovare il modo per avere il controllo, la ragione sull’altro, sull’altra persona. Qui entrano in gioco le fantasie, le fantasie vale a dire i modi in cui le persone immaginano, pensano tutto ciò che li circonda. Ultimamente sono stato indotto a considerare che ciascuna fantasia è, o è riconducibile, a una fantasia di potere, cioè a una fantasia, un’idea dove la persona si immagina il protagonista, si immagina in qualche modo, direttamente o indirettamente, colui che ha la gestione di ciò che sta accadendo. Ora tutto questo cosa ha a che fare con l’amore propriamente detto? Amore che parrebbe non avere molto a che fare con il potere nonostante che ciascuno, probabilmente in cuor suo sa che invece c’entra moltissimo. La questione è se c’è soltanto questo oppure no, che è una questione interessante, magari dopo ne discuteremo, ora ciò che vi ho detto non è né nuovo né originale, che gli umani cerchino il potere l’uno sull’altro da quando esistono è, come dicevo all’inizio, un luogo comune, non c’è nulla di strano, è tutto assolutamente normale. Però c’è forse l’opportunità di intendere perché per gli umani il potere, anche nell’amore, è così importante, è così determinante, da dove arriva? In effetti ciò che occorre rilevare è che questa necessità che gli umani hanno da sempre di esercitare il potere sull’altro, l’uomo sulla donna, la donna sull’uomo, anche se in modi leggermente differenti, proprio come avveniva come quando erano bambini, se dunque questa necessità di ottenere il potere sull’altro abbia a che fare con ciò che rende gli umani quella cosa assolutamente particolare su questo pianeta, una particolarità che è assolutamente specifica degli umani: gli umani sono gli unici su questo pianeta che parlano, discutono e cercano il potere, e lo cercano sempre di più, e temono, come la cosa peggiore, la perdita del potere. Essere abbandonati da qualcuno significa un’umiliazione generalmente, per provare della umiliazione è necessario che si sia dei parlanti, se no non c’è nessuna umiliazione, non c’è nessuna possibilità che accada. Questo ci mostra che l’amore, così come qualunque altra forma che gli umani hanno inventato per esercitare un certo potere sull’altro, procede da ciò che è specifico negli umani e cioè il fatto che parlino: il linguaggio. Anche le guerre in fondo sono una manifestazione d’amore, dopo tutto gli inquisitori bruciavano le streghe per amore, questo lo dicevano in modo molto chiaro, per amore di dio, fare qualcosa per l’altro per amore dell’altro è un altro dei luoghi comuni che giustifica molto spesso una serie di nefandezze, però perfettamente giustificate e legittimate. Vi dicevo del potere, il potere sorge dal fatto che è inevitabile mentre si parla, mentre si pensa volere giungere a delle conclusioni, stabilire che le cose stanno così, ogni affermazione è come se dicesse “così stanno le cose”, il problema è che se le cose stanno effettivamente così, come l’affermazione dice, allora chiunque giunga a una conclusione differente erra, e quindi deve essere ricondotto alla ragione in un modo o nell’altro, per esempio l’amicizia funziona così, e mostra in effetti proprio questo, quando due persone sono amiche? Quando condividono delle credenze in comune, delle certezze, almeno una, che per loro sia molto importante, e si confermano a vicenda di queste certezze e di queste credenze aspettandosi ciascuna delle due di essere riconosciuta in questa certezza, deridendo generalmente o prendendo in giro chiunque pensi in modo differente. Questo fanno gli amici per lo più fra di loro, non sto dicendo naturalmente che questo sia bene o male, non è questo che mi interessa ovviamente, interessa solo intendere come funziona. Vi dicevo che parlando, affermando delle cose io stabilisco come stanno le cose, è come se volessi avere un potere, che può essere intellettuale, può essere sentimentale, può essere economico, politico, militare, religioso, è irrilevante, però ogni volta che incomincio a parlare, a dire delle cose, affermare delle cose, ciò che affermo stabilisce una sorta di presa di posizione, cioè dico che le cose stanno così come dico io. Ponendo la cosa in questi termini allora pare inevitabile che gli umani cerchino l’amore, cerchino la guerra per gli stessi motivi e ogni tipo di conflitto, e cioè in altri termini ancora ogni volta la necessità è di imporre la propria ragione sull’altro, piegare l’altro al proprio volere, fare dell’altro ciò che si vuole. Questo è ciò che caratterizza gli umani, non c’è nessuna possibilità che questo non avvenga, è inevitabile, assolutamente inevitabile, l’unico modo per evitare che avvenga questo, l’unico, è uscire dal linguaggio, cioè smettere di parlare, per sempre. Non c’è altra via. Però Freud ha aperto uno spiraglio: ha incominciato a dire che forse, dico forse, c’è la possibilità di accorgersi che ciò che si afferma non è necessariamente la rappresentazione di uno stato di cose, ma che qualunque cosa è all’interno di un gioco, anche l’amore è un gioco, infatti se ci pensate, all’inizio di una storia d’amore tutto funziona meravigliosamente, tutto è un gioco, tutto è piacevole, tutto è attraente, quando cessa di essere un gioco cessa tutto, finisce tutto, diventa una cosa seria, e seriamente ci si lascia, almeno generalmente avviene così, quando cioè si smette di giocare perché non si ha più voglia di giocare con l’altro. Dunque dicevo di Freud che ha aperto uno spiraglio che consiste in questo: incominciare a considerare che ciò che si dice non rappresenta uno stato di cose ma è un gioco, ma come un qualunque gioco non ha nessun altro scopo se non proseguire, se non divertire anche, perché no? Certo, anche nel gioco c’è sempre una vincita e una perdita, qualcuno vince e qualcuno perde, però all’interno di un gioco, se una persona sa che è un gioco, accoglie questo come parte del gioco e non giunge mai alla tragicità o almeno in genere non avviene, cosa che invece avviene quando si è fuori dal gioco o si immagina di essere fuori dal gioco. Ecco dunque l’amore, morire d’amore, si può morire d’amore, molti lo fanno anche, perché l’amore può essere considerato non semplicemente come amore per un’altra persona ma l’amore per un’idea, per una religione, per un’ideale, per una bandiera, quanti sono morti per questo? Tanti, e perché si muore? Perché si è assolutamente convinti che le cose stiano così, è questa convinzione che è mortifera. L’avere convinzioni, quelle cose che comunemente si chiamano i valori, è quanto di più mortifero si possa immaginare, perché le convinzioni devono essere difese, protette, salvaguardate anche a costo della propria vita, come accade. Considerare l’amore come una relazione, quello che è, una relazione di potere non rappresenta nulla di male, si tratta soltanto di tenere conto di alcuni aspetti e giocarli senza averne paura, che è forse tra le cose più difficili che si possano immaginare.