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15-6-2004

 

LegoLibri

 

La globalizzazione del disagio

 

Intervento di Cesare Miorin

 

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Intervento di Luciano Faioni

 

Bene, dunque che cos’è il linguaggio? Domanda che interviene spesso in effetti, ed è anche la questione centrale in ciò che andiamo dicendo da tempo. È possibile fornire varie definizioni di linguaggio: una sequenza di istruzioni per costruire proposizioni, per esempio, proposizioni e quindi discorsi, e quindi pensieri. Oppure si può intendere il linguaggio più semplicemente come quella struttura che consente di chiedermi che cos’è il linguaggio e mi consente di sapere di essere un umano, e mi consente di sapere di esistere, di distinguere ciò che esiste da ciò che non esiste. Quando dicevo che è una sequenza di istruzioni in effetti ponevo il linguaggio come una struttura ovviamente, qualcosa che è molto lontano da ciò che talvolta può accadere di intendere con linguaggio e cioè l’espressione verbale di pensieri, per esempio, oppure un mezzo per descrivere qualche cosa che linguaggio non è. Ora questo modo di pensare il linguaggio, anche se comune, è un po’ impreciso in realtà perché in genere con linguaggio ormai da tempo si intende appunto quella struttura che consente di pensare…

Intervento: di pensare senza comunicare?

Non necessariamente, può anche pensare e comunicare il suo pensiero, se lo ritiene opportuno, può fare qualunque cosa, ciascuna persona pensa delle cose, può pensarle tra sé e sé, può pensarle ad alta voce, può comunicare i suoi pensieri oppure può tenerli per sé, ma in ogni caso la questione fondamentale è che pensa. Però che cosa intendiamo esattamente quando diciamo che qualcuno pensa? Cioè che cosa sta facendo esattamente? È una domanda legittima, possiamo dire che costruisce delle proposizioni, poi il fatto che le racconti a qualcuno oppure no questo è assolutamente indifferente, però costruisce delle proposizioni ma in un modo che non è assolutamente casuale, queste proposizioni le costruisce attendendosi a delle regole per cui se sta considerando se dovrà mettersi il cappotto perché fa freddo, non penserà in quel caso all’eventualità di comperare una dozzina di uova, e perché non lo fa? Perché per pensare deve utilizzare certe sequenze di proposizioni, è una questione cui generalmente non si fa attenzione perché appare avvenire in modo assolutamente naturale, però se ci si sofferma e ci si domanda come si pensa, come si fa a pensare, ecco che allora ci si accorge che nel pensare si muove da un elemento, noto generalmente come premessa qualunque essa sia e qualunque sia il tipo di pensiero e, attraverso una serie di passaggi che occorre che siano coerenti tra loro si giunge a un’ultima proposizione che è nota come conclusione. Non è che questo sia un modo di pensare, non ce ne sono altri, ed è un sistema costrittivo cioè è impossibile pensare altrimenti…

Intervento: filosofi sono impazziti

C’è molta gente che è impazzita anche senza pensare. Voglio dire che non è il pensiero che porta alla pazzia o, più propriamente, il pensiero portato alle estreme conseguenze, portare il pensiero alle estreme conseguenze significa questo: intendere qual è la struttura che consente di pensare. Ecco che a questo punto si incontra quella struttura che Cesare descriveva e che chiamiamo linguaggio, una struttura, quella che consente di pensare. A questo punto io posso pensare sia se è meglio che compri una mela oppure una pera, sia posso interrogarmi sulla meccanica dei quanti o sul senso della vita, o su cosa farò domani mattina…

Intervento: penso che abbia degli schemi fissi… se il mio pensiero non ha schemi fissi questo non avviene, l’incoerenza o comunque la stratificazione del pensiero non può avere… effettivamente si arriva a quello quando uno non pensa più e quindi agisce…

Intervento: non so se tocca a me dirlo, ma mi sembrava parlasse proprio del linguaggio come quel linguaggio che hanno i computer… una struttura di base

Stavo solo ponendo una questione, che è quella che riguarda le condizioni del pensiero, cioè come ciascuno pensa, qualunque cosa pensi, anche la cosa più incoerente, la cosa più incoerente di fatto ha sempre, se voi l’andate a cercare, una premessa. Se per esempio, come faceva Lewis Carroll, dico una parola che non ha nessun senso come “murpesso” che non significa assolutamente niente, cionondimeno la sto utilizzando per indicare una parola che non ha nessun significato, ma è questo il suo significato, indicare un elemento che non ha nessun significato. Ciò che sto dicendo è che qualunque cosa una persona si trovi a pensare segue una struttura, Cesare indicava quella inferenziale, provate a immaginare che nel linguaggio non ci sia la possibilità di inferire e quindi di dedurre per esempio un elemento da un altro, a questo punto non potete più pensare una qualunque conclusione, cioè questo elemento occorre che ci sia necessariamente se voglio pensare, anche se non lo voglio, in ogni caso, e poi provate a immaginare che all’improvviso, facciamo questa ipotesi per assurdo, un qualunque elemento del linguaggio, una qualunque parola all’improvviso significhi simultaneamente tutte le altre, anche in questo caso sarebbe un grosso problema, la conseguenza immediata è che cessa la possibilità di parlare e quindi di pensare. A questo punto abbiamo individuato due elementi fondamentali che servono perché gli umani pensino, per esempio, di essere umani e quindi possano distinguersi da ciò che umano non lo è, o fare qualunque altra cosa o pensare qualunque altra cosa, abbiamo questi due elementi senza i quali tutto ciò non può avvenire, e cioè un sistema inferenziale e la possibilità di distinguere un elemento da un altro. Adesso vi sto parlando della struttura elementare del linguaggio giusto perché avete posto la domanda, non era mia intenzione, però questa struttura è quella che consente la costruzione di qualunque pensiero, come vi dicevo prima, dal fatto di pensare se è meglio che mangi una pera o un’albicocca al chiedermi se quella fanciullina è interessata a me oppure no, al domandarmi se è il caso di nuclearizzare Baghdad, o qualunque altra cosa. Tutti questi pensieri possono darsi, esistono, perché c’è una struttura che lo consente, se no tutto questo non avverrebbe in nessun modo, ecco perché abbiamo posta la questione del linguaggio come prioritaria. Intendo qui “struttura” nell’accezione più comune, e vale a dire quella sequenza di elementi tale per cui se si varia un singolo elemento variano anche gli altri, così come avviene nel linguaggio, se si varia una parola ecco che il senso varia, varia il discorso. Per questo parlo di struttura. Dunque questa struttura che chiamiamo linguaggio appare essere vincolata a delle regole, dalle quali non può uscire, non è una grande limitazione in effetti perché qualunque cosa io pensi o non pensi o congetturi o immagini o sogni etc. rimane all’interno di questa struttura, se volete potremmo indicarlo come un sistema chiuso nel senso che non c’è uscita da questo sistema, ma anche un sistema aperto perché in realtà può costruire infinite sequenze di proposizioni e quindi infiniti discorsi, infiniti pensieri infinite storie, infinite cose, così come accade, e ciascuno si trova a pensare qualunque cosa e il suo contrario. Cesare accennava alla questione della psicanalisi, che è fondamentale in tutto questo perché la psicanalisi in realtà muove da una serie di affermazioni, qualunque teoria psicanalitica muove da una serie di affermazioni che però appaiono, se interrogate, di per sé né vere né false, nel senso che non sono dimostrabili. Questo che implicazioni ha? Che muovendo da elementi che non sono provabili in alcun modo si costruiscono considerazioni altrettanto arbitrarie, se una teoria risulta arbitraria allora non è necessario che io ci creda, diventa una mia decisione di accoglierla oppure no, è una questione estetica, nel senso mi piace oppure no. Ciò che invece andiamo affermando è qualcosa di totalmente, radicalmente differente, e cioè una teoria, possiamo anche chiamarla così, che è fondata su qualche cosa che non può essere negata, ma che vantaggio ha una cosa del genere? Ha il vantaggio di configurarsi come una costrizione logica, ora vi spiego che cos’è una costrizione logica. Se io affermo per esempio una cosa antica “tutti gli animali sono mortali, gli uomini sono animali, quindi gli uomini sono mortali” ora questa sequenza si considera generalmente non come un arbitrio ma come una necessità logica, cioè non può essere altrimenti, si potrebbe formalizzare meglio, se preferite, attraverso una sequenza più stringata e cioè “se A allora B, ma se B allora C, allora se A allora C” ecco questa non si considera un’opinione ma una costrizione logica, mentre la stessa matematica può considerarsi un gioco, arbitrario tutto sommato, costruito da regole non necessarie, invece in questo caso questa costrizione logica è quella che è a fondamento della possibilità stessa di pensare, come dire che se io nego una cosa del genere, la validità di una cosa del genere, allora nego la possibilità stessa di negare perché per negarla sono costretto ad usare questa struttura che è quella del pensiero, e non lo posso fare, perché se penso sono costretto a utilizzare questo sistema e questa è la costrizione logica di cui vi dicevo, non è un ragionare per schemi ma attenersi a quelle che sono le condizioni per pensare, perché o penso così o non penso affatto, se negassi questa sequenza logica allora, come dicevo, nego la possibilità stessa di negare alcunché poiché non posso costruire nessun pensiero, nessuna dimostrazione, nessuna confutazione, niente…

Intervento: i Sofisti avevano fatto questo…

I Sofisti erano andati molto vicini alla questione certo, sì alcuni almeno avevano posta la questione, ma non solo i Sofisti, anche personaggi più recenti, molto più recenti come Wittgenstein, per esempio, Austin, Toulmin e molti altri, sì tutti coloro che hanno posto una particolare attenzione al linguaggio e al suo funzionamento e alle sue implicazioni, solo una cosa non hanno avuta l’occasione probabilmente di fare, e cioè di applicare ciò che stavano dicendo, elaborando, considerando, a ciò stesso che stavano affermando. A questo punto ecco che ci si accorge intanto che mentre si parla di linguaggio lo si sta utilizzando, ovviamente, e quindi sono in atto tutte queste regole, queste procedure che lo fanno funzionare, e che stanno funzionando adesso in questo istante, tenerne conto può essere un vantaggio, se non altro per considerare che tutto ciò che può essere costruito in realtà rimane nell’ambito di ciò che lo ha costruito, e cioè questa struttura nota come linguaggio. Ecco perché Cesare andava dicendo che qualunque cosa è un elemento linguistico, è costruito in quanto è pensato, in quanto la nozione stessa di esistenza è una costruzione, è un concetto, segue a tutta una serie di considerazioni e cioè è vincolata a questa struttura di cui dicevamo e che stiamo chiamando linguaggio, perché come stiamo considerando senza questa struttura non penso niente né posso farlo. Ora questo ha ancora altre implicazioni: compiere questo passo in più che altri come giustamente ricordava la signora hanno fatto, e cioè applicare ciò stesso che si va considerando a ciò che si considera, consente di prendere atto che ciò che si sta facendo non è nient’altro che la costruzione di una sequenza di proposizioni che, siccome vincolate a questa struttura occorre che siano coerenti tra loro naturalmente, questa è una delle regole del linguaggio…

Intervento: i pazzi hanno questa coerenza rispetto al linguaggio? Diciamo pazzi nel senso patologico… quelli che effettivamente hanno una lucidità mentale… non sono capaci di intendere e di volere però

Sono considerazioni che possono farsi certo, affermare che i pazzi siano più lucidi oppure lo siano di meno, o non lo siano affatto, in ogni caso nella costruzione di un qualunque pensiero ci si attiene sempre a delle regole, senza le quali anche il cosiddetto pazzo non può pensare né può giungere alla sua conclusione lucidissima, che ai più appare singolare perché muove da premesse che non sono condivise dai più. Altre considerazioni circa la pazzia possono farsi, ma occorre andare cauti, è facile compiere affermazioni che portano poco lontano. Ma dicevo della coerenza interna di un discorso, c’è sempre necessariamente se c’è discorso, se c’è pensiero, e non può non esserci, perché è necessaria per potere pensare. Un ragionamento appare corretto anche nei casi di schizofrenia, dove le parole appaiono assolutamente slegate e sconnesse tra loro, ma appaiono sconnesse così come appaiono sconnesse nei rebus, per esempio, e in certi giochi linguistici dove occorre ricostruire il senso, ma anche in questo caso c’è la coerenza del discorso perché un qualunque discorso ha una coerenza interna e non può non averla, ecco perché come dicevo prima e torno a ribadire, ci stiamo interrogando sul funzionamento del linguaggio, perché è quello che consente a ciascuno di pensare qualunque cosa. Se io volessi affermare che il linguaggio è soltanto un mezzo per descrivere cose, supponiamo che abbia in animo di fare questo, lo posso fare, anzi, la più parte delle persone lo fa, ma una volta che l’avrò fatto e cioè che avrò detto che il linguaggio serve solo a questo che cosa avrò fatto esattamente? Come si suole dire mi sarò fatto un’opinione, e l’opinione è qualche cosa che io credo e la credo perché immagino che sia vera o che sia falsa? Immagino che sia vera naturalmente, e perché credo solo le cose che immagino essere vere e invece allontano da me quelle che so essere false, perché? Perché invece non accolgo tutte le cose false come se fossero vere? E come se qualche cosa lo impedisse. Pensate ai paradossi, antichissimi, il paradosso è una situazione bizzarra tale per cui una certa affermazione risulta vera se e soltanto se lo è la sua negazione. A questo punto è un problema, di lì non si prosegue, ma perché? Perché non si prosegue? Perché si arresta tutto? Chi arresta tutto? Non sarà forse questa stessa struttura di cui stiamo parlando, nota come linguaggio che impedisce di proseguire in quella direzione. Non impedisce di proseguire, impedisce di proseguire in quella direzione, in tutte le altre sì, ma in quella no, e allora da qui possiamo considerare che intanto abbiamo reperito una delle regole di questo gioco, e cioè che la presenza di un paradosso impedisce il proseguire del gioco in quella direzione, per esempio. Potremmo dire delle infinite cose che fa il linguaggio, che sono tutte quelle che esistono, ma la cosa più interessante è che accade che non ci si accorga che è tale struttura la condizione perché ciascuno si accorga di esistere, si accorga di dire, di credere vera una cosa e falsa quell’altra, possa esprimere giudizi estetici, morali, possa formulare, potremmo dirla brevemente, giudizi di esistenza e di valore, e tutto questo a una condizione, e la condizione è proprio questo linguaggio di cui stiamo chiacchierando amabilmente. Una struttura della quale è possibile individuare ciò che lo fa funzionare, e non è neanche così difficile poi tutto sommato, basta considerare che cosa ne impedisce il proseguimento. Prima accennavo a una cosa molto banale, l’eventualità che un singolo elemento possa significare tutti gli altri e al fatto che in quel caso il linguaggio non potrebbe più funzionare, non potrei parlare, quindi abbiamo trovato un’altra regola e cioè che occorre che ciascun elemento possa essere differenziato da ciascun altro, se questo non potesse darsi il linguaggio cesserebbe di funzionare e con esso qualunque altra cosa…

Intervento: quando lei parla di struttura…

L’ho chiamata struttura perché si chiama così…

Intervento: le strutture per cui uno si ferma normalmente si chiamano strutture di potere quando uno va a cozzare contro il potere per quanto semplice come quello della mamma, della religione… quando questo linguaggio che chiama lei… lei dice linguaggio ma si tratta anche di far capire alla gente… quando questo linguaggio si scontra con una struttura di potere nascono delle cose pericolosissime sia per la società, sia per le persone soprattutto ecco perché ci vuole coraggio a pensare, per pensare ci vuole anche molto coraggio… io ho paura di pensare non so voi… ho avuta molta paura…

Noi no. Ma volevo proprio arrivare a qualcosa del genere. È vero, ci sono strumenti di potere che usano il linguaggio o più propriamente un aspetto del linguaggio, direbbe il nostro amico Marx una sorta di sovrastruttura, e cioè la retorica, la retorica è l’arte di parlare bene e parlare bene comporta persuadere con maggiore facilità, ora è ovvio e questo è noto da sempre che una persona che parla bene riesce a persuadere con maggiore facilità di una persona che ha parla meno bene, per esempio, però che cosa accade in quel caso? Accade che la persona che parla meno bene si trovi a credere suo malgrado le cose che l’altra persona gli dice, per esempio. Supponiamo invece che questa persona si trovi nella condizione di sapere e di potere valutare ciò che gli viene detto, non perché ha un’istruzione particolare, non ha nessuna importanza, ma perché qualcuno gli ha insegnato a pensare e quindi sa benissimo che un discorso bello, come dicevano gli antichi è anche più persuasivo, e sa benissimo che ciò che la persona gli sta dicendo di per sé non è né vero né falso, perché ciò che questa persona gli sta dicendo non può provarlo che è vero, in nessun modo, perché sa che tale prova non esiste e allora non crederà più con così tanta facilità alle cose che gli vengono dette, ecco la questione, e ci agganciamo all’inizio del intervento di Cesare intorno al disagio, e potremmo aggiungere a ciò che diceva Cesare che la condizione del disagio in effetti è non sapere, diceva lui, non sapere pensare cioè trovarsi sprovveduti, incapaci di fronte a situazioni che non si sanno fronteggiare perché non si hanno gli strumenti per farlo, ma fornendo tali strumenti ecco che allora padroneggiare l’altro diventa più complicato perché diventa molto più complicato persuaderlo, e quindi sfugge al controllo. È una posizione totalmente sovversiva porre le persone nella condizione di cessare di essere persuadibili, poiché queste persone, non avendo più la necessità di credere, non avranno neppure più la necessità di difendere ciò in cui credono per esempio, con la propria vita o quella altrui, a seconda delle necessità, con tutto ciò che ne segue.

Intervento: sono molto interessata a quello che dice… lavoro con la Rai e ho detto ai miei colleghi che una volta era la religione l’oppio dei popoli, adesso è diventata la televisione ed è triste

Stavo considerando qualche giorno fa con gli amici che tra breve, così come avviene per gli spot pubblicitari, anche i telegiornali saranno fatti da registi, da bravissimi registi, e saranno dei bellissimi telegiornali, e essendo bellissimi saranno assolutamente credibili. Una volta facemmo una conferenza proprio con questo titolo “come si costruisce una notizia”…

Intervento: l’esempio di Nassirya quando quella povera donna vedova leggeva la bibbia… tutto costruito

Certo, la nobilissima e antichissima arte della retorica, una volta non c’era la televisione, ma non per questo…

Intervento: Certo signore, lei vuole la verità? Bene l’unica verità è che qualsiasi cosa è un atto linguistico…

Intervento: un assioma come lo sta dicendo che l’unica verità è quella linguistica allora ognuno ha la sua verità…

Diceva la signora, se la verità è una verità personale, allora va bene, se invece questa verità non riguarda ciascuno ma è una verità, mettiamola come dicevano gli antichi, universale, allora non va più bene. Forse dovremmo, prima di potere stabilire una cosa oppure l’altra, sapere di che cosa stiamo parlando quando parliamo di verità, mi sembra legittimo…

Intervento:…

Sì certo, lo sto ponendo, visto che lei ci indirizza lungo questa via allora occorre affrontare la cosa in termini precisi, e cioè domandarci che cos’è la verità. Ciò che avremo stabilito che sia la verità, in ogni caso lo avremo stabilito, lo avremo stabilito attraverso una serie di criteri…

Intervento: la verità è solo temporanea

Anche per stabilire questo occorre pure un criterio, cioè questa sua affermazione per poterla affermare noi dovremmo potere stabilire che sia vera…

Intervento: per un certo periodo

Però forse in questo caso è preferibile parlare di opinione, più che di verità, forse è il caso di distinguere…

Intervento: si parte dal presupposto che l’uomo è stratificato comunque, ed è stratificato da millenni non può più essere quello che lei dice la struttura linguistica perché non è così…

È una possibilità o possiamo affermarlo con assoluta certezza? Per poterlo affermare con assoluta certezza di nuovo ci occorrerà un criterio…

Intervento: Stanno cercando di studiarlo e quindi stanno cercando di ottenere qualcosa di scientifico

Per potere affermare qualche cosa, in ambito teorico ovviamente, ché è chiaro altrimenti non si pone…

Intervento: anche la sua teoria scusi, esprimiamo in concetto che va bene per lei ma è una sua teoria, una teoria che ha provato di modo che non sia confutabile… cioè le stesse cose che sta dicendo a noi, noi potremmo rivolgerle

È quello che io auspico: che lei me le rivolga perché io possa risponderle…

Intervento: inaffondabile come il Titanic… questo pensiero nasce proprio da una discussione di una affermazione che lei ritiene inoppugnabile da un assioma che lei stabilisce e da una discussione…

No, ciò che io prima andavo dicendo non riguarda il fatto che ciascuno pensa varie cose, ma era qualcosa di più radicale, e cioè la struttura che consente di pensare, non che cosa uno pensa, so benissimo che ciascuno pensa le cose assolutamente più diverse tra loro…

Intervento: per struttura cosa intende il cervello o qualcos’altro? Da dove parte il pensiero o la struttura linguistica secondo lei?

Lei ha posta una domanda, ora questa domanda si attende una risposta, e questa risposta, perché sia accolta da lei, occorre che per lei sia vera…

Intervento: può essere vera per lei

Sto dicendo: perché sia accolta da lei, non da me…

Intervento: dipende da quando glielo fatta, da come glielo fatta e da dove è partita

Consideriamo l’ultima che ha posta…

Intervento: l’ultima che ho fatta non è partita dal cervello

Adesso non ci interessa da dove è partita, consideriamo questa domanda che lei ha fatto, una domanda si attende una risposta e accoglierebbe la risposta a condizione che questa risposta per lei sia vera, se no non l’accoglie…

Intervento: non è vero, può darsi che l’accolga percettivamente, non lo so adesso, devo fare un’elaborazione…

Perfetto, ma al termine di questa elaborazione cosa succederà?

Intervento: la posso tenere lì

Sì certo, la mette lì se ancora non sa se è vera oppure no, e allora certo, rimane in attesa, rimane un’ipotesi, ma un’ipotesi che non ha nessuna possibilità di soluzione non ha nessun utilizzo…

Intervento: lei ha parlato di teoria prima e io posso tenermi qualcosa in piedi

La può tenere in piedi finché non trova una soluzione, ma è quella che cerca, perché sto dicendo che un’ipotesi serve per, come dice lei, tenere in piedi una questione finché non saremo giunti a sapere se questa ipotesi è vera oppure falsa, come diceva Aristotele “domani ci sarà una battaglia navale oppure non ci sarà” sono ipotesi, solo domani sapremo quale delle due ipotesi sarà vera, perché lei, come ciascuno, si trova ad accogliere quelle cose che ritiene vere, e scarta quelle che ritiene false. Provvisoriamente, come dice lei, può accantonarle, ma sto sparlando di quando lei deve prendere una decisione per esempio, è ovvio che in altri casi magari la cosa è più sfumata, però di fronte a una decisione valuta con molta attenzione tutti i pro e i contro, e poi va in una direzione…

Intervento:…

Invece lei come fa?

Intervento: come fare è la mia struttura come dice lei… aspetto la sua risposta in merito a ciò che io le ho detto e mi ha detto “magari lei non l’accetta”… io non ho detto che non accetto, io accetto tutto poi il fatto di dire che è vero o che è falso non è detto, o non è detto che sia in questo momento… per il momento mi va bene la sua risposta e magari fra una settimana ci ripenso

Per reperire che cosa sia questa verità occorre stabilire un criterio, ma questo criterio con cosa sarà costruito? Con il pensiero, questo pensiero funziona con quello strumento di cui prima le dicevo e cioè il linguaggio. A questo punto l’unico modo per sapere, per potere decidere, qualunque sia la cosa che avrò deciso che sia la verità, comunque l’avrò costruita con il linguaggio. Ora, se è il linguaggio che mi fornisce la possibilità di stabilire la verità, qualunque essa sia, badi bene, allora a questo punto potrebbe non essere del tutto marginale una cosa del genere…

Intervento: però, posso chiedere una cosa l’istinto… se diciamo gli animali sono animali e non hanno il dono del linguaggio oppure del pensiero… hanno l’istinto anche se possiamo dire che non è verificabile, è verificabile, allora anche per noi l’istinto può avere un effetto maggiore su quello che invece può essere il linguaggio. Giusto? O no?

L’istinto dice lei…

Intervento: l’abbiamo perso?

Non è questione di perderlo o conservarlo, ma di interrogarlo piuttosto…

Intervento: non si interroga l’istinto

Come definirebbe l’istinto?

Intervento: è un po’ come quelli che ragionano molto e bloccano quella parte lì e quindi diventano molto razionali però non comunicano più qualsiasi cosa…

Certo, lo si può pensare che esista un istinto che muove al di là di qualunque considerazione, il problema è che una cosa del genere la si può credere ma non la si può provare in nessun modo, a questo punto sorge un problema, e cioè per accogliere un punto di partenza simile occorre un atto di fede e cioè: credo che sia così, però se lei incomincia a credere cose che non può provare, a quel punto qualunque cosa vale qualunque altra, cioè può anche dire che è così perché deus vult, dio lo vuole…

Intervento: è come il pensiero, se lei mi dice che il pensiero costituisce una sua verità che non è confutabile io dico la mia verità non è il pensiero ma è l’istinto e allora? È vera la sua tanto quanto la mia

La differenza…

Intervento: nel senso che la sua la può provare

Esattamente. Però riprendiamo la questione martedì prossimo. L’ultimo incontra sarà il 22 con “La società psichiatrizzata”, un intervento di Sandro Degasperi e ci sarà l’occasione di riprendere cose lasciate in sospeso. Qui abbiamo un opuscolo di una quindicina di pagine in cui è illustrato in modo preciso qual è il fondamento del discorso che andiamo facendo, quindi suggerisco, se ne avrete voglia, di leggerle, anche per avere la prossima volta qualche elemento in più su cui discutere, potrebbe essere interessante…

Intervento: grazie, potrebbe essere mirato

Certamente, buona notte e grazie a ciascuno di voi.